Diocesi

Famiglie protagoniste nella comunità cristiana

Sorrento Castellammare

di Nino e Pina Di Maio équipe Ufficio Famiglia

Intervista a S.E. Mons. Franco Alfano, Arcivescovo di Sorrento-Castellammare.

Prosegue senza sosta il lavoro di preparazione della prossima Assemblea sinodale (Vaticano, 5-19 ottobre 2014), che sarà dedicata alle “sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”. Eccellenza, la sua Diocesi come ha accolto il questionario che è stato inviato?

Siamo partiti, riguardo a questo tema così vicino alla vita della gente e della comunità, da una riflessione che abbiamo fatto con i responsabili della pastorale familiare. I tempi brevi non ci hanno consentito ancora di diffondere il questionario e raccogliere le risposte, ma la sensibilità, l’attenzione e l’attesa sono molto forti. Per questo, sia in sede di consiglio pastorale che con i parroci, abbiamo pensato di vivere il tempo di preparazione al Sinodo, col cuore vicino a Roma e ai Padri sinodali e, allo stesso tempo, con un’attenzione particolare alla situazione concreta delle nostre comunità e famiglie. Non abbiamo ricette o soluzioni immediate, ma abbiamo tanta buona volontà. Tante infatti sono le iniziative di solidarietà, i percorsi di formazione e catechesi e le iniziative per mettere insieme queste esperienze alla luce di quanto lo Spirito suggerisce per poter in seguito affrontare tematiche più importanti che, sempre più, si affacciano al cuore di tutti e dei pastori in particolare.

Non crede che il dibattito sulla famiglia oggi, in ambito ecclesiale, sia eccessivamente concentrato sul dare o meno la comunione ai divorziati, trascurando l’importanza di accompagnare le coppie, in modo particolare le giovani coppie, nel loro percorso? 
Lo crediamo tutti e l’ha detto anche il Papa in maniera esplicita e forte. Resta il problema dei divorziati, dei divorziati risposati e di tante altre situazioni in riferimento ai sacramenti, un problema importante e concreto, che è in attesa di risposte vere e urgenti. Ma c’è un problema molto più importante: la riscoperta della vocazione alla vita familiare. Una vocazione da riscoprire attraverso la creazione di percorsi per stare vicini e accompagnare i fidanzati, i giovani sposi, gli sposi maturi, i genitori con figli e le tante situazioni particolari che vengono a crearsi. Non è certo qualcosa di nuovo, ma sicuramente sono nuove le modalità con cui le famiglie si affacciano alla vita delle nostre comunità ed è su questo che ci dobbiamo confrontare ed impegnare. Qualcosa, in questa direzione, c’è già, ma possiamo fare molto di più perché ci sono, grazie a Dio, tante coppie, tanti sposi che, avendo preso coscienza della vocazione ricevuta, vogliono offrirla come una testimonianza, un servizio in una dimensione di pastorale missionaria che è così importante ed urgente per tutti.

Quali sono le principali sfide e difficoltà connesse alla vita familiare nel territorio diocesano? 
Una grande difficoltà è senz’altro quella relativa alla mancanza di lavoro che incide moltissimo, perché molte famiglie vivono questo problema come una spada di Damocle. Famiglie che avevano il lavoro e che lo hanno perso; famiglie che non riescono a trovarlo e famiglie che non si formano a causa della mancanza di questo. A questo si aggiungono ingiustizie, situazioni di sfruttamento dove per andare avanti bisogna accettare ciò che offende la dignità. Questo fa soffrire. Ovviamente questa non è l’unica preoccupazione, un altro problema è quello relazionale. Mi riferisco innanzitutto alle relazioni di coppia che, se sostenute dalla comunità parrocchiale in un contesto di amicizia e di solidarietà possono affrontare i momenti più difficili. Così come le relazioni con i figli. Colgo però anche un certa solitudine. Solitudine del singolo e solitudine della coppia. La difficoltà delle nostre comunità cristiane a mettere al centro della vita e della comunità, la famiglia è tra le tante sfide che deve affrontare: se da una parte la comunità si rivolge alla famiglia, dall’altra non le offre sempre lo spazio sufficiente per sentirsi capita, aiutata, resa protagonista della propria storia. I valori forti non vanno avanti se non c’è una comunità alle spalle.

Com’è organizzata e a chi è affidata la pastorale familiare nella sua Diocesi? 
C’è un ufficio di pastorale familiare gestito da una coppia di sposi e da un sacerdote che condivide il cammino con loro. Inoltre c’è una commissione che, accanto a questa coppia, raccoglie altre coppie delle 4 zone pastorali ed è con loro che si affrontano le tematiche e si sta cercando di entrare in sintonia con le varie comunità e gli operatori di pastorale familiare. Fino a questo momento sono stati organizzati, nei fine settimana, dei percorsi per i giovani fidanzati e per le famiglie che sono stati molto fruttuosi per le numerose coppie che vi hanno partecipato. Sono i primi passi di una nuova tappa di un cammino che bisogna inserire nel piano pastorale della diocesi in modo più organico.

Quali le prospettive future per la famiglia nella sua Diocesi? 
Il mio desiderio è quello di riuscire a vedere una famiglia che costruisce il futuro nella società e nella Chiesa. Una famiglia che può raccontare la propria storia, che non deve lasciare a casa i problemi, le attese, le gioie ma che può dare il proprio contributo al mondo che la circonda, dialogando e interagendo con le altre istituzioni. Penso in particolare al mondo della scuola, ai servizi sociali e sanitari e penso a tante altre realtà come quelle che riguardano l’organizzazione del tempo libero e i momenti aggregativi. Penso a una famiglia che nella comunità cristiana non occupa semplicemente uno spazio, ma che dà anche il proprio contributo ai sacerdoti e al vescovo.

Il 27 aprile è stato canonizzato Giovanni Paolo II, tra i tanti appellativi noi lo vogliamo ricordare in modo particolare come il “Papa della Famiglia”. Qual è il suo personale ricordo? 
Tanti sono i ricordi su questo Papa che ho conosciuto nel giorno della sua elezione. Ero lì, in piazza San Pietro, come seminarista, ero da poco arrivato a Roma. È stato un uomo forte che ha trasmesso a noi giovani la forza della fede e che non nascondeva assolutamente nulla della sua umanità. Non eravamo abituati a questa forza e a questa umanità. Per me che ero un giovane che si preparava al sacerdozio, ha dato tanto sopratutto in quegli anni, i primi del suo pontificato, gli ultimi della mia formazione prima del sacerdozio. Mi ha fatto riscoprire la bellezza dell’amore alla quale un prete non rinuncia se non nella forma della vita coniugale e familiare. Non si può rinunciare all’amore. È stato per me, questo, un invito forte, come uno scossone che mi ha incoraggiato e fatto andare avanti, grazie anche alla lettura dei suoi testi e delle sue poesie. Il sacerdote deve avere la capacità di collaborare e relazionarsi con chi fa una scelta diversa dalla sua, mi riferisco in modo particolare alla coppia, ai coniugi, alla famiglia cristiana. Quelli sono stati anni molto belli, fondamento per il mio ministero ed ovviamente sono infinitamente grato e debitore a Giovanni Paolo II, ora poi, che lo riconosciamo come Santo, lo posso invocare come intercessore.




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