Post-parto Depressione post parto: perché e come fare per superarla… Autore articolo Di Punto Famiglia Data dell'articolo 1 Febbraio 2018 Nessun commento su Depressione post parto: perché e come fare per superarla… di Giulia Palombo, psicologa e psicoterapeuta Il bambino è nato, tutti sono contenti, ma il cuore della neomamma è pieno di una strana e inaspettata angoscia. Paura, irritabilità, ansia, depressione. È tutto normale? Come affrontare questo tempo? I consigli della psicologa. Elena, 32 anni, ha dato alla luce da poco la sua prima bambina, Chiara. Con Luigi, suo marito, hanno tanto atteso questo momento e lo hanno preparato con cura. Nella loro mente lo spazio per Chiara era già pronto da tempo e, appena saputo della gravidanza, hanno iniziato a preparare non solo la casa per l’arrivo del loro cucciolo, ma anche se stessi attraverso “uno studio” approfondito. Hanno letto libri, frequentato un corso preparto in cui insieme hanno condiviso e approfondito le diverse tematiche relative alla gravidanza, al parto e al puerperio. Con questo entusiasmo hanno atteso la nascita della piccola Chiara. Qualcosa però non ha seguito i rosei progetti dei neogenitori: il parto un po’ complicato disorienta Elena, che non vive con serenità i giorni della degenza ospedaliera. Familiari e parenti la tranquillizzano dicendole che è una condizione passeggera e che presto passerà. Tuttavia, subito dopo le dimissioni dall’ospedale e il rientro a casa, Elena comincia a sperimentare agitazione e malessere, uno stato d’ansia che non riesce a comunicare, ma che viene fuori attraverso scoppi di pianto improvvisi, umore depresso e irritabilità. È come se, senza una ragione plausibile e chiara, non riuscisse a gioire a pieno di quel momento tanto atteso e desiderato. Nell’immaginario comune il post parto è associato all’idea di beatitudine e soddisfazione: la mamma con in braccio il suo bambino è serena, felice e appagata. Naturalmente questo è vero, ma è importante riconoscere che la maternità è colorata da diverse e variegate sfumature emozionali. La gioia e la felicità si associano spesso ad ansia, paura e sconforto. Chiunque abbia avuto dei bambini ricorda l’angoscia e il senso di impotenza di fronte ai pianti disperati ed inconsolabili, oppure la stanchezza delle lunghe notti insonni. Nella maggior parte dei casi i sentimenti positivi superano di gran lunga quelli negativi, per cui davvero l’esperienza della maternità resta nella mente di chi la vive come la più bella della vita. A volte però può capitare che la donna non riesca a sperimentare subito a pieno la gioia della maternità, perché sopraffatta dalla paura di non essere all’altezza. Ciò è frequente quando, come nel caso di Elena, si è caricato questo momento di aspettative troppo elevate. Il periodo della gravidanza e il parto non semplicemente danno vita ad un nuovo essere umano, ma richiedono alla madre di modificare ed integrare la propria identità col nuovo ruolo genitoriale. La donna scopre aspetti di sé mai sperimentati prima, si attivano emozioni e sensazioni complesse e spesso contrastanti, in cui bisogna imparare a muoversi e ad orientarsi. Tutto ciò non è facile e richiede molta fatica. Molti di questi sentimenti sono contrastanti e ambivalenti. Ad esempio, ambivalente può essere la posizione rispetto all’aiuto: da un lato si torna ad essere dipendenti e bisognose di aiuto, soprattutto nei primi periodi, dall’altro lato, c’è l’idea o il desiderio di farcela da sole, di essere capaci e competenti, come si è abituate ed essere nella vita. Ancora, tipica delle prime fasi del post parto, è la paura di non trovare al proprio interno quel senso materno che si è sempre idealizzato ascoltando i racconti delle altre mamme. Ed ecco comparire il senso di colpa, la mamma può sentirsi incapace, può sentire di aver disatteso le