L’affido familiare è temporaneo?

di Marco Giordano

Quanto dura un affidamento familiare? In base a quali criteri se ne fissa la “lunghezza”? C’è un limite massimo? Sono queste alcune delle domande che più di frequente ci si pone quando si parla di affido familiare.

Per definizione l’affido familiare è l’accoglienza temporanea di un bambino o di un ragazzo in una famiglia.

Ma “dietro” il termine temporaneo possono celarsi diverse prospettive. Temporaneo può significare qualche giorno o anche diciott’anni>

Per chiarirsi un po’, e prima di addentrarsi nei “meandri” della legge 184/83 “Diritto del Minore ad avere una famiglia”, è opportuno partire da una necessaria premessa. Il Legislatore italiano, pur con i limiti ed i cavilli che sempre sono insiti in un dettato normativo, ha inteso separare in modo netto lo strumento dell’affido familiare da quello dell’adozione. L’Affido, di tipo provvisorio e finalizzato al rientro del minore nella sua famiglia, vede gli affidatari impegnati in un ruolo di affiancamento ed integrazione del nucleo di origine. L’Adozione, di tipo definitivo, è volta ad assicurare al minore una famiglia nuova cui viene dato il compito di “sostituire” quella naturale.

Al fine di cementare questa distinzione, nel 2001 il Parlamento ha varato una legge di riforma della disciplina dell’adozione e dell’affidamento (legge 149/01, modificativa della legge 184/83), in cui si parla di affido familiare solo in riferimento ai casi di temporanea inidoneità dell’ambiente familiare e prevedendo che la durata dell’affido sia rapportata “al complesso di interventi volti al recupero della famiglia d’origine”.

In un passaggio successivo (art. 4, comma 4) la legge di riforma prevede che il periodo dell’affidamento “non può superare la durata di ventiquattro mesi”, previsione dalla quale discende lo slogan, diffuso anche tra gli addetti ai lavori, secondo il quale l’affido familiare “dura al massimo due anni”.

Per completezza è però necessario precisare che si tratta di una indicazione valida solo per gli affidi familiari disposti dai Servizi Sociali territoriali, poiché, il medesimo comma, precisa che tale periodo è “prorogabile, dal tribunale per i minorenni, qualora la sospensione dell’affidamento rechi pregiudizio al minore”.

Questo fa sì che, ove la situazione sia tale da richiedere più di una proroga, un affidamento potrebbe giungere a durare 8, 10 o più anni.

Si tratta ovviamente di situazioni particolari, poiché laddove i problemi della famiglia naturale fossero gravi e chiaramente irrisolvibili fin dall’inizio il Tribunale per i Minorenni dovrà procedere con il disporre l’adozione del minore in una nuova famiglia. Purtroppo però la realizzazione di una previsione precisa non è sempre cosa facile.

Accade spesso che le difficoltà della famiglia d’origine sembrino inizialmente orientate ad una soluzione che però, col passare del tempo, tarda a realizzarsi. Altre volte, invece ci si trova di fronte a genitori con difficoltà permanenti ma non talmente gravi da giustificare la rescissione definitiva del rapporto con i figli. In questi casi ci si trova in una sorta di “zona grigia” in cui la scelta del Tribunale è assai complessa, e generalmente, tende a “tenere” il minore in affido (ad una famiglia o ad una comunità) per un periodo lungo e, al contempo, a custodire il suo legame con la famiglia d’origine.

Quanto dura, dunque un affido? Beh, a volte, anche fin tanto che il ragazzo non raggiunge la maggiore età. L’unico vero “paletto” da rispettare è quello della tutela del “preminente interesse dei minori” per alcuni dei quali è opportuno un rapido rientro a casa, per altri è preferibile il netto passaggio in una nuova famiglia, per altri ancora è meglio restare, anche a lungo, in una famiglia “d’appoggio” senza perdere i contatti con la quella di origine.




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