La speranza è che finisca di piovere
di Giovanna Pauciulo
A colloquio con Nicola, un giovane padre aquilano
Giovedì 23 aprile, incontriamo Nicola, è solo perché moglie e figlio sono rifugiati da alcuni parenti in un paese vicino all’Aquila. Lui e Bianca si sono conosciuti all’Università. Assume un tono triste la sua voce quando ricorda la Casa dello Studente e quanti lì hanno perso la vita. Sogni spezzati, progetti interrotti. É ancora incredulo per aver avuto salva la sua vita e quella dei suoi cari, ancora impressionato da tanta distruzione e da tanto dolore, ricorda la notte del 5 aprile come la notte in cui tutto si è chiarito ai suoi occhi, “in frazioni di secondi ti rendi conto di come tutto è inutile e l’unica preoccupazione è: restare vivi insieme ai tuoi cari”. La sua casa non ha subito grossi danni ma per precauzione ancora per adesso restano dove sono. Lui, ingegnere è già tornato al lavoro “la vita- dice – anche se lentamente deve riprendere. L’esperienza del terremoto, continua, smonta tutto, ti fa desiderare ardentemente la normalità, la stabilità”. Attende di sapere se è possibile ritornare nella sua casa. Lui si dice più che fiducioso, parla a nome della sua famiglia quando dice “vogliono ritornare perché quella è la nostra casa, lì c’ è la nostra vita, i nostri vicini, gli aquilani hanno bisogno di tutti noi, l’ultima parola non è dolore e sconforto, ma è da questo che nasce subito la voglia di aiutare, di ricominciare a costruire, questa – dice – è l’ultima parola: ricostruire.
“L’ unica risposta è la fede” risponde Nicola pensando al futuro. Lui e la moglie ancora non hanno trovato il modo di spiegare al loro piccolo cosa è accaduto, “non sappiamo trovare ancora le parole, nostro figlio non ha posto domande, certamente ha vissuto un esperienza che non dimenticherà tanto facilmente”.
Ci facciamo accompagnare da lui a fare un giro, dove è possibile, nei paesi colpiti dal sisma. Ovunque abbiamo trovato montagne di macerie, paesi fantasmi, atmosfera sospesa, approfittiamo di questo scenario per chiedergli, in tutta confidenza, se per il disastro accaduto prova risentimento e ritiene di attribuire delle responsabilità; lui risponde “alla luce di ciò che è accaduto tutti sono esperti e avanzano giudizi”. Nicola rappresenta quegli abruzzesi che si porta dentro il ricordo di quella tragica notte e che in mezzo alle macerie tiene alta la sua dignità. “Gli abruzzesi, dice, sono persone forti, per loro natura”. La sua risposta alla domanda “di cosa avete bisogno in questo momento” svela l’animo con cui Nicola e la sua famiglia stanno vivendo questi giorni “che finisca di piovere”.
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stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
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