aspettative sociali, ma anche le proprie aspettative. Altre volte la sensazione può essere quella di sentirsi in gabbia e di aver perso per sempre la propria libertà. Poter riconoscere anche questi sentimenti più “scomodi” è importante per le neomamme, permette loro di fare i conti con la realtà e poter accettare anche i propri limiti. Infondo quello che serve per essere un buon genitore non è la perfezione, ma la capacità di entrare in relazione con i bisogni del bambino, sintonizzandosi con lui e con i suoi ritmi e permettendogli di sentirsi “sentito”. Donald Winnicott (1896-1971), famoso psicoanalista inglese, sosteneva che il bambino non ha bisogno di una madre perfetta quanto piuttosto di una madre “sufficientemente buona”. La ricerca di sintonizzazione, la pazienza di attendere ed adattarsi, la paura di sbagliare, il peso della responsabilità e l’entusiasmo per ogni nuova conquista, sono temi che resteranno attivi per tutto il percorso di crescita del figlio, richiedendo ai genitori uno sforzo continuo e non sempre lineare per rispondere ai nuovi compiti di sviluppo. Alle donne che si trovano ad affrontare questi temi provo a dare due semplici consigli. 1. Mettere in parole quello che si prova, senza giudicare i propri sentimenti e senza la paura che siano gli altri a farlo. Per superare e gestire al meglio i momenti più difficili è sempre utile riuscire a leggere le proprie emozioni e a condividerle con le persone care. Mettere in parole ciò che proviamo ci aiuta ad integrare gli aspetti emotivi e razionali, dando quindi il giusto peso a ciò che sta avvenendo, senza sentirsi sopraffatti dalle emozioni. 2. Saper chiedere aiuto. Spesso non si è abituati a dover chiedere, ma l’acquisizione del nuovo ruolo genitoriale ci mette necessariamente in una nuova posizione di dipendenza. Riuscire ad accettare questa nuova forzata condizione, trovando il modo di mantenere i propri spazi (fisici, relazionali e mentali) diventa fondamentale. Ad esempio si può chiedere ad una persona di fiducia di badare al bambino per potersi ritagliare dei momenti di cura e attenzione per sé, oppure per dedicarsi degli spazi di coppia. Infine è importante poter chiedere aiuto ad un esperto se ci si rende conto che non si tratta di difficoltà passeggere, ma se il senso di inadeguatezza e smarrimento, la rabbia e la paura sono persistenti e cominciano a compromettere la vita della neomamma e la sua relazione col bambino. È questo il caso di quando il bambino è percepito come “estraneo”, la mente è affollata prevalentemente da brutti pensieri oppure se si vive in uno stato di allerta costante. Può capitare, infatti, che la maternità attivi o acutizzi dei nodi problematici della propria vita, in questo caso con l’aiuto di un esperto sarà possibile avviare un percorso che aiuti a riconoscere e progressivamente ad affrontare le proprie questioni irrisolte. Per info sul libro “Parto in arrivo. Appunti di viaggio per donne in camicia da notte anche di giorno”: https://goo.gl/23SZGh Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia Cari lettori di Punto Famiglia, stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11). CONTINUA A LEGGERE ANNUNCIO Lascia un commento Annulla rispostaIl tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *Commento Nome * Email * Sito web Per commentare bisogna accettare l'informativa sulla privacy. Ho letto e accettato la Privacy Policy * Ti potrebbe interessare: La preghiera sincera ti salva il matrimonio: la storia di Anna e Filippo “Noi, portate in pellegrinaggio dai santi Martin”: quattro suore si raccontano “Volevo essere pura, ma non ci riuscivo per insicurezza. Poi accadde qualcosa…” Carlo Acutis e Piergiorgio Frassati: ecco le date della loro canonizzazione Causa di canonizzazione per Carlo Casini? 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