Pochi soldi? Parliamone…
di Giovanna Abbagnara
I genitori italiani difendono i propri figli dalla crisi che investe la famiglia. È quanto emerge da una recente ricerca condotta dall’Università di Firenze, dal Centro Studi Minori e Media, presentata agli inizi di novembre su un campione di giovani tra i 15 e i 24 anni.
Preferiscono privarsi di qualche acquisto personale, di qualche viaggio programmato da tempo, pur di non far pesare ai propri figli le difficoltà economiche del momento. Sono restii a discuterne a casa, minimizzano. Insomma i genitori italiani si ergono a scudo, perché i figli non risentano di nessuna privazione dell’attuale crisi economica. Uno dei dati più interessanti di questa indagine riguarda la diversa percezione della crisi da parte dei ragazzi intervistati rispetto alle loro famiglie. Incrociando le variabili “la crisi economica pone problemi alla famiglia?” e “la crisi economica ha già avuto conseguenze sul tuo modo di vivere?”, constatiamo che tra le due c’è associazione, ma notiamo anche che solo il 30% dei ragazzi la cui famiglia ha problemi gravi ha avuto un grosso cambiamento nel suo stile di vita. Per quanto riguarda gli svaghi e i consumi individuali i giovani hanno visto diminuire di poco le proprie disponibilità. Solo il 6% dei ragazzi intervistati ha dichiarato che la paghetta che ricevono dai genitori gli è stata ridotta parecchio o tolta. Per quanto riguarda i divertimenti: la discoteca, lo sport e il mangiare fuori, solo una percentuale molto piccola dei giovani ha rinunciato ad esse e quasi tutti gli intervistati continueranno come prima ad andare alle gite scolastiche o a fare le vacanze studio all’estero. E gli acquisti? La ricerca mette in luce che l’83% dei giovani ha ridotto poco o niente l’acquisto di scarpe, vestiti, libri, riviste e fumetti, musica, ricariche del cellulare, oggetti elettronici. Insomma per i giovani è come se la crisi non ci fosse. Ma è giusto tutto questo? C’è una tendenza molto diffusa nella famiglia a voler proteggere i propri figli dalle difficoltà, a cercare di offrire loro tutte le possibilità di cui forse qualche genitore si è sentito privato nella sua giovinezza. Il discorso è molto più ampio ed entra sicuramente nella sfera dell’educazione.
Non coinvolgere i figli nelle difficoltà oggettive che una famiglia affronta nel gestire il menage quotidiano, significa non educarli ad affrontare le prove della vita e le difficoltà che incontreranno. Tra l’altro è utopistico pensare che i figli non comprendano le preoccupazioni dei genitori, che basti non parlare in loro presenza per non turbare la serenità. I figli fin da piccoli assorbono e partecipano a tutto quello che avviene all’interno delle mura domestiche, notano gli stati d’animo dei genitori e scrutano le reazioni agli eventi belli o brutti che accadono. Un coinvolgimento attivo può sicuramente aiutare il bambino a percepire e ad essere consapevole della bellezza del vivere in famiglia, dove tutto viene vissuto in un’ottica di comunione e di condivisione, dove ci si educa al risparmio e al valore del sacrificio nonché all’attenzione verso gli oggetti. La pensano così Silvia e Marco, sono sposati da 21 anni, hanno 4 figli, dai 20 ai 12 anni. “Un punto che ci sembra importante è rendere partecipi i figli della nostra vita, anche degli aspetti più difficili” afferma Silvia, “pensiamo infatti che non dobbiamo rendere loro tutto facile, piuttosto condividere le difficoltà. Così ci aiutano, per esempio, nella periodica convivenza con la nonna che ha bisogno di continua assistenza. Nell’economia familiare cerchiamo di tener conto di quanti sono nel bisogno. All’inizio del nostro matrimonio eravamo in realtà squattrinati per cui, non per scelta ma per bisogno, abbiamo accettato con gratitudine l’aiuto, soprattutto in vestiario per i quattro bambini, che ci veniva dalle famiglie dei Focolari. In seguito, quando entrambi abbiamo potuto lavorare, le disponibilità sono aumentate, ma abbiamo cercato di mantenere un’economia familiare sobria, chiedendoci sempre quali spese fossero necessarie e quali superflue, accettando con gratitudine quanto ci veniva donato e decidendo assieme come vivere la condivisione”. Quanto questo abbia influito sull’educazione dei propri figli, Silvia lo ricorda in questo episodio: “L’altro giorno ero in un negozio sportivo con il figlio di 19 anni per comperare le scarpe da calcio. Gli ho proposto di comperarsi anche un paio di pantaloni. Lui ci ha pensato un momento e mi ha detto che ne ha già quattro paia e che gli possono bastare”. Non solo, Silvia e Marco hanno coinvolto anche i loro figli nella gestione della casa, chiedendo il loro contributo. “Un po’ per spirito di indipendenza, un po’ con fini educativi, abbiamo deciso di non farci aiutare da persone esterne: ci sembra che sia preferibile non avere la casa a puntino, ma che i ragazzi si rendano più responsabili e consapevoli, che sappiano sistemare quanto hanno messo in disordine, che in futuro possano diventare autonomi”.
Bisogna ripensare allora alla famiglia come il luogo dove avviene la piena formazione umana della persona, solo così i genitori potranno non difendere ma dare ai figli gli strumenti per vivere le difficoltà, anche quelle economiche. Accanto a una riflessione sul ruolo educativo è necessario anche coltivare all’interno della famiglia una cultura creditizia che insegni a gestire i risparmi.
È il sogno di Jennifer Openshaw, esperta di educazione finanziaria: nella cartella del primo giorno di scuola, con il libro di matematica e l’astuccio delle matite, va messo anche il quadernetto per tenere il bilancio delle paghette e dei risparmi. Che cosa fare, allora, nelle famiglie di buona volontà? Jennifer offre tre idee: 1) fare un bilancio di casa aperto alle idee, e farsi aiutare dal minore a gestirlo e premiare le buone trovate che fanno risparmiare o guadagnare la famiglia: è più divertente e utile che dargli la mancia perché vada a buttare la spazzatura; 2) dialogare a cena, scegliendo una sera specifica in cui, a tavola, si parla di soldi, di economia, di prezzi delle case, di lavoro; 3) far preparare un pranzo a loro. Perchè non dare 20 euro ai ragazzi e affidare loro il compito, una volta alla settimana o al mese, di spenderli direttamente per trovare piatti, cibi, occasioni, idee che uniscano il gusto del cibo al risparmio? Insomma coinvolgere i propri figli e non difenderli.
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