L’albero sul quale siamo seduti

di Giovanna Abbagnara

Il senatore Rocco Buttiglione risponde alle nostre domande su politiche familiari ed emergenza educativa, sottolineando il ruolo dell’oratorio.

Onorevole Buttiglione, oggi più che mai la famiglia interpella la politica e chiede di ripartire non dalle tasche ma dai valori che sono alla base della società. Nonostante si faccia di tutto per attaccarla, la famiglia resta il baluardo sicuro, l’unica capace di generare uomini migliori. Perchè allora  in Italia, secondo lei,  si fa fatica a riconoscere questa soggettività e questa importanza?

Noi proveniamo da una lunga stagione nella quale la famiglia è stata considerata come un disvalore. Bisognava liberare la creatività individuale, liberare la sessualità, libertà era sinonimo di autonomia. Ma ci siamo ritrovati non liberi, profondamente soli e con la consapevolezza che nessuna agenzia è capace di sostituire la famiglia nei suoi compiti di generare e di educare i figli. Oggi però assistiamo al tentativo di scindere la sessualità dalla procreazione, c’è una forte propaganda, una pressione di conformità per una sessualità che non genera, una sessualità vissuta solo come puro divertimento e non come impegno della persona. Questo è un primo problema.

Nella sua esperienza cosa impedisce una politica per la famiglia e cosa la promuove?

Il vero problema di cui le istituzioni dovrebbero occuparsi riguarda la distribuzione del reddito. Oggi i poveri sono le famiglie. Nel 1891, Leone XIII, chiedeva un salario familiare che bastasse a vivere per una famiglia, oggi questo salario non c’è ancora. Con tre figli, anche lavorando, una famiglia facilmente cade sotto la soglia della povertà e allora la prima riforma da fare è assicurare il salario familiare, o se volete gli assegni familiari, chiamiamoli come vogliamo. C’è una grande riforma di solidarietà da fare, c’è da creare una rete di sostegno a favore della famiglia perché la famiglia ha bisogno di aiuto per educare i figli. E in questo la scuola, la parrocchia, l’oratorio devono poter fare bene la propria parte.

In questo rapporto tra Famiglia- Scuola e altre agenzie educative, come l’oratorio o la parrocchia, il soggetto che benefica di questa sintonia di intenti è sicuramente il bambino, il ragazzo che si prepara ad essere l’adulto di domani. Non sempre questa sintonia esiste, non sempre la si favorisce. Perché secondo lei e chi è deputato a creare sinergia?

In questa ricerca del bene del bambino, io penso che un ruolo fondamentale lo può e lo deve svolgere l’oratorio, cercando di essere vigile specie in situazioni di disagio. Un’altra proposta sarebbe quella di istituire una rete di centri di sostegno per la famiglia che, accertata una situazione di disagio per il ragazzo, venisse attivata dalla scuola. Questo però è sempre qualcosa che non c’è e che bisognerebbe fare.

In molto luoghi oggi più di ieri la parrocchia nei quartieri più emarginati rappresenta una vera opportunità per i giovani per evitare di intraprendere altre strade come Forcella o Scampia, per fare nomi vicino a noi. Ma da sola può farcela? E le istituzioni?

C’è un problema di finanziamento. Noi abbiamo fatto una buona legge sugli oratori che, però, per la gestione è affidata alle regioni, nella quale c’è il perno della strategia contro il disagio giovanile, ma per attuarla pienamente occorrerebbe essere d’accordo su un punto e cioè che l’emergenza educativa è l’emergenza per l’Italia. Su questo c’è una battaglia politica da fare, perché molte regioni non ne sono convinte.

Quali sono le cause di questa emergenza educativa che fino ad ora abbiamo analizzato, e quali possono essere i possibili rimedi, le strade da percorrere?

Io ne individuo una su tutte. Noi abbiamo pensato di poter buttare via la nostra tradizione cristiana nella convinzione che si potesse andare avanti bene lo stesso. Abbiamo buttato via la famiglia e ci siamo accorti che abbiamo segato l’albero sul quale eravamo seduti.




Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia

Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).

CONTINUA A LEGGERE



ANNUNCIO

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Per commentare bisogna accettare l'informativa sulla privacy.