Il mio seminario familiare
a cura di Luca Memoli
Inizia con questo numero “Missionari si cresce”, una piccola rubrica in cui vogliamo presentare l’importanza della famiglia nella crescita/formazione del futuro missionario. L’amore coniugale e familiare genera nei figli il desiderio di donarsi agli altri. In questo modo, nel quotidiano, si impara ad orientare la vita secondo i progetti di Dio. Iniziamo questo itinerario con la testimonianza di Padre Nazzareno, missionario saveriano.
Sono nato a Parma nel lontano ‘33, in una povera famiglia operaia. Quinto di sei fratelli e orfano di padre a soli sette anni, mi ritrovai a vivere la mia fanciullezza e la mia adolescenza in un collegio. Nostra madre non poteva sostenerci. Ma l’indigenza in cui versavamo non ha impedito alla nostra famiglia di essere unita. Mia madre era una straordinaria icona di generosità e viveva una religiosità silenziosa e orante. È stata la mia grande guida, sempre presente nei passaggi più importanti della mia esistenza. Anche vivendo per molti anni in collegio non ho mai avvertito la sua mancanza.
A 18 anni, terminato il collegio, tornai a casa e iniziai a frequentare l’Azione Cattolica. In quel periodo leggendo “Storia di un’anima” di S. Teresa di Lisieux decisi di incamminarmi sulla strada del discernimento vocazionale. Guidato da un sacerdote decisi dopo circa due anni di entrare nei Missionari Saveriani. Questa scelta mi portò ad essere ordinato sacerdote nel ’62. Successivamente partii missionario in Brasile dove ho svolto il mio ministero per 18 anni.
Tornando alla mia famiglia, non posso non affermare che è stata determinante per la mia vocazione. I dialoghi con mia madre hanno infatti accompagnato tutte le decisioni più importanti. Una volta mi confidò: “Fin da piccola dicevo al Signore che se non mi avesse chiamata ad essere suora almeno uno dei miei figli sarebbe dovuto diventare sacerdote”. Scoprii dunque che mi chiamavo Nazzareno proprio per questo motivo, per un desiderio così profondo ma anche così discreto che mia madre custodiva nel cuore.
Era una donna profondamente spirituale, aveva un’impressionante passione per Nostro Signore. Un’icona di Vangelo vissuto. Quando per motivi di salute iniziai a temere di non poter più continuare il cammino nei Saveriani, lei scrisse a Padre Pio chiedendo preghiere per me e per la mia vocazione.
Un anno prima della mia ordinazione sacerdotale mia madre ci lasciò, era molto malata. Ma prima di morire donò a noi figli un altro grande saggio di cosa significa vivere il Vangelo. Consapevole della sua grave malattia espresse il desiderio di donare le cornee dei suoi occhi. Un giorno, infatti, leggendo del meraviglioso gesto di don Gnocchi, mi disse: “Figlio, io farò la stessa cosa e tu mi aiuterai”. Contattai una clinica di Parma per il trapianto e le cornee di mia madre furono così donate ad un operaio e ad un contadino.
Ma la testimonianza più forte della sua fede mi fu rivelata pochi giorni prima della sua morte quando mi disse: “Figlio, offrirò la mia morte per la tua vocazione”.
Oggi non mancano i seminari diocesani ma quelli familiari. Mancano i genitori che desiderano rispettare e coltivare le vocazioni. È la famiglia il terreno dove nascono e crescono le vocazioni.
Padre Nazzareno Corradini
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