Annunciamola insieme!

di Anna Pisacane

Don Franco Fedullo gestisce il Centro aiuto alla Vita “il Pellicano” di Salerno. Da anni si batte con caparbietà a favore della vita nascente. Intervistandolo abbiamo raccolto un’esperieza esemplare e abbiamo compreso quanto possa fare una parrocchia unita e militante sui temi della vita.

Non sempre all’interno della parrocchia si sviluppa una vera sensibilità per la vita nascente, e non sempre si prendono delle posizioni chiare e precise. Eppure la parrocchia è il luogo dove quotidianamente si celebra la vita.

Giovanni Paolo II nell’Evangelium Vitae parla a tutti ma esorta soprattutto i teologi e i pastori a non  assumersi mai “la grande responsabilità di tradire la verità e la loro stessa missione esponendo idee personali contrarie al vangelo della vita” (n. 82).

Abbiamo incontrato don Franco Fedullo, sacerdote della diocesi di Salerno, da sempre impegnato nella difesa della vita. La sua parrocchia è una parrocchia per la vita, un esempio che da tutti può essere seguito. Don Franco e i suoi collaboratori non si fermano davanti a niente pur di aiutare un bambino a nascere con la certezza che ciò che si fa al più piccolo dei fratelli, dice Gesù: “l’avete fatto a me”.

Don Franco come nasce la tua passione per la vita?

Il mio impegno nasce da un’evidenza, da uno sguardo e da una rivolta ideale. L’evidenza è che il concepito è un essere umano innocente e che non è giusto fargli del male. Lo sguardo è la personale concezione della donna: soffro nel pensare la femminilità violata dalla brutalità dello sventramento in cui consiste l’aborto. La rivolta ideale è contro le ideologie che hanno fatto della violenza un metodo e di un delitto, un diritto. E contro le istituzioni che dinanzi a centinaia di migliaia di aborti richiesti e praticati per problemi socioeconomici, invece di alleviare o risolvere questi problemi organizzano la soppressione dei poveri.

Giovanni Paolo II scrive nell’Evangelium Vitae al numero n. 82 che “per essere veramente un popolo al servizio della vita dobbiamo, con costanza e coraggio, proporre questi contenuti fin dal primo annuncio del Vangelo”. Tu, da parroco, come hai attuato questa sollecitazione?

Annunciando il vangelo della vita sempre, nella predicazione, negli incontri di formazione dei gruppi, nei corsi di preparazione al matrimonio, celebrando la Giornata per la vita, diffondendo opuscoli e mettendo a disposizione delle altre comunità parrocchiali, volontari preparati per offrire a tutti le ragioni del diritto alla vita.  In parrocchia, poi, è sorto nel 1983 il Centro per la vita “Il Pellicano”, un gruppo di volontariato che ha contribuito a salvare dall’aborto quasi 900 bambini.

La parrocchia è luogo privilegiato per celebrare, annunciare e servire la vita, come riesci a conciliare questi tre aspetti?

Piuttosto mi chiedo: come è possibile non conciliarli? Nel contesto attuale, tacere l’annunzio del diritto a vivere dei più piccoli e della dignità della persona umana, specie della donna, o ignorare il grido di dolore che sale a causa della violenza dell’aborto di massa, sarebbe una grave mancanza di profezia. È come se i missionari nelle zone povere dell’Africa ignorassero il problema della fame di quei popoli!

In che modo la tua parrocchia offre un servizio concreto alla vita?

Attraverso l’annuncio, la preghiera, la formazione e la solidarietà. In particolare il Centro per la vita “il Pellicano” ha maturato una grande esperienza. Sono commosso dalla generosità e dal coraggio dei suoi volontari, dalla loro capacità di illuminare le coscienze, di consolidare i cuori, di risolvere o alleviare i problemi e di accompagnare le famiglie in difficoltà. Porto nel cuore le parole di un vescovo al quale alcuni amici focolarini riferirono di aver chiesto l’aiuto dei volontari del Pellicano per una coppia che voleva abortire. Il Vescovo disse: “Avete fatto bene. Quelli non si fermano dinanzi a niente!”. In verità questo giudizio è troppo generoso, ma rappresenta per noi un incoraggiamento a fare sempre il possibile e l’impossibile per salvare un bambino e offrire speranza ad aiuto ai suoi genitori.

Quante e che tipo di donne si rivolgono alla tua parrocchia?

Propriamente è il contrario. Sono i volontari che vanno a cercare le coppie o le donne in difficoltà. Che tipo di coppie o di donne? A noi di cento persone interessano tutte e cento! Su un muro era scritto: “la nostra patria è là dove si combatte la nostra battaglia!”. Comunque, i problemi più frequenti sono due: l’incapacità di vedere un figlio al posto del problema e le difficoltà economiche. Perciò la prima opera è aiutare i genitori a prendere coscienza che si sta valutando il futuro di un loro bambino. Poi occorre intervenire a risolvere o attenuare le difficoltà. Ed è sempre possibile perché il fratello aiutato dal fratello è simile a una città fortificata. Bisogna agire così: fare al bambino in grembo tutto ciò che faremmo ad un bambino in culla. E non fare a un bambino in grembo ciò che non faremmo a un bambino in culla.

Recentemente Benedetto XVI parlando ai vescovi del Kenya ha parlato di aborto e riconciliazione. Partendo dalla tua esperienza personale che valore ha la riconciliazione sacramentale per una donna che ha abortito?

L’impegno per i bambini noi lo viviamo dentro un’alleanza con i genitori o almeno con la madre. Perciò il nostro impegno è insieme amore al piccolo ed ai suoi genitori. E talvolta ho avuto la gioia di poter accompagnare un cammino di riconciliazione fino al sacramento del perdono. E qui mi permetto di dire che occorre un percorso perché la rugiada del perdono possa penetrare nei cuori feriti. Un percorso che può giungere fino alla guarigione interiore, perché il Dio della vita è Amore. Minimizzare l’accaduto o aver fretta non aiuta, non sana. Occorre tanto amore. Una volta ho fatto un’esperienza molto bella: una giovane attrice si avvicinò alla fede. Ricordo che cominciò a piangere mentre le leggevo una pagina del Vangelo. Dopo qualche giorno mi confidò il suo dramma: aveva abortito. Mi racconto tutti i  particolari: li ricordo come fosse ieri. Giunse alla confessione. Dopo, pensai di dirle che il Signore aveva fiducia in lei e che – chissà – forse ella avrebbe potuto salvare la vita di qualcuno. L’anno successivo venne a trovarmi: aveva salvato la vita di due gemelli aiutando i suoi genitori che avevano deciso di abortire. Sì, il Signore aveva fiducia in lei!

Quali suggerimenti pastorali offrire ad una parrocchia che vuole sviluppare in sé un servizio alla vita nascente?

Regalare l’opuscolo “Vita umana, prima meraviglia” al battesimo; abbonarsi a “Sì alla vita”; parlare del diritto alla vita nella predicazione, nei corsi di preparazione alla cresima ed al matrimonio; invitare in parrocchia dei Centri di aiuto alla vita ad offrire la loro esperienza e con loro progettare qualche iniziativa; celebrare la Giornata per la Vita; pregare per la vita; organizzare ogni anno un incontro per i gruppi; invitare quanti fossero in difficoltà a rivolgersi al parroco che, se ne sente il bisogno, potrà avvalersi dell’aiuto dei volontari; sostenere con le Caritas parrocchiali i neonati e le madri; ricordarsi che tutto quanto avremo fatto ad uno dei fratelli più piccoli di Gesù lo avremo fatto a Lui.




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