Verso un “ascolto” accogliente

di Dora e Bruno Convertini

Da questo numero parte una nuova rubrica dedicata alla spiritualità coniugale. In ogni uscita affronteremo un tema particolare del rapporto tra gli sposi: l’ascolto, il perdono, la preghiera… La rubrica è affidata a coppie che fanno parte del movimento laicale di spiritualità coniugale, l’Equipes Notre-Dame, che ringraziamo per la disponibilità nel comune desiderio che il vangelo possa trovare spazio e divenire fecondo nel grembo di ogni famiglia.

Eccoci qua io e te,  sospinti negli anni da quel “” pronunciato con i denti serrati dall’emozione in quel pomeriggio di Aprile dell’ottantanove, nel secolo scorso.

Avevamo e abbiamo una sola preoccupazione, un solo fondamentale desiderio: vivere insieme, amarci, essere marito e moglie. Le difficoltà del quotidiano si sono presentate subito con il lavoro, l’idea di una casa, la paura di un futuro che potesse diventare troppo precario, la possibilità di avere dei figli. Contemporaneamente altre situazioni si affacciano sulla nostra strada: l’Equipe Notre Dame, un cammino di fede per la coppia, ”venite, si sta formando un nuovo gruppo di  giovani sposi, serve alla coppia per maturare spiritualmente”. Va bene, magari è bello, utile, conosciamo gente nuova e preghiamo, ne abbiamo bisogno. Ricordi? Quello è stato il primo passaggio importante per noi, aveva già il sapore delle cose che ci piacciono, stare con gli altri, partecipare, fare esperienza di spirito e di comunione, dare più senso alla vita.

Telefona, andiamo ad ascoltare. Magari poi diciamo di sì.

Una proposta fra tante per un cammino di fede, per una ricerca di Dio, un bisogno che io e te sentivamo da sempre anche individualmente; sì, esatto un bisogno, perchè di questo si tratta. Noi non ci mettiamo “in ascolto” perchè siamo bravi più degli altri, perchè siamo più sensibili, meno corrotti rispetto al nostro dirimpettaio che non sa chi era S. Agostino, o non ha letto Kant. Se ci mettiamo in ascolto è perchè abbiamo bisogno della voce del Padre come dell’aria per respirare. Così è stato per noi ricordi?

All’inizio pensavamo  di avere qualcosa da dare: di fronte all’ennesimo caso di un bambino in difficoltà, ad esempio, eravamo convinti di sapere quale fosse il bene per lui e di avere, quasi come una missione cavalleresca, il compito di salvarlo.

Pur essendo animati da una sincera buona fede, è piuttosto comune anche fra noi cristiani avere una  idea del “bene” monolitica, unilaterale, impermeabile, del tipo “noi sappiamo cos’è, e lo dobbiamo dire agli altri”.

Sappiamo com’è un buon marito, com’è una buona moglie, su cosa si fonda una società civile, come deve essere il mondo perchè sia giusto per tutti, sappiamo quali sono i diritti e quali i doveri, e sappiamo cos’è la libertà, come si conquista e come si difende. Per fortuna Dio ci ama perchè siamo imperfetti, e nella nostra storia di coppia questa “sicumera dei giusti”  si è incrinata presto, demolita proprio dalle storie del disagio, sia quello dei minori che quello delle famiglie d’origine: di fronte a questo mondo di vite sprecate, di drammi personali, di infanzie negate, di istituzioni spesso indifferenti, abbiamo sentito un grande, disperato, bisogno di una voce. Ecco perchè ci siamo messi in ascolto.

Cominciare ad essere in ASCOLTO ha significato per noi depositare ai piedi della Croce l’idea che tutto dipendesse dall’efficacia del nostro impegno. Ed ecco la voce di Gesù “Qual è il primo di tutti i comandamenti?”.  Gesù rispose: “Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l`unico Signore;  amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso (Mc 12)”.

Gesù ci indica l’ascolto costante della Parola di Dio, sollecitandoci contemporaneamente ad un ascolto costante delle parole degli uomini, a partire per esempio da come marito e moglie si esercitano nella reciprocità, per andare all’impegno accogliente verso chi soffre a qualunque latitudine e per qualunque motivo.

Ma per una  coppia di oggi, con i suoi incubi e le sue passioni, che importanza ha imparare ad ascoltare? Per una coppia che si sposa oggi, con le distrazioni, i falsi miti, il benessere economico come unico viatico dell’esistenza, quel bisogno di ascolto è riconoscibile? Deve avvenire qualcosa, qualcosa di particolare. È necessario comprendere che essere in ascolto non è un dovere morale venuto da chissà dove, ma un modo per ridare alla propria vita e a quella degli altri, senso e dignità.

Essere capaci di “ascolto” non è una condizione definitiva, perciò occorre esercizio, buona volontà, autocritica. Spesso ci ritroviamo insieme a chiederci : la capacità di ascolto  sta trasformando veramente la nostra vita? Ci sta rendendo più capaci di accogliere, di perdonare, di amare? Per noi due oggi  l’ascolto coincide pienamente con l’ascolto della Parola; l’unico che riconduce  a ciò che dà senso all’esistenza, il solo capace di farci più accoglienti e solleciti verso la complessità (di cui siamo vittime ma anche autori) del mondo d’oggi, perchè è ascolto nella partecipazione e nella progettualità.

Concludiamo con un ricordo: alcuni anni fa siamo stati più volte  ospiti di una comunità di accoglienza e quando un educatore   voleva richiamare l’attenzione in un momento di particolare confusione , alzando un poco  la voce diceva “Ascolto!”, non  diceva mai “ Zitti!




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