Il custode della famiglia

Un colloquio appassionato con il Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, il card. Alfonso Lòpez Trujillo.

Mentre arriviamo a piazza san Callisto incrociamo il Colosseo, passiamo per piazza Venezia, c’imbattiamo nell’Ara caeli, fiancheggiamo l’altare della patria. Poco dopo ci troviamo nella storica Trastevere, il taxi imbocca un vicoletto e ci lascia davanti al grande Palazzo, sede del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Appena dodici minuti da Termini, traffico compreso, ma sembra un tuffo nella storia, antica e recente.

All’interno del Palazzo l’atmosfera è ovattata, la fretta e l’agitazione rimangono fuori. Il cardinale ci riceve subito e con cordialità che stupisce. Più che un’intervista sembra un colloquio amichevole nel quale egli traccia le linee di quel lavoro che svolge da 17 anni con una tenacia che gli riconoscono anche i suoi avversari più accaniti. Non risparmia i giudizi trancianti, non si sottrae alle domande più personali, risponde con vigore anche alle questioni più delicate. Lo fa con passione. La segreteria s’intromette amabilmente per ricordargli che c’è un’altra intervista, televisiva questa volta. Il cardinale annota mentalmente ma poi riprende a parlare con foga con noi, cronisti di una storia che passa. Solo dopo un certo tempo, guardando l’orologio, si accorge che non ha più tempo. Alle 13.30 è previsto l’incontro con due ambasciatori. È tempo di congedarci. Speriamo che sia solo un arrivederci.

Quando ha assunto questa responsabilità, nel 1990, il dicastero per la famiglia muoveva ancora i primi passi, essendo stato istituito nel 1981. Quali sono state le linee guide del suo lavoro in questi lunghi anni?

Card. Trujillo – Seguendo la dottrina degli ultimi  pontefici sono tantissimi i temi che dobbiamo trattare e che nel pontificato di Giovanni Paolo II hanno assunto una particolare rilevanza e continuano ad averla anche in quello di Benedetto XVI. Possiamo dire che il nostro lavoro è diviso in due grandi campi: il primo è ad intra e concerne l’attività che svolgiamo all’interno della comunità ecclesiale; il secondo è ad extra e comprende tutte le iniziative che attiviamo nella società, in particolare con le grandi istituzioni pubbliche, nazionali e internazionali.

Partiamo dal lavoro che viene svolto nella Chiesa.

Card. Trujillo – In primo luogo incontriamo i vescovi di tutto il mondo, ogni settimana passa un gruppo di vescovi, a volte due, di differenti nazioni. In questo modo nell’arco di cinque anni incontriamo tutte le Conferenze Episcopali del mondo: per esempio in questo mese avremo i vescovi di Portorico e della Repubblica Domenicana. Per favorire un’approfondita conoscenza dei problemi legati alla famiglia abbiamo istituito dei brevi corsi per i nuovi vescovi, in questi anni ne sono passati più di 1700. In questi corsi offriamo una panoramica complessiva dei vari argomenti legati alla problematica familiare: la preparazione al matrimonio, la procreazione responsabile, la natura profonda dell’amore coniugale, l’identità del matrimonio, la spiritualità coniugale. Naturalmente affrontiamo anche gli aspetti etici. Noi non li chiamia-mo bioetici perché la maggior parte di questi problemi è semplicemente di natura etica. L’aborto ad e-sempio non è un problema di bioetica ma semplicemente di etica. Siamo invitati anche a partecipare a convegni e incontri internazionali in ogni parte del mondo.

Quale lavoro svolge nella società e con le istituzioni?

Card. Trujillo – Il secondo ambito del nostro lavoro è quello della società,  in particolare il mondo dei politici e dei legislatori. In questo campo abbiamo lavorato molto negli ultimi anni. Abbiamo organizzato sei incontri continentali in Europa e in America Latina,  con i partiti politici, con i politici e i legislatori, e stiamo preparando nuovi incontri continentali un po’ dappertutto. Pochi giorni fa abbiamo partecipato ad un incontro mondiale con quasi 4000 persone a Varsavia. Capita spesso che io e il segretario (si riferisce a mons. Karl Josef Romer, segretario del dicastero vaticano, ndr) siamo fuori Roma perché siamo spesso invitati dai governi e da altre istituzioni a partecipare ad incontri sulla famiglia. In Europa, ad esempio, c’è quasi ogni anno un’adunanza dei ministri della famiglia alla quale partecipa il nostro Segretario. Siamo presenti alle Nazioni Unite dove mi sono recato diverse volte come delegato del Santo Padre o come incaricato da lui e dove affronto temi che riguardano la famiglia o i bambini. Diverse volte sono stato anche invitato dai rappresentati della Comunità Europea ai quali ho parlato di diversi temi. Dunque il campo è immenso.

Scorrendo la pagina delle pubblicazioni del Pontificio Consiglio per la Famiglia si rimane impressionati dal numero di documenti elaborati in questi anni. La vostra prima preoccupazione è dunque quella dottrinale?

Card. Trujillo– Sì, e non potrebbe essere diversamente in questo tempo in cui il patrimonio di valori ereditato dalla tradizione viene sistematicamente messo in discussione, anzi bocciato come un inutile fardello della storia.

Per questo ha progettato il Lexicon. Un libro che si propone di essere un efficace antidoto e una sorta di profilassi culturale?

Card. Trujillo – È stata un’interessante operazione culturale. Abbiamo chiesto ad un gruppo di specialisti di tutto il mondo di spiegare con chiarezza il significato di alcuni termini. Esistono numerose espressioni, in uso nei Parlamenti e nei fori mondiali, che possono occultare il loro reale contenuto e significato, e che sono perfino utilizzate senza che politici e parlamentari ne abbiano una piena consapevolezza e, in alcuni casi, per la mancanza di una completa formazione filosofica, teologica, giuridica, antropologica ecc. Ciò ostacola maggiormente la giusta comprensione di alcuni concetti. Vorremmo che il Lexicon costituisse un sussidio in questi casi e suscitasse l’interesse per una informazione seria e obiettiva e che stimolasse anche il desiderio di una formazione più approfondita in questo campo di frontiera tra varie scienze e discipline.




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