CORRISPONDENZA FAMILIARE

di don Silvio Longobardi

Perché puntare il dito? Lettera ad una sposa separata

14 Maggio 2018

Sposi-feriti

“Quanta rabbia hai accumulato per alzare un muro così alto? Quante volte sei stata delusa per arrivare a chiudere ogni porta alla speranza?”. È così che, nella lettera di oggi, don Silvio si rivolge a tutte le spose separate. “Se aveste accettato di consegnare il vostro disagio nelle mani di un sacerdote competente, non sareste arrivati a questo punto, avreste potuto ritrovare la grammatica dell’amore”.

Cari amici,

questa lettera non è rivolta a nessuna persona in particolare ma ad un’intera categoria, quella delle spose che chiedono e ottengono la separazione, a colpi di carte bollate e spesso con l’ausilio di avvocati che, invece di fare da cuscinetto e da ponte, usano la loro competenza per allargare il fossato e acuire il conflitto tra i belligeranti. Lascio da parte la categoria forense e mi rivolgo soltanto alle spose. Eh sì, perché spesso e volentieri sono proprio loro le protagoniste di una battaglia senza esclusione di colpi. La mia lettera non segue la corrente che propone l’immagine univoca della donna vittima. Ce ne sono purtroppo ma ci sono anche donne che, chiuse nella loro rivendicazione, innalzano muri e alimentano contrasti non solo inutili ma anche dannosi. Inutile dire che dietro le parole di questa lettera aperta ci sono esperienze concrete, volti e storie di persone che mi hanno consegnato il loro dolore.

 

Cara amica,

non mi hai chiesto alcun consiglio, anzi mi hai detto che non ne hai bisogno, hai sofferto abbastanza. Vuoi riprenderti la tua vita. Mi sforzo di comprendere, permettimi però di farti alcune domande. Non come atto di accusa ma come un invito alla riflessione nel tentativo di attenuare la voce delle emozioni e ridare spazio alla ragionevolezza.

Quanta rabbia hai accumulato per alzare un muro così alto? Quante sofferenza hai provato per chiuderti nella più rigorosa ostilità? Quante volte sei stata delusa per arrivare a chiudere ogni porta alla speranza? Ma tutto questo basta per combattere una battaglia che ricade anche sui figli? Non ti accorgi che lo scontro tra te e tuo marito finisce per scaricare sui figli la vostra rabbia e per generare altre e più gravi ferite? Non ti rendi conto che questa battaglia legale non avrà vincitori e vinti perché il male non fa sconti a nessuno?

Queste domande fanno pensare che tutta la colpa risieda sempre e solo nell’altro. Ma noi sappiamo che un matrimonio si costruisce in due e in due si contribuisce a spezzare l’ideale sognato. Se è vero che la colpa non è equamente distribuita, è anche vero che non possiamo negare che i coniugi sono entrambi coinvolti. Perché allora puntare il dito con veemenza come se fossimo esenti da errori? Forse serve ad acquietare la coscienza oppure ad alzare il prezzo? Difficile dirlo. Solo Dio conosce quello che si muove nel cuore dell’uomo.

Una cosa è certa. Se aveste avuto il coraggio di affrontare i problemi sul nascere, se aveste riparato le prime crepe, la casa non sarebbe crollata. Se aveste accettato di consegnare il vostro disagio nelle mani di un sacerdote competente, non sareste arrivati a questo punto, avreste potuto ritrovare la grammatica dell’amore. Forse tu volevi fare questo passo e forse glielo hai pure proposto. Ma lui non ne ha voluto sapere. Era troppo sicuro di sé. Ma tu cosa hai fatto a questo punto? Perché ti sei arresa? Perché non hai cercato aiuto? Se un tuo bimbo è malato, corri subito dal medico. Se la tua auto è in panne, chiami subito il meccanico. Se invece il tuo amore va in crisi hai la pretesa di affrontare da sola il disagio.

Non ti pare un po’ strano? E non ti pare altrettanto strano che una società sia disposta a pagare profumatamente i giudici per discutere le modalità della separazione e non metta a disposizione altre figure professionali per custodire il patto nuziale che rappresenta un bene pubblico essenziale?

Mi sono permesso di entrare nella tua vita, forse queste mie parole resteranno sulla porta di casa, forse non aprirai mai questa lettera e la butterai nel cestino. O forse… se per un attimo prevale il dubbio, se una crepa si apre nel muro granitico delle tue convinzioni, potrai lasciare entrare un po’ di luce. E chissà… io continuo a credere ai miracoli. E continuo a chiedere al Signore di suscitare tanti apostoli che sanno farsi compagni di viaggio degli sposi, specie di quelli che sono feriti e delusi. Proprio come ha fatto Gesù quella sera, lungo la strada che da Gerusalemme porta a Emmaus. Ti abbraccio, con immutata stima.

don Silvio

 




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