Il nostro sogno si è avverato

di Enzo e Anna, responsabili della casa famiglia “Villa Laura”

Villa Laura nasce da un incontro casuale, tra me, Enzo con quella che sarebbe stata la mia futura moglie Anna. Ambedue avevamo esperienze nel sociale, io come responsabile per anni di una comunità terapeutica, poi educatore nella Giustizia Minorile, Anna come operatrice in una casa famiglia e come clown di corsia presso l’ospedale pediatrico specializzato in oncologia “Posillipon”. Nel raccontarci delle nostre esperienze le nostre vite si sono intrecciate e non ricordo se le ho chiesto prima di sposarmi o se voleva aprire una casa famiglia tutta nostra. I progetti comunque sono proseguiti parallelamente, aggiungendosi anche l’arrivo della nostra prima figlia Laura. È stato forse il periodo più eccitante della nostra vita: la ricerca di una villa che rispecchiasse la nostra idea di spazi per tanti bambini, l’iter (complesso a dir la verità) per l’autorizzazione al funzionamento, il pancione che cresceva, l’abito da sposa, le bomboniere e via dicendo, tutto affrontato con una gioia infinita e tanti debiti. L’invio dei primi casi tardava ad arrivare e nel Capodanno del 2004 ci eravamo quasi dati per sconfitti, ma il 2 Gennaio 2004 ci arrivano ben 4 richieste di accoglienza. Il 9 gennaio la nostra casa si riempì in un sol giorno. Intanto aspettavamo anche la nostra secondogenita Gaia. L’impegno è stato subito tanto ma siamo stati fortunati nel trovare personale qualificato, valido e motivato ad aiutarci. Da allora la nostra casa ha accolto quasi 20 bambini, il personale è cambiato, noi siamo cresciuti, emotivamente e professionalmente, imparando a conoscere meglio i nostri interlocutori (Assistenti sociali, Giudici,ecc.) e superando anche difficoltà nelle nostre dinamiche di coppia che naturalmente s’incontrano in una vita così piena ma a volte anche povera di momenti di privacy. Quello a cui ancora non siamo abituati sono gli addii. Senti un po’ il cuore che si spezza a vederli andare via per sempre, anche se poi sai che la loro vita sarà felice e questo è anche un po’ merito tuo (sapendo come ci sono arrivati) e come succede quasi sempre torneranno a trovarti, a cercarti, a telefonarti per metterti a corrente dei progressi e delle loro vite. E poi arriveranno altri e noi saremo qui, per loro, pronti ad accoglierli, amarli e a lasciarli andare via. (Anna piange e dice continua tu).

Tutto questo entusiasmo, che a volte chiamo incoscienza, ha solide basi teoriche che si fondano sul trattamento di “reparentig” o della rigenitorizzazione ideato da Jacqui Lee Schiff e Beth Day  descritto nel loro libro “tutti miei figli” (Mondadori). “…Il nostro metodo – che consiste nel dare ai soggetti un’altra coppia di genitori,offrendo loro la possibilità di crescere una seconda volta – è considerato radicale da alcuni nostri colleghi. Ciò che il “reparentig” ha di veramente radicale, immagino, è che nei confronti dei soggetti noi ci assumiamo un impegno totale. Quando entrano nella nostra casa cessano di essere dei pazienti (assistiti). Sono amati e coccolati come i nostri tre figli naturali. Dei loro progressi siamo forse più fieri di altri genitori perché sappiamo quanta strada in più questi ragazzi hanno dovuto fare.” Naturalmente per far introiettare a dei bambini, che vengono da esperienze dolorose di abuso o maltrattamento, l’immagine di genitori positivi, o meglio sostenibili, che lasci un segno pregnante di autostima e fiducia nell’“altro” che li accompagni nella loro vita – in una famiglia adottiva o al rientro nella propria – c’è bisogno di competenza e di una “vera famiglia” che li accolga nel loro momento di bisogno. Questa è l’originalità e l’unicità dell’accoglienza in casa famiglia, e la differenza con altre esperienze comunitarie.




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