Anche l’amore ha la sua regola
di Giovanna Abbagnara
Un convegno sulla spiritualità coniugale in don Karol Wojtyla, con un inedito tratto dai suoi scritti ai tempi in cui era vescovo di Cracovia. Un’immersione nel passato, alla ricerca dell’esperienze che sono state il retroterra del suo grande magistero sull’amore e sulla famiglia.
Sulla copertina del libro è disteso sul prato sotto un alto pino, insieme ai suoi amici, ha i calzoni tirati su e un piede senza una scarpa. Si vede che è stanco, l’escursione in montagna deve essere stata faticosa, ma l’espressione è la sua inconfondibile, di un uomo innamorato della vita, di un uomo amante della natura, di un uomo che un giorno è diventato papa ma che non ha mai dimenticato i suoi amici, i fratelli con cui ha condiviso gli ideali, la fede, la speranza in un futuro migliore. Sono commossa mentre sfoglio un libro pieno di queste foto presentate a Roma il 24 aprile scorso al convegno organizzato dal Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su matrimonio e famiglia. Ritrovo un’immagine di un pastore attento, soprannominato dai suoi giovani amiciWujek, «lo zio» – che attraverso gite di diversi giorni con soste in tenda, lunghe traversate sul kajak, messe celebrate all’aperto, passeggiate silenziose contemplando la natura – intesseva dialoghi sinceri e profondi sull’amore e sulla responsabilità.
Al convegno ci sono alcuni di questi amici, del gruppo «Srodowisko» (Ambiente), ricordano commossi i tempi in cui don Karol Wojtyla, viceparroco nella parrocchia di San Floriano, radunò intorno a sé un gruppo di studenti universitari con cui iniziò un cammino fecondo di condivisione nella fede. In anni difficili, quando il regime comunista aveva cancellato tutte le organizzazioni cattoliche Wujek diventò un’autentica guida, raccolse l’anelito del cuore dei suoi giovani e li indirizzò in un serio cammino vocazionale. Stando insieme nacquero legami sentimentali e da qui la necessità di accompagnarli nella riflessione sul matrimonio e la vita familiare. Ascoltando la testimonianza degli amici di papa Giovanni Paolo II, si comprende la sorgente di tutto il suo ministero sulla bellezza dell’amore coniugale e familiare. È dall’esperienza, dalla condivisione della gioia e delle fatiche di queste coppie, che il papa della famiglia, ha attinto i punti cruciali tradotti poi nel suo ampio magistero. Attento alle sfide dei tempi ma anche con grande fedeltà alle sollecitazioni che venivano dalla madre Chiesa, il cardinale Wojtyla, alla fine degli anni sessanta, quando Paolo VI pubblicò l’enciclica, Humanae vitae, pensò di creare un gruppo di sposi che chiamò proprio Humanae Vitae a cui diede anche una regola. «In quel testo – spiega monsignor Livio Melina, direttore dell’Istituto – Karol Wojtyla afferma che non c’è amore senza una regola. L’amore, anche se scaturisce da un evento affettivo, non è soltanto un sentimento, ma si compie in un atto libero della persona, che dona se stessa a un’altra persona. Da Papa, Giovanni Paolo II ribadirà più volte questa concezione personalistica, legata alle affermazioni contenute nell’enciclica Humanae vitae: colui che ama afferma la persona dell’altro per se stessa, e non per trarne una utilità o un piacere. Non si tratta dunque di una regola moralistica, esteriore all’atto, ma un’espressione interna, intima all’atto stesso».
Il giovane sacerdote polacco Przemyslaw Kwiatkowski, che ha rintracciato il prezioso documento negli archivi di Cracovia durante gli studi di dottorato presso l’Istituto «Giovanni Paolo II» della Lateranense, al termine della sua riflessione ricorda che l’idea di fondo di questo testo è che bisogna “vivere nella coppia il vero cammino verso la santità, poiché il matrimonio non può affatto diventare un ostacolo nella realizzazione di questo ideale, al contrario, lo dovrebbe favorire. Infatti ciò che conta, è che l’amore diventi la regola della vita, come nella poesia di Wojtyla, così anche nel concreto quotidiano”.
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