la visita del papa

Il Papa in mezzo a noi

(© giulio napolitano - Shutterstock.com)

di Elisabetta Marraccini Delegata regionale della Pastorale Giovanile di Abruzzo e Molise

Il Santo Padre, durante la sua visita pastorale in Molise, lo scorso 5 luglio, ha voluto incontrare i giovani. Così, nel santuario di Castelpetroso, si sono radunati più di 20.000 giovani, provenienti dalle pastorali giovanili delle diocesi di Abruzzo e Molise. L’incontro è stato coordinato dalla Consulta regionale di pastorale giovanile, e io, in quanto delegata regionale, ho avuto l’occasione unica di sedere sul palco, a poco più di un metro da papa Francesco.

Certamente non si calcola in metri l’emozione di ascoltare le parole del Papa. Il Santo Padre ha parlato e ha raggiunto il cuore dei giovani tutti, anche di quelli nelle ultime file di quella distesa immensa di ragazzi sotto il sole e il cielo azzurro. Mi sono sentita privilegiata ed onorata nello stare lì accanto, poter osservare la tenerezza dei suoi occhi che cercavano i giovani e ritrovare la stessa tenerezza negli occhi dei giovani che cercavano lui.

L’atmosfera, dalla mattina fino al pomeriggio, quando è arrivato il Santo Padre, è stata quella tipica di una Giornata mondiale della gioventù: sopra il palco musica, preghiera e testimonianze e, sotto, amicizie che si ritrovano, bandiere colorate, striscioni, cori da stadio e “l’attesa” per l’incontro col Papa. L’attesa è pari a quella delle Giornate mondiali della gioventù. Certo, ti fanno girare il mondo, per poi farti sentire a casa quando ci sei in mezzo. Stavolta invece si era davvero a casa, nella nostra terra, e il Papa è venuto in mezzo a noi.

Il vescovo Pietro Santoro, delegato CEI per la Pastorale giovanile di Abruzzo e Molise, ha rivolto le parole di saluto al Papa dicendo: “I giovani hanno desiderato questo incontro come si desidera un dono lungamente atteso e coltivato nel cuore”. Quanto è vero! Monsignor Santoro, nel suo discorso, ha poi riferito al Papa che “i giovani della nostra terra sono buoni e generosi, ma portano anche cicatrici: disoccupazione, precarietà, esposizione al pensiero unico che getta diserbante etico sui loro sogni ma vogliono rimanere – ha continuato Santoro – per essere i seminatori di una terra dove possano crescere le piante della fraternità, della giustizia, dove il perdono ricevuto dalla misericordia di Dio diventi l’altro che Dio ci mette accanto come volto da custodire nella tenerezza”. Ho pensato ai miei coetanei, ai trentenni come me, che magari sono senza lavoro e nonostante tutto hanno scelto mettere su una famiglia. Ho pensato a quelli che ancora non trovano il coraggio e le possibilità di farlo. Ho pensato alle giovani mamme che come me si ritrovano un dono di grazia fra le braccia e un futuro che sembra offrire solo incertezze e precarietà.

E dopo sono arrivate le parole del Papa. Le ho sentite vicine, più vicine ancora della distanza fra la mia sedia e la sua. Guardavo dal palco la marea di giovani e poi guardavo lui. “Da un lato, siete alla ricerca di ciò che veramente conta, che rimane stabile nel tempo ed è definitivo, siete alla ricerca di risposte che illuminino la vostra mente e scaldino il vostro cuore non soltanto per lo spazio di un mattino o per un breve tratto di strada, ma per sempre. La luce nel cuore per sempre, la luce nella mente per sempre, il cuore riscaldato per sempre, definitivo. Dall’altro lato, provate il forte timore di sbagliare (…) la tentazione di lasciare sempre aperta una piccola via di fuga, che all’occorrenza possa aprire sempre nuovi scenari e possibilità. (…) Questa provvisorietà non fa bene; non fa bene perché ti fa venire la mente buia e il cuore freddo”. Ho sentito che il Papa ha parlato a me, a noi. Ho voluto cercare nell’abbraccio delle parole del Papa il coraggio da diffondere anche ai miei coetanei. Il coraggio per le scelte definitive, il coraggio, per esempio, di scommettere sull’amore per sempre, in fondo cosa c’è di più allettante e rischioso? “Il cuore dell’essere umano aspira a cose grandi – ci ha anche detto papa Francesco – a valori importanti, ad amicizie profonde, a legami che irrobustiscono nelle prove della vita anziché spezzarsi. L’essere umano aspira ad amare e ad essere amato. Questa è la nostra aspirazione più profonda: amare e essere amato; e questo definitivamente. La cultura del provvisorio non esalta la nostra libertà, ma ci priva del nostro vero destino, delle mete più vere ed autentiche (…) Non accontentatevi di piccole mete! Aspirate alla felicità, abbiatene il coraggio, il coraggio di uscire da voi stessi, di giocare in pienezza il vostro futuro insieme a Gesù”.

Davanti al Papa ho ripensato alla mia storia e alla mia vita. Davanti a me le vite di migliaia di giovani. Sono una giovane mamma, la mia piccolina si chiama Maria Rachele ed ha 9 mesi. Io e mio marito Michele, vissuti a “pane e GMG”, ci siamo conosciuti durante l’incontro mondiale dei giovani col Papa del 2005 a Colonia. Mi piace pensare che non sia stata una coincidenza ma una “Dio-incidenza”. Dopo diverse occasioni mancate e storie diverse per entrambi, ci siamo ritrovati nel 2008 per la GMG di Sydney, e da lì la nostra amicizia si è stretta sempre più, tanto che abbiamo vissuto da fidanzati la GMG di Madrid nel 2011. Dopo averlo sognato e sperato tanto, ci siamo sposati. L’ultima GMG, quella di Rio, non abbiamo potuto viverla in prima persona e ci siamo accontentati per la prima volta di guardarla in tv: ero già incinta ed il mio pancione era troppo grande per affrontare un viaggio in aereo. Tante grazie e tanti prodigi ha operato il Signore nella mia vita, ma l’ombra dello sconforto e dell’angoscia per il futuro, è sempre là dietro l’angolo. Per questo le parole del Papa mi hanno scaldato il cuore, donato speranza; il suo sguardo da papà è come se avesse voluto dirmi “stai tranquilla, con Gesù andrà tutto OK”. Al Papa e alla protezione di Maria ho affidato la mia vita, quella della mia famiglia e dei miei coetanei.




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