Parola d’ordine: educare

La scuola non è il covo di un manipolo di bulli o di qualche insegnante fannullone. Riscopriamone la primaria funzione educativa.

A scuola, un ragazzino fa il bullo con il compagno…che fare? Di chi è la responsabilità? Come essere solidali con il ragazzo offeso?

Il bullismo non è un prodotto della società contemporanea, la risonanza data dai media a questi eventi, si. Accade così, che il ragazzo offeso diventa oggetto di pubbliche discussioni e commiserazioni, e quindi umiliato ancora di più, mentre il bulletto, dal suo punto di vista, vive il suo momento di gloria, e per lui nessuna punizione è troppo, rispetto alla possibilità di finire sui giornali.

Il piccolo bulletto è in realtà un prepotente che si accanisce su chi non è in grado di difendersi, dunque un intervento autorevole del personale docente, senza atteggiamenti sadicamente repressivi, che faccia comprendere al ragazzo la balordaggine del suo gesto, per non dire l’ignominia di accanirsi contro qualcuno in quel momento indifeso: dovrebbe bastare.

E invece non è così, la scuola  come sistema educativo non è in grado di dare queste risposte elementari e al tempo stesso eticamente valide. Il personale docente è appiattito sui programmi da svolgere e poco attento a creare una relazione significativa con l’alunno, anche perché non si sente tutelato né dallo Stato né dalle famiglie degli alunni e la preoccupazione di incorrere in grane penose per aver applicato sanzioni disciplinari spesso paralizza l’insegnante, che preferisce, perciò, accondiscendere o ignorare le richieste degli alunni pur di riportare una quiete apparente in classe e pur di arrivare, in ogni caso, a fine mese.

Eppure l’educazione prima ancora che istruzione è capacità di saper riconoscere e perciò scegliere il bene dal male. Ma poi la scuola davvero istruisce? I dati relativi alle ultime pagelle 2007 sono allarmanti. Un numero sempre  crescente di studenti è promosso con debiti formativi, il che significa che la scuola non è più in grado di trasmettere quel sano piacere dello studio come avventurosa scoperta e conoscenza di se stessi e della storia dell’uomo. Vi è senza dubbio una un’acuta e nuova “emergenza educativa” riconosciuta non solo dalla gente comune ma anche dalle autorità politiche e religiose. Giuseppe Fioroni, Ministro della Pubblica Istruzione, in occasione del Convegno “Parola d’ordine: educare”, tenutosi il 22 maggio a Milano, ha sostenuto che: “c’è un’emergenza educativa nella nostra scuola che è lo specchio della società e che rappresenta la situazione di emergenza delle famiglie italiane”. Fioroni avverte l’esigenza di una scuola che si riappropri della sua funzione educativa.

L’Istituzione scolastica, specchio della società consumistica, è oramai tutta appiattita sull’istruzione e rischia di smarrire la sua vocazione sociale. I mass-media continuano ad inviarci il messaggio che una persona vale per quello che riesce a produrre. La scuola sembra rispecchiare questa tendenza con un’offerta formativa centrata sull’acquisizione di tecniche e abilità spendibili in una società consumistica.

Benedetto XVI, per anni professore all’università di Ratisbona, ribadisce la difficoltà che si incontra oggi più che in passato di trasmettere ai giovani i valori di base dell’esistenza, e al convegno annuale nella diocesi di Roma del maggio scorso dice: “oggi più che in passato l’educazione e la formazione della persona sono influenzate dalla mentalità consumista e relativista veicolata da giornali, televisioni e internet”.

Educare non significa modellare un soggetto secondo immagini definite a priori ma piuttosto progettare intenzionalmente le condizioni che consentono a ciascuno di sviluppare al massimo le proprie potenzialità e di realizzarsi come persona, risultato raggiungibile soprattutto auspicando un’impostazione scolastica in cui c’è spazio per una  corresponsabilità con la famiglia. All’inizio del nuovo anno scolastico c’è da augurarsi che quello di educare sia davvero scelto come il primo obiettivo.




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