Una presenza preziosa
di Valter Martini responsabile area affido Associazione Papa Giovanni XXIII
Il 4 Dicembre 2006 a Rimini l’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII ha tenuto un convegno nazionale sulle prospettive per i minori dopo la chiusura degli istituti prevista per il 31 dicembre 2006. Al centro dei lavori del convegno la presentazione di una proposta legislativa di modifica della legge 149/2001.
L’attuale testo della legge 184/1983, come modificato dalla legge 149/2001, prevede all’art. 5 la possibilità che il servizio sociale, nell’attuazione dell’affidamento familiare, possa “avvalersi dell’opera delle Associazioni familiari eventualmente indicate dagli affidatari”. L’introduzione di questo principio con la riforma del 2001 è frutto dell’esperienza ormai più che ventennale delle Associazioni familiari che sul territorio nazionale si sono occupate di promozione, di sensibilizzazione e di sostegno delle famiglie affidatarie. L’apertura all’accoglienza spesso è possibile dall’appartenenza delle famiglie ad Associazioni che si occupano di affido familiare. L’esperienza di applicazione sul territorio nazionale dell’affidamento familiare, fa dire, non solo da parte delle Associazione, ma anche dagli operatori degli Enti Pubblici, che un indice di positività della riuscita dell’affidamento familiare è il fatto che la famiglia accogliente non viva questa esperienza solo al proprio interno, quasi come un fatto privato, ma che abbia la possibilità di condividerla, di parteciparla con altre famiglieall’interno dei gruppi di incontro o di auto aiuto, o facendo parte di realtà Associative che offrono un sostegno sul piano pratico e motivazionale e permettono di creare reti di supporto capaci e permettere accoglienze a volte umanamente impensabili. Si rende necessario, riconoscere ed ampliare il ruolo delle Associazione familiari nell’attuazione dell’affidamento prevedendo la possibilità attraverso un dettato legislativo di conferire alle Associazioni familiari specifiche attribuzioni in tema di affidamento familiare. L’affidamento realizzato tramite le Associazioni si configura come una possibilità, non si intende far diventare questa una modalità esclusiva. Nell’affido non consensuale, il Tribunale per i Minorenni interviene ai sensi degli artt. 330-333 Cod. Civ., allontanando il bambino dalla casa dei genitori e disponendone il collocamento in affidamento familiare. Di fatto già ora, nella prassi, questo collocamento passa attraverso l’affidamento al Comune competente, cui è fatto carico del sostegno economico agli affidatari; questo passaggio è messo in luce ed evidenziato nella proposta di modifica. L’affidamento al comune identifica il soggetto pubblico cui fa capo l’onere economico dell’intervento, ma apre due possibili percorsi per la sua concreta realizzazione. Il collocamento della famiglia affidataria può infatti avvenire o per mezzo del servizio locale – come è adesso- ovvero, se così disposto dal Tribunale per i Minorenni, tramite una Associazione familiare, cui viene così demandata tutta l’attività a valle della decisione: accogliere il minore ed inserirlo presso una famiglia appartenente all’Associazione, assumendo la responsabilità dell’inserimento familiare e del sostegno educativo alla famiglia affidataria; sarà l’associazione a tenere i rapporti con il Tribunale per i Minorenni e con il Comune affidatario, con i quali vaglierà l’andamento dell’affido e cui proporrà i provvedimenti per la conclusione o il proseguimento. L’intervento sulla famiglia origine rimane secondo le attuali competenze in campo assistenziale; viene esplicitamente affermato il potere di vigilanza e di controllo in capo al Comune affidatario – che lo eserciterà con i mezzi tecnici ritenuti più opportuni. Nell’ipotesi di affidamento consensuale sembra invece necessario mantenere l’esclusiva del servizio pubblico nella decisione di dar corso all’affidamento: questo per evitare il rischio che l’affidamento consensuale venga utilizzato per dare copertura a un mercato di bambini – fenomeno che non è mai del tutto debellato, come documentato da ricorrenti episodi di cronaca. Rimane tuttavia, anche nel caso di affidamento consensuale, la possibilità che la famiglia affidataria chieda di essere sostenuta e seguita da una Associazione familiare, e ciò può costituire l’attore (il maggiore aiuto e prossimità per la famiglia stessa, e, in un’ottica di sussidiarietà, una modalità di valorizzazione delle risorse della società civile da parte del servizio pubblico. L’introduzione di questa nuova opportunità di realizzare 1’affidamento familiare, si ritiene che, oltre ad incrementare il numero delle famiglie affidatarie, contiene alcuni elementi di ulteriore garanzia e tutela: aumenta la tutcla dei bambini. La possibilità di essere all’interno di una Associazione permette in caso di difficoltà di poter individuare altre famiglie disponibili che già conoscono il minore.
L’affido tramite l’Associazione responsabilizza gli affidatari perché l’essere parte di un’ associazione aumenta la consapevolezza e l’impegno da parte delle famiglie. L’Associazione, con propri operatori, offre sostegno, aiuto nei momenti di difficoltà, collabora al progetto insieme con i Servizi Sociali, offre consulenze qualificate. L’Associazione con una rete di servizi differenziati, può garantire la permanenza del minore presso la famiglia anche oltre la minor età.
La presenza di una Associazione accanto alla famiglia offre ulteriori garanzie di società, di competenza e di professionalità anche nei confronti degli altri soggetti istituzionali quali ad esempio la Magistratura. L’affidamento tramite le Associazioni riconosce le stesse come un soggetto sociale che assume una responsabilità in proprio, nei confronti dei minori accolti dalle famiglie appartenenti, e non solo come mediatori e interlocutori.
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