Il triangolo amoroso

di Alessandro D’Avenia

Qualche tempo fa sono stato al liceo Manzoni di Milano per incontrare i ragazzi. Quando sono entrato c’era il busto dello scrittore, girato di tre quarti che guardavanon verso l’atrio d’ingresso della scuola, ma verso il cortiledove i ragazzi stavano facendo educazione fisica. Sembravache anche lui, stanco di quella fissità di pietra, fosse convinto come me che la scuola serva come trampolino per la realtà e non come luogo autoreferenziale. Vai a scuola per avere ancora più fame del mondo, diceva quel busto di tre quarti, malinconicamenteproteso verso l’aria aperta, come ogni adolescente che si rispetti. Poi sono stato accolto dalle due professoresseche avevano organizzato l’incontro con i ragazzi. Eleganti e sorridenti. Mi hanno portato dal preside: elegante e sorridente anche lui. Mio conterraneo, ma della sponda orientale. Ci siamo subito trovati in sintonia, abbiamo parlato della nostra terra e ci siamo chiesti se i cannoli palermitani siano superiori a quelli catanesi (qualora ce ne fosse il dubbio… ma questo non gliel’ho detto…). Poi l’incontro: ragazzi svegli, occhi aperti, pieni di domande. Sono rimasti oltre l’orario di fine scuola. E poi il colpo di scena: c’è un aperitivo preparato da alcune mamme dei ragazzi nelle biblioteca della scuola, per chiunque voglia fermarsi. Abbiamo mangiato lì, e intanto genitori, ragazzi, professori chiacchieravano tra loro e con me. Era visibile il triangolo amoroso della scuola: la relazione tra docenti, studenti, genitori. L’unico triangolo amoroso nel quale se tutti si alleano per un bene comune sono felici, senza tradimenti, sotterfugi e corna. La scuola è questo. Non le mura (che in questo caso erano anche pulite), ma le persone. Persone che si sforzano di dare l’uno all’altro ciò di cui l’altro ha bisogno: dalla mamma che cucina il pranzo, ai ragazzi che restano oltre l’orario scolastico, ai professori che si complicano la vita per organizzare tutto. Questa è la scuola che ho visto e che vedo spesso in giro per l’Italia dove mi invitano, da Trieste a Marsala: tecnici, professionali, linguistici, classici, scientifici… non importa. La scuola funziona se funziona il triangolo amoroso: gente che dona tempo e spazio agli altri, complicandosi la vita. Quando sono uscito il preside mi ha dato un biglietto, anzi un “pizzino”: c’era segnato l’indirizzo delle due pasticcerie milanesi che preparano i cannoli migliori. Passando da un’aula la professoressa che mi accompagnava si è fermata e mi ha detto di entrare e guardare la lavagna. Qualcuno prima di uscire aveva scritto: “Esci e credi nei tuoi sogni!”. Ci sono scuole in cui i sogni si realizzano: non sono poche, pochi le raccontano.




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