Quando due vocazioni si incontrano
Prende il via con questo numero uno spazio dedicato alla reciprocità vocazionale.
Matrimonio e Verginità non rappresentano oggi un discorso “alla moda”, ma sono due vie tra loro complementari, due distinte modalità in cui si esprime la persona umana e nelle quali è possibile vivere la relazione dell’uomo con Dio. Oggi si avverte una forte riscoperta del sacramento del matrimonio, si vive una forte attenzione al tema familiare, che va acquistando tutta la sua connaturale dignità. E mi capita spesso che alcune persone che trovano luce in una catechesi positiva ed arricchente sul sacramento del matrimonio finiscano con il chiedersi, magari un poco stupite: “E allora, la verginità, i religiosi?”. Ai loro occhi sembra andare in crisi tutto il mondo della vita verginale, al quale erano legati finora – purtroppo in modo esclusivo – le esigenze della santità e la vita della Chiesa. Restano sulle prime disorientati.
Ma quello che va in crisi non è tanto l’idea della verginità, quanto un loro modo di comprendere la vita cristiana. Un modo male compreso, talora insegnato in modo poco illuminato e poco rispondente ai veri e profondi filoni della fede autentica della Chiesa. Essa infatti mai, nemmeno in circostanze nelle quali sarebbe stato semplice farlo, diminuirà la realtà del matrimonio agli occhi dei credenti. Anzi sempre si è eretta la Chiesa a difendere la verità che il legame di amore tra un uomo e una donna ha carattere santo e sacro, rinvia all’amore di Dio per il suo popolo. Chi legge diversamente certi testi e certe frasi di autori più o meno antichi legge il più spesso in modo distorto e disinformato, quando non preconcetto.
Certo una visione della Chiesa come società perfetta e conseguentemente bene organizzata in ogni sua parte, come quella che fino al Concilio Vaticano II appariva come la più diffusa, favoriva la distinzione dei ruoli e le sottolineature unilaterali nel campo degli stati di vita. In questa mentalità matrimonio e verginità furono vissuti come due realtà divise. Appariva come se i vergini soltanto fossero chiamati ad esprimere una perfezione di vita cristiana e a partecipare alla pienezza della azione e dell’opera evangelizzatrice della Chiesa, mentre i coniugi rappresentavano una concessione alla piccola statura umana dell’uomo.
Una visione ariosa ed aperta come quella che il Concilio ci ha donato e nella quale ci troviamo sempre più immersi ci aiuta a percepire il Corpo della Chiesa composto si di differenti stati di vita, ma tutti parte dell’unico organismo di amore e di comunione. Una visione comunionale che rafforza la relazione tra la persona umana e Cristo e vede la Chiesa come il mistero di comunione con Cristo che egli stesso genera, anima e conduce, ci fa sentire tutti solidali dinanzi al mistero ed alle esigenze dell’essere cristiani. Sussiste la distinzione, sussiste la diversità dei compiti, sussiste l’aspetto gerarchico così come posto da Cristo, ma tutto questo entro l’unico mistero di comunione e di amore ed al servizio di esso.
Guardando alla realtà del matrimonio e della verginità possiamo allora svolgere un lungo itinerario di riflessione, e cercheremo di farlo almeno in parte, proprio collocandoli nella comprensione del mistero di Cristo e nella verità della persona umana che sempre più il vangelo ci rivela.
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