Sosteniamo il diritto alla vita

di Olimpia Tarzia

Difendere la sacralità e l’inviolabilità della vita umana è uno delle imprese più lungimiranti e importanti della nostra generazione. La famiglia deve accogliere questa sfida.

La Giornata per la Vita fu istituita dalla Chiesa italiana all’indomani dell’approvazione della L.194/78, con la seguente motivazione: “La Chiesa non si rassegna, né si rassegnerà mai”. Come rassegnarsi, infatti,  di fronte a quattro milioni e ottocentomila bambini mai nati per effetto della 194? Chi, se non il popolo della vita, potrà essere la voce di chi non ha voce, del più piccolo dei nostri fratelli, che rischia di essere selezionato, vivisezionato, buttato in un secchio se, malauguratamente “non perfetto”, considerato non degno di vivere, in quanto la sua “qualità di vita” sarebbe inaccettabile?. Quest’anno la trentesima Giornata coincide con il triste trentennale della legge 194. Ancora adesso, però, come è stato all’epoca dei referendum sulla legge 40, ai forti interventi del Papa e del Magistero della Chiesa sul tema della difesa della vita e della famiglia, segue, da parte di un laicismo ideologico dominante,  un coro scomposto di lesa maestà alla laicità dello Stato, dimenticando che il piccolo concepito non è un “fatto politico”, né “un’invenzione della Chiesa”, bensì un figlio, il più piccolo e indifeso figlio della comunità umana. E, purtroppo, tale malessere lo si riscontra anche nella comunità cristiana, ove  qualcuno obietta o addirittura manifesta un certo imbarazzo rispetto ai ripetuti  e pressanti appelli della Chiesa su questi temi. Ma il richiamo alla coscienza individuale che da questi viene portato a motivazione, rischia di tradursi facilmente in una sorta di autoreferenzialità. Perchè, è vero che la formazione di una coscienza retta, matura, libera e responsabile fa parte del cammino personale di ogni cristiano, ma è altrettanto vero che, senza un costante confronto con la verità e il bene oggettivi, non può dirsi al riparo da interpretazioni soggettive e relativistiche. E dove attingere, per un giusto discernimento, se non al Magistero della Chiesa?  La Chiesa, come Madre e Maestra, ha non solo il diritto-dovere di esprimersi sui temi della bioetica e dei diritti umani, ma ha anche il compito di indicare alle coscienze dei singoli, credenti e non credenti, la via del bene e della verità, di illuminarne il cammino con la sua sapienza e di incoraggiarne l’azione col suo invito alla speranza. La nostra generazione può compiere una svolta epocale nella direzione della non discriminazione tra essere umani, nati e non nati, delle pari opportunità tra forti e deboli, tra ricchi e poveri, tra sani e disabili.

Agli educatori, genitori per primi, è affidato il delicato e difficile compito di trasmettere alle giovani generazioni l’amore per la Verità e la passione per l’Uomo, nella piena consapevolezza dei nostri limiti ma anche delle nostre responsabilità, consegnando, umilmente, i primi nelle mani del Signore e non distogliendo mai lo sguardo e l’impegno dalle seconde. E, alla fine della nostra giornata, affidando al Suo Infinito Amore chi ci è stato affidato.




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