Utero in affitto

L’amore ai tempi della maternità surrogata: due padri e due madri per una coppia di gemellini

utero in affitto

di Gabriele Soliani

La Corte d’Appello di Milano che accoglie la richiesta di trascrizione dei certificati di nascita di due gemelli, figli di una coppia omosessuale italiana, nati in California con la pratica della “gestazione per altri” o utero in affitto.

Dopo il rifiuto del Comune e del Tribunale di Milano di trascrivere i certificati di nascita, la Corte di appello ha rigirato la decisione di primo grado per i seguenti motivi: 1) non si può negare la paternità dei due uomini della coppia omosessuale in quanto i due gemelli sono nati da fecondazione di due ovuli messi a disposizione da una donatrice; 2) i due embrioni così creati sono stati impiantati nella madre surrogante che in California ha condotto la gravidanza simulando ciò che, pur rarissimamente, può avvenire in natura, cioè che la stessa donna abbia fecondati due diversi propri ovuli con seme di due differenti uomini; 3) a nulla rileva il divieto di surrogazione di maternità, sancito dal comma 6 dell’art. 12 della legge 40/2004 disciplinante le tecniche di procreazione medicalmente assistita, poiché il giudice italiano non dovrebbe verificare la compatibilità con l’ordine pubblico dell’atto di stato civile straniero, ma soltanto limitarsi a verificare se quest’ultimo contrasti o meno con le esigenze di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo.

L’avvocato Aldo Vitale, scrittore e giurista, rileva gli errori e le “sviste” della sentenza milanese che, ormai lo abbiamo capito bene, ha lo scopo di andare oltre il caso in questione.

Intanto i due gemelli nati da utero in affitto in California non sono fratelli dal lato paterno dato che sono frutto di due ovuli di identica madre ma fecondati dagli spermatozoi dei due uomini distinti. Dunque è un errore, di fatto e di diritto, voler considerare ambedue i gemelli figli di entrambi gli uomini. Uno è il padre di un bimbo e l’altro uomo “compagno” è il padre dell’altro bimbo.

Poi  i due minori non possono essere considerati tra loro fratelli, dal lato paterno, proprio perché non discendono dallo stesso padre biologico. Nemmeno si può “presumere” che lo siano poiché la sola “presunzione che lo siano” non sembra essere sufficiente a garantire la certezza di “status personale” che, come è evidente, si ripercuote anche e soprattutto sul versante dell’ordine pubblico (sul quale invece sorvola il Tribunale di Milano) e della certezza del diritto.

Inoltre l’argomento utilizzato dalla Corte secondo cui “accade in natura” che due ovuli della medesima donna possano essere fecondati dal seme di uomini diversi è controverso e inusuale. Occorre riconoscere, la stessa Corte lo ammette, che si tratta di un’ipotesi molto rara, e poi ci vuole la prova che così sia avvenuto. Qualora anche fosse avvenuto, dimostra, a maggior ragione, che la madre dei nati è unica ma non i padri.

Appellarsi alla natura poi è rischioso perché ……se alla  “natura” ci si vuole appellare si deve riconoscere che “per natura” due uomini non possono avere figli,  “per natura” non si possono avere più di un padre e di una madre, “per natura” non si può spezzare il legame tra i nati e la gestante, e “per natura” i due gemellini in questione hanno due madri, cioè quella genetica che ha donato gli ovuli e quella biologica che ha condotto la gravidanza.

Infine non si comprende perché il giudice non debba verificare la compatibilità con l’ordine pubblico dell’atto di stato civile straniero. Infatti se si accoglie questo principio, chi commette l’illecito amministrativo, civile o penale all’estero può vederselo “sanato” in Italia?!

E  i diritti fondamentali dell’uomo, cominciando dal nascituro o dal nato indifeso, chi li riconosce e tutela?

La maternità surrogata ad opera di coppie omosessuali viola il diritto alla bigenitorialità che spetta al minore. Bigenitorialità secondo la norma della natura, cioè non soltanto riferendosi a due figure che svolgono il ruolo di genitori ma anche, e soprattutto, riferendosi a due figure di sesso diverso che svolgono il ruolo di genitori, poiché solo così avviene il meccanismo naturale della generazione nel tempo.

Poi viene calpestato il diritto del minore ad avere rapporti relazionali ed esistenziali con la madre, come dice la Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo del 20 novembre 1959, secondo la quale «salvo circostanze eccezionali, il bambino in tenera età non deve essere separato dalla madre».

Poi viene calpestato il diritto del nato a conoscere le proprie origini biologiche, diritto oramai ufficialmente riconosciuto e tutelato per i minori adottati (Corte Costituzionale, sentenza 278/2013) , e non si vede perché questo non debba valere, a maggior ragione, per coloro che sono venuti al mondo con maternità surrogata.

La  Corte d’Appello di Milano ha volutamente trascurato e ignorato ciò che la Corte di Cassazione con la sentenza 24001/2014 ha stabilito, cioè che «il ricorso all’utero in affitto è contrario alla legge italiana per motivi di ordine pubblico e tale limite non è stato messo in discussione dalla sentenza 162/2014 della Corte costituzionale sulla fecondazione eterologa. La l. n. 40 del 2014 esclude infatti la possibilità di ricorrere alla maternità surrogata, che consiste nel portare a termine una gravidanza su committenza». Aggiungendo che «l’unico modo per realizzare progetti di genitorialità priva di legami biologici con il minore è quindi quello dell’adozione», istituto quest’ultimo nemmeno astrattamente applicabile al caso in questione dato che ciascuno dei due gemelli ha un padre e una madre.

Insomma anche i non addetti ai lavori capiscono che la Corte d’Appello di Milano vuole forzare la mano per ottenere la parità fra la generazione naturale e quella delle coppie omosex che la pretendono per diritto (che non è contemplato) usando un utero di una donna.




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