Disabilità
Al vaglio del Senato da ieri il ddl sul sostegno ai familiari di disabili gravi
di Ida Giangrande
Il disegno di legge comprenderebbe maggiori tutele sul fronte del lavoro, sulla salute e l’assistenza per chi si prende cura di familiari con grave disabilità.
La disabilità può presentarsi fin dalla nascita o irrompere nella vita di una persona in un giorno qualsiasi, non fa molta differenza né per chi la subisce in prima persona, né per coloro che sono chiamati ad assistere e ad occuparsi della persona con disabilità. Finalmente da ieri è in Senato un disegno di legge che tenta di giungere ad un riconoscimento giuridico del ruolo del familiare, dando cittadinanza e visibilità a questo difficile compito che riguarda milioni di persone del nostro Paese. Si chiamano ‘caregiver’ coloro che si prendono cura per ragioni affettive di una persona cara che si trova in condizioni di non autonomia o di limitazioni fisiche e cognitive. Una indagine dell’Istat che risale al 2010 stima che i caregiver nel nostro Paese si agirano intorno ai 3 milioni e 325 mila persone considerando solo coloro che hanno una responsabilità primaria nell’accudimento di un diversamente abile. Di cosa hanno bisogno queste persone? In primo luogo di supporto, di aiuto e di servizi per affrontare una problematica complessa, difficile, che cambia significativamente la loro vita. Coloro che si prendono cura di una persona con disabilità sono spesso costretti a passare da un lavoro full-time e un lavoro part-time, questo vuol dire non solo ridurre le aspettative professionali, ma anche economiche e relazionali. Altro dato significativo secondo le statistiche riguarda il fatto che sono quasi sempre donne coloro che si occupano di un parente con disabilità grave. “La non autosufficienza costa! Le problematiche della disabilità costano! E questo perché occorrono ausili, occorrono farmaci, occorrono visite specialistiche” spiega Loredana Ligabue, segretaria di Carer, associazione caregiver famigliare dell’Emilia Romagna che subito dopo però aggiunge: “Certamente ci sono delle perdite, delle perdite importanti – per chi deve prendersi cura di un familiare diversamente abile – ma c’è anche un cambiamento profondo di valori, di priorità; c’è anche il senso importante e rilevante di sapere che si sta agendo per dare affetto, cura e amore ad una persona che ti ha dato: che ti ha dato la vita, che ti ha dato amore, che ti ha dato affetto… Quindi c’è una compensazione affettiva importante in questa direzione e c’è indubbiamente anche una acquisizione di competenze, perché questa esperienza di cura che si prolunga nel tempo porta anche a questo. Tutto quello che stiamo dicendo in termini di valori positivi non deve però essere un alibi per non guardare a tutto il resto: e cioè il bisogno di aiuto, il bisogno di supporto, che queste persone hanno. Non si può essere caregiver per 24 ore al giorno senza avere aiuti”.
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