Aiutare i figli a scoprire se stessi

“È urgente che le famiglie assumano il ruolo primordiale che hanno nella formazione affettiva e morale dei figli” è quanto ha affermato Maria Luisa Di Pietro, presidente dell’associazione “Scienza&Vita” nella relazione presentata a Città del Messico. Di seguito riportiamo un brano molto interessante, tratto dal suo intervento, in cui la Di Pietro richiamando anche testi magisteriali molto importanti comunica alla famiglia la necessità di dare ai figli un orientamento educativo sessuale che non può essere delegato ad altri.

Il diritto/dovere dei genitori di educare i figli si fonda proprio sul fatto di aver generato la vita del bambino (i genitori sono “educatori” perché sono genitori) e in tal  senso  tale diritto/dovere precede ogni riconoscimento o imposizione da parte della società.   L’educazione è, dunque, una generazione continua. Anche l’educazione della sessualità. E se la vita familiare è segnata dalla mutua accettazione, dall’aiuto scambievole, dall’empatia, i bambini, i fanciulli, gli adolescenti vengono aiutati  a fortificare quel “cuore che vede” perché “solo gli occhi del cuore – scrive Benedetto XVI nel discorso ai partecipanti del Congresso Internazionale in occasione dell’anniversario della Lettera Enciclica Humanae vitae del 2 ottobre 2008 –  riescono a cogliere le esigenze proprie di un grande amore, capace di abbracciare la totalità dell’essere umano”.

Al diritto di educare i propri figli, di scegliere in conformità con le proprie  convinzioni morali e religiose e in vista del bene dell’educando l’orientamento educativo, deve corrispondere un dovere educativo. Infatti, non offrire ai propri figli un ambiente familiare che possa consentire un’adeguata formazione all’Amore e alla castità, significa venire meno ad un  preciso dovere. Un dovere, che viene eluso anche nel caso in cui si tolleri una formazione immorale o inadeguata impartita ai figli fuori casa.

È importante che i genitori siano consapevoli che questo diritto/dovere è inalienabile e che non può essere né totalmente delegato ad altri né usurpato da altri. È anche vero, però, che oggi la famiglia presenta spesso una scarsa valenza educativa, a causa sia delle  trasformazioni strutturali e culturali subite sia di una talora volontaria incompetenza e incapacità di difendersi e rispondere alle sollecitazioni – anche negative – che provengono da una società in continuo e radicale mutamento. In questi casi può essere di aiuto l’intervento di altre agenzie educative, non ultima la scuola,la quale  non deve – però – né imporre un’educazione di Stato né pensare di  privare i genitori della loro responsabilità educativa, collaborando con la famiglia nell’educazione e nella scelta dell’orientamento educativo. Lo stesso dicasi per altre agenzie educative, come i gruppi coeducativi: qui i bambini, i fanciulli, gli adolescenti, sono guidati dagli adulti secondo un ben preciso programma pedagogico, che i genitori devono conoscere a priori, vigilando sulle diverse interpretazioni che degli stessi programmi possono dare i vari  educatori.

L’intervento di agenzie educative esterne alla famiglia deve essere, infatti, informato a due principi: il principio della sussidiarietà e il principio della subordinazione.

Sussidiarietà significa che – poiché il diritto/dovere dei genitori di educare è insostituibile e inalienabile – l’intervento delle agenzie esterne deve essere di aiuto e non di sostituzione al ruolo formativo della comunità familiare. In altre parole, perché un’altra agenzia possa intervenire nel processo educativo, è necessario che ci sia l’esplicito consenso da parte dei genitori, i quali delegano ad altri  il proprio compito educativo: questo atto non spoglia, però, il genitore dell’originaria potestà che continua ad appartenergli e a legittimare  la possibilità di effettuare  una  tale sostituzione. Subordinazione vuol dire che un’agenzia educativa esterna alla famiglia deve essere soggetta al controllo da parte dei  genitori, che vanno informati e coinvolti nella gestione del processo educativo extra familiare. […] Quando la famiglia  è educativamente assente o “diseducante”, le altre agenzie educative non possono limitarsi a sopperire le mancanze, ma devono avvertire in modo forte l’impegno a coinvolgere il genitore o i genitori  nella gestione e nell’esecuzione dei propri progetti educativi.




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