Diamoci da fare……prima che sia troppo tardi

di Giovanna Abbagnara

Nel 1967 Paolo VI invitò il mondo a ripensare lo sviluppo dei popoli. Lo fece con un’enciclica profetica la Populorum Progressio. Dopo 40 anni la FOCSIV lancia una campagna: “Prima che sia troppo tardi”.

Dott. Marelli, lei insieme a Monsignor Miglio, presidente della Commissione Giustizia e Pace della CEI, sarà l’unico della delegazione italiana presente al G8. Considerato che l’Italia è il fanalino di coda per gli aiuti allo sviluppo, con quali sentimenti si reca al G8?

Con un sentimento di speranza. L’unanime appello e invito che la società civile a livello mondiale ma, soprattutto anche il governo delle popolazioni dei paesi in via di sviluppo, stanno rivolgendo ai governi più ricchi della terra, è che possano rendersi conto della responsabilità che grava sulle loro decisioni e della necessità che compiano con coerenza e determinazione quelle scelte e quegli  impegni prefissati con gli obbiettivi del millennio nel 2000 e poi riconfermati nel vertice del G8 del 2005.

Mi sembra che l’Italia abbia fatto però davvero poco destinando solo l’0,2% del PIL agli aiuti allo sviluppo, meno di un terzo di quanto stabilito. Il 3 maggio lei ha incontrato ufficialmente Il Presidente del Consiglio per discuterne. Cosa è emerso?

Il Presidente del Consiglio, Prodi, ci ha lasciato sicuramente delle speranze, si è impegnato a fare il possibile per rimettere sulla giusta rotta e sulla giusta velocità il nostro Paese. Abbiamo incontrato nel frattempo anche il ministro delle Finanza, il ministro Padoa Scoppia e il ministro degli esteri  Massimo D’ Alema e speriamo davvero che l’Italia faccia quello sforzo che s’impone per essere considerato tra i grandi della Terra e non solo per il proprio prodotto interno lordo e per la propria ricchezza, ma anche per il ruolo che gioca sullo scenario internazionale e in particolare nella lotta alla povertà.

La campagna “Prima che sia troppo tardi” lanciata dalla sua associazione, la Focsiv, ha prodotto risultati in merito?

Abbiamo sentito l’esigenza di lanciare questa campagna per dare ancora un rinnovato impulso a queste richieste e per dare ancora una voce unanime condivisa e corale da rivolgere al nostro Presidente del Consiglio. Lo strumento particolare e prioritario che abbiamo utilizzato sono delle cartoline, e ad oggi più di 100 mila italiani hanno scritto a Prodi per chiedere che mantenga le promesse fatte.

Perché questo slogan?

Dietro questo slogan “Prima che sia troppo tardi” c’è lo scandalo di 800 milioni di persone che muoiono di fame e lo scandalo di 1 miliardo e mezzo di persone che non hanno accesso all’acqua potabile. Tutto questo  rischia davvero di far sì che sia troppo tardi, cioè che le misure che eventualmente si dovranno prendere in futuro per lottare contro la povertà e la miseria arrivino a un genocidio, oserei dire, dei poveri della terra. Dobbiamo prendere atto che le condizioni di questi paesi sono state determinate dalle scelte sbagliate dei paese ricchi.

Non le sembra però che la stampa  abbia dato poco risalto a questa campagna?

Si, sempre troppo poco, così come mi sembra troppo poco stia emergendo sul vertice del G8. Sono delle occasioni importanti sia le campagne che mobilitano la società civile, sia questi vertici internazionali dai quali dipende senz’altro il destino dei poveri della Terra, ma sempre più, ne sono convinto, dipendono anche il futuro dei nostri paesi, perché come ha detto chiaramente la dottrina sociale della Chiesa e poi ancora ripresa mirabilmente da Giovanni Paolo II, non ci può essere pace senza giustizia e la pace è qualche cosa che riguarda anche le nostre società ricche e non solamente i paesi in via di sviluppo.

Secondo lei, quali sono le caratteristiche che un paese deve avere per poter considerarsi sviluppato e quali sono i nuovi stili di vita che proponete di adottare?

Sicuramente ancora l’indicatore più comunemente usato è quello del prodotto interno lordo, quindi quello della capacità di un paese di generare ricchezza. Noi continuiamo a dire che insieme a questo dovrebbero essere definitivamente adottati dalla comunità internazionale anche quegli indicatori e quegli indici che definiscono un paese grande, un paese ricco, un paese sviluppato, anche quando sa giocare un ruolo di responsabilità e di coerenza nei confronti della comunità internazionale.

Paolo VI nella Populorum Progressio ha con lungimiranza coniugato l’economia con la promozione dell’uomo. Vuole specificare meglio questo principio.

Certo, a quarant’anni dalla Populorum Progressio, della quale ricorre proprio quest’anno il quarantesimo anniversario, io penso che questo messaggio sia di grande attualità. La sua essenza è  racchiusa nel criterio per cui che l’economia, la finanza, il commercio, sono degli strumenti che devono essere posti al servizio dell’uomo, della persona e dello sviluppo integrale di ogni uomo e di ogni donna del pianeta. Questo è il grande messaggio: l’economia e gli interessi commerciali e  finanziari non possono e non devono diventare le finalità, ma essere solamente degli strumenti per consentire uno sviluppo giusto e equo per tutti gli abitanti del pianeta.




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