In attesa di giudizio

di Carmela Rugiero

Agli inizi di settembre i media hanno dato molto spazio al caso di una bambina bielorussa trattenuta da una coppia di genitori affidatari genovesi, che si sono rifiutati di far rientrare la piccola nel suo paese dopo la fine della vacanze estive. La coppia sembra aver dimostrato, anche attraverso consulenze specialistiche meiche e psicologiche, che la minore avrebbe subito maltrattamenti e violanze, purtroppo la legge non transige anche di fronte alla sofferenza di piccole vittime.

La cronaca ci ha abituati ad ascoltare fatti e notizie sconvolgenti, e quando si tratta di bambini l’interesse sull’evento si amplifica. Agli inizi di settembre si è parlato del caso di una bambina bielorussa trattenuta da una coppia di genitori affidatari genovesi, che si sono rifiutati di far rientrare la piccola nel suo paese dopo la fine delle vacanze estive.
La coppia sembra aver dimostrato, anche attraverso consulenze specialistiche mediche e psicologiche, che la minore avrebbe subito maltrattamenti e violenze Le leggi che riguardano l’infanzia molto spesso sono aride e non prevedono nella loro attuazione una vera salvaguardia dei diritti inalienabili dei minori. Secondo la normativa che regola l’affidamento e l’adozione, gli istituti avrebbero dovuto essere chiusi entro la data del 31.12.2006, ed i ragazzi avrebbero dovuto essere collocati in contesti più idonei alla loro crescita: progetto che si è rivelato pura utopia per l’obiettiva mancanza di soluzioni alternative.
Se anche il numero dei minori collocati in istituto è incerto, purtroppo una cosa è assolutamente sicura: molti bambini vivono nell’incertezza, privati dalle carezze di un genitore e con un futuro molto incerto. In Italia si assiste ad un fenomeno molto particolare: moltissimi bambini sono allontanati dalle loro famiglie poiché ritenute inidonee, ma per la legge italiana non possono dichiararsi adottabili, ma solo essere affidati temporaneamente, con tutti i rischi e le incertezze che questa pratica concerne. In una relazione presentata nel mese di luglio del 2004 al Parlamento, la Commissione per l’Infanzia ha evidenziato che i minori ancora in istituto sono circa 3 mila, mentre il numero complessivo dei minori “fuori dalla famiglia” si aggira attorno ai 30 mila, divisi tra affido familiare e quelli accolti in comunità familiari ed educative (i dati si riferiscono ad attività l’infanzia e l’adolescenza).
Questi dati sono preoccupanti per un paese sviluppato come il nostro, e soprattutto evidenziano le carenze e la poca attenzione ai bisogni dei minori e del sostegno alle famiglie.
Il fenomeno ancor più preoccupante, che ancora oggi si fatica a vedere, è quello del “semiabbandono permanente” o dei cosiddetti bambini del limbo, che non hanno alcuna possibilità di rientrare nella loro famiglia e per i quali comunque non sussistono gli estremi giuridici per la dichiarazione  dello stato di abbandono. A tal riguardo si riflette sull’ipotesi del ricorso a percorsi diversi dell’adozione, come ad esempio l’adozione mite o l’adozione aperta, ma la strada per una piena e concreta affermazione di queste nuove forme sperimentali è ancora lunga e molto in salita.
Magari tra qualche anno potremo parlare in maniera più libera di misure alternative all’adozione ed avere delle statistiche meno tristi.
Nell’attesa che qualcosa possa modificarsi nello scenario legislativo, si cerca di lavorare affinché per ogni bambino accolto possa esserci una giusta attenzione e lettura dei suoi bisogni fisici e psicologici, nella convinzione che l’esperienza della relazione adulto-bambino è l’aspetto imprescindibile e fondamentale per la crescita di ogni minore.




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