Un prete con il Vangelo in mano

di Silvio Longobardi

Ha concluso la sua esistenza terrena, dopo aver celebrato la festa di Ognissanti. Don Oreste Benzi, classe 1925, appartiene a quella categoria di uomini che hanno creduto nel Signore ed hanno fatto del Vangelo la loro quotidiana ispirazione. Lui che per tutta la vita si è preso cura degli altri, è morto all’improvviso, senza dare fastidio. Fino all’ultimo della sua lunga e operosa esistenza ha fatto progetti, intervenendo con coraggio ogni volta che era in gioco la dignità dell’uomo. Sempre e comunque. Senza pregiudizi ideologici, senza paura di andare controcorrente, senza cedere a quella sottile tentazione, che affascina e conquista molti personaggi pubblici, di voler essere a la page, come dicono i francesi.

Don Oreste ubbidiva al Vangelo, la sua unica ambizione era quella di essere discepolo di Colui che ha insegnato ad amare tutti. Senza eccezioni. Sapeva dire parole di fuoco in difesa dei bambini non ancora nati,diceva che l’aborto era un omicidio, così senza mezzi termini. Agli inizi del 2006, in un’audizione al Parlamento italiano sull’applicazione della 194, disse con voce accorata, quasi supplicando: “La donna ha dei diritti verso la società. Ma nei confronti dei figli ha solo dei doveri, in primo luogo il dovere di farlo nascere”. Si chinava sui deboli ma non s’inchinava dinanzi ai potenti, di qualunque colore.

Aveva scelto di combattere battaglie difficili, senza preoccuparsi di essere da tutti compreso. Ha mandato i suoi ragazzi nei Paesi dove il conflitto era il pane quotidiano. Li mandava come colombe ad annunciare che la pace non è un’utopia ma un impegno al quale nessuno può sottrarsi, pagando di persona, se necessario.

Ha lottato accanto ai disabili, ha accolto minori e malati di mente, si occupava dei nomadi. Negli ultimi anni ha scelto di intervenire con coraggio e lungimiranza anche nell’ambito della prostituzione, cercando di vincere quel contesto di vergognosa indifferenza sociale e politica, che non di rado diventa oggettiva complicità, che circonda questo turpe e triste mercato, cresciuto a dismisura. Lo ha fatto a modo suo, andando lungo le strade, con la corona del Rosario, lui guardava in faccia quelle donne, spesso giovanissime, alcune minorenni, che altri andavano a incontrare per ben altri scopi. Era così che faceva la sua politica sociale. Per questo riusciva a capire i problemi assai meglio di tanti altri studiosi e cronisti che rimangono comodamente seduti dinanzi ad un computer. Lui guardava in faccia quelle donne e vedeva la paura che le attanagliava. E parlava al cuore, sapeva far riemergere sentimenti che quella vita brutale non aveva spento. E riusciva a strapparne tante dalla strada, ridando loro una dignità alla quale non credeva più nessuno. Nemmeno loro.

Ha lottato a mani nude ma sempre con il sorriso sulle labbra. Il suo cuore si è spento. Ma la sua testimonianza è come una voce che continua a risuonare e a scuotere la nostra inguaribile pigrizia. Grazie, don Oreste. Continua dal Cielo la tua battaglia.




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