Noi i veri emarginati

di Giovanna Pauciulo

Mentre si legifera e si parla di coppie di fatto, la famiglia italiana fa i conti con i soliti problemi. Molto concreti e poco considerati.

Il Sole 24 Ore, l’autorevole quotidiano economico della Confindustria, riferendosi alla finanziaria ha lanciato l’allarme: “Più colpite le famiglie numerose”. Le addizionali all’Irpef comunale e regionale – spiega il giornale – penalizzano pesantemente la famiglia, quanto più aumenta il numero dei figli tanto più il conto cresce rispetto al nuovo anno.  Due giorni dopo dal sito disabili.com parte un’altra denuncia: “gli assegni familiari per chi ha un figlio con disabilità sono minori rispetto a chi ha un figlio senza disabilità”. Problemi e fatti reali di cui tener conto, anzi da cui partire per capire i problemi in cui oggi si dibatte la famiglia.

La tassazione locale non opera alcuna distinzione tra un single e uno sposato né tanto meno si preoccupa di verificare se e quanti figli sono a carico della persona. Il passaggio dalla deduzione alla detrazione previsto dalla Finanziaria 2007 ha lasciato senza tutela i genitori. Questa è una ingiustizia sociale e costituzionale. L’Associazione Nazionale delle Famiglie Numerose prima e il Movimento Italiano Genitori poi hanno fatto sentire la propria voce contro i possibili aumenti di tasse locali: “Lo Stato considera i figli un lusso”, dicono, perciò “più ne hai, più paghi”. È dimostrato che i figli abbassano il reddito mediamente di circa il 30%, una politica familiare seria deve consentire di mantenere lo stesso tenore di vita, perché i figli sono un bene pubblico. Chi ha più figli deve essere trattato in maniera diversa rispetto a chi non ha figli, altrimenti chi mette al mondo figli oggi in Italia è punito.

In Italia, invece, per una famiglia con due figli a carico e un reddito complessivo di 30mila euro il ri-sparmio d’imposta previsto è pari a poco più di 500 euro, in Francia sono invece 3mila e in Germania la detrazione arriva addirittura a 6mila euro. Numeri pesanti come macigni, che denunciano la presenza di una cultura che non tiene conto della famiglia. Problemi vecchi, con i quali la politica si confronta da tempo. Ma sembra che al cambio dei governi non corrisponda un sostanziale cambio di mentalità.

In un’intervista concessa alla nostra rivista Pietro Boffi, Direttore del Centro di Documentazioni del CISF (Centro Internazionali Studi Famiglia), dice che il primo provvedimento da fare per la famiglia riguarda l’equità fiscale, si tratta di una cosa estremamente semplice: “Uno deve pagare le tasse in base al reddito che ha, in modo progressivo. Consideriamo ad esempio la quota esente di qualsiasi persona che non paga le tasse perché è al minimo, la moltiplichiamo con la scala di equivalenza per il numero di familiari, e viene fuori la quota esente dalle tasse. Abbiamo risolto il problema dell’equità fiscale delle famiglie italiane”.

In Italia non esiste una vera politica familiare, una politica cioè che tuteli la famiglia. Le politiche sociali non possono essere considerate politiche familiari. Gli assessorati alle politiche sociali rispondono solo ai “problemi” delle famiglie multi-problematiche, quelle che devono fare i conti con la presenza di tossi-codipendenti, disabili, alcolizzati, minori abbandonati. Non esistono gli assessorati alla famiglia, quelli che si occupano delle famiglie “normali”. Eppure anche queste hanno il diritto di essere aiutate con politiche adeguate, cioè di essere sostenute nello svolgimento dei loro compiti istituzionali.

Il problema è culturale prima che economico e politico. Le politiche sociali sono politiche di ridistribu-zione del reddito e rispondono al criterio della solidarietà. Secondo il Forum delle Famiglie non possia-mo più ragionare solo in termini di solidarietà, che rischia di scivolare in uno sterile assistenzialismo, occorre declinare anchesussidiarietà, in altre parole bisogna aiutare la famiglia a svolgere i compiti che essa è chiamata ad assolvere: educazione e cura dei figli.

L’Italia è fanalino di coda in Europa per le politiche familiari, cui dedica appena lo 0,9% della ricchezza nazionale, rispetto ad una media europea che supera i due punti percentuali. La presenza di un ministero per la Famiglia, assegnato all’on. Rosy Bindi, ha fatto ben sperare. Non è poca cosa che il lavoro e il tempo di un ministro sia interamente  dedicato alla valorizzazione e alla promozione della famiglia, è un segnale di civiltà dato che il ben-essere della società deriva del ben-essere della famiglia. Le prime mosse però non sono state incoraggianti, la questione dei DiCo ha poi alzato altri polveroni. In una recente intervista rilasciata a Famiglia Cristiana il ministro, per difendersi dalle accuse che muovono da più parti, soprattutto dal mondo cattolico, ha voluto puntigliosamente ricordare tutti i provvedimenti pre-visti nella legge finanziaria 2007 che, a suo dire rappresentano “scelte strategiche a favore della famiglia: lotta al precario, misure per sostenere la maternità, 90.000 nuovi posti in tre anni negli asili nido. Sta per essere varato un piano casa. Abbiamo previsto 3 miliardi di euro per assegni familiari e detrazioni fiscali. Rilanceremo i consultori familiari, trasformandoli in veri e propri centri per la famiglia. E abbiamo pronto un piano tariffe per le famiglie numerose”. Cose serie, insomma. Ma che nessuno ancora conosce. Prendiamo atto di queste intenzioni e attendiamo. Con la speranza di sempre ma anche con la coscienza che non possiamo più tacere. In gioco non c’è soltanto il bene di una categoria ma dell’intera Nazione.




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