pillole abortive
EllaOne, la pillola dei 5 giorni dopo non è un “contraccettivo d’emergenza!”
di Gabriele Soliani
Pillole abortive spacciate per anticoncezionali di emergenza. In Italia è boom di vendite, forse però si conosce poco sul funzionamento di questi farmaci. Facciamo un po’ di chiarezza.
I dati forniti da Federfarma e dall’azienda produttrice dicono che nel Friuli Venezia Giulia il ricorso all’ulipristal acetato rappresenti il 77% sul totale della contraccezione acquistata, mentre scenda al 31% in Basilicata. Stiamo parlando della cosiddetta “pillola dei 5 giorni dopo” conosciuta come “ellaOne” e che ha come principio attivo l’ulipristal acetato. Questo principio attivo è un agonista del progesterone cioè dell’ormone che mantiene la gravidanza (pro-gestazione appunto). Significa che la molecola dell’ulipristal acetato assomiglia quasi del tutto al progesterone e che per questo viene accettata dai recettori presenti sull’endometrio che, sbagliando, la scambiano per il vero progesterone. L’ulipristal acetato invece è un killer perché non essendo il progesterone fa regredire l’endometrio che così si assottiglia non avendo più i vasi e le ghiandole che permettono la sopravvivenza del piccolo embrione impiantato. Infatti l’embrione, non riuscendo a vivere in un endometrio inospitale e spento, muore e viene abortito. Allo stesso modo funziona la famigerata pillola RU 486 (mifepristone) che viene utilizzata nel cosiddetto aborto farmacologico fino alla settima settimana di gravidanza. Il piccolo embrione muore e viene espulso con l’assunzione, subito dopo, delle prostaglandine che fanno contrarre l’utero.
L’ulipristal acetato, torniamo a lui, è registrato come “contraccettivo d’emergenza” ma questa è una palese e strabiliante bugia. Non è un contraccettivo ma un antinidatorio, cioè un abortivo. La pillola dei “cinque giorni dopo” è sempre più popolare come dimostrano i dati sulle vendite, che sono quasi raddoppiate negli ultimi 10 mesi e moltiplicate per 15 rispetto ad appena due anni fa. L’Agenzia europea per i medicinali (Ema) aveva approvato questa sostanza fin dal 2009. In Italia arrivò alla fine del 2011. Per ottenere “ellaOne” serviva la prescrizione medica e la presentazione di un test di gravidanza negativo. Dalla primavera del 2015 un provvedimento dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) e la successiva pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, andando contro il parere del Consiglio superiore della Sanità, ha dato il via libera all’acquisto per le donne maggiorenni nelle farmacie e parafarmacie senza più la necessità di presentare la ricetta medica e il test di gravidanza, obblighi che invece restano in vigore per le ragazze fino a 18 anni.
Così dalle 16.798 pillole vendute nel 2014 si è arrivati alle 145.574 del 2015 fino alle 200.507 registrate nei primi dieci mesi dello scorso anno. I più solerti hanno fatto i conti: si tratta di 660 acquisti al giorno, uno ogni due minuti. Nemmeno il fatto che “ellaOne” non sia rimborsabile dal Servizio sanitario nazionale ha fermato il boom.
Si potrebbero trarre tante conclusioni. Per esempio che la contraccezione (cioè quella “di uso comune” che impedisce l’ovulazione) non funzioni nei progetti di educazione sessuale, che l’embrione umano sia considerato un “signor nessuno”, che sul bugiardino della confezione si scrivano parole ingannevoli circa la contraccezione d’emergenza e l’abortività, che una sostanza come l’ulipristal acetato venga considerato addirittura come un “farmaco da banco”, che non ci possa essere un controllo sul suo utilizzo, che venga anche usata in dosi massicce per un aborto simile a quello con la RU 486, che procuri danni alla salute procreativa della donna.
Infine potremmo aggiungere che “ellaOne” sia un ulteriore passo indietro nella valorizzazione del concepimento e dell’inizio della vita umana che, ripetiamolo senza tema di smentita, inizia dal concepimento nel grembo di una donna.
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