Aborto

“Fermatevi un attimo finché siete in tempo. Ascoltate in silenzio l’amore che vi cresce dentro”

gravidanza

di Emanuela Pandolfi

Aborto: Maria Elena Sacchini si racconta in un libro, “La camera vuota, riflessi di una vita interrotta”.

Mentre in questi giorni incalza la polemica sulla bocciatura del Consiglio d’Europa all’Italia per eccesso di obiettori di coscienza, la ginecologa Lisa Canitano sulla dichiara sulla Stampa che ogni anno effettua 550 aborti perché: “volevo provare a creare un mondo migliore, un mondo in cui le donne fossero assistite e avessero quello di cui avevano bisogno”. Non entriamo in giudizio. È fin troppo chiara la nostra posizione. Rispondiamo con una testimonianza, quella di Maria Elena Sacchini che si racconta in un libro, La camera vuota.

Una madre che decide di rinunciare ad una gravidanza, e si confessa. Perché?

Questa madre (uso di proposito la terza persona quasi a volermi osservare da fuori, per meglio comprendere ciò che io stessa, in realtà, talvolta mi chiedo) inizia a scrivere per dar voce alla sua creatura e lo fa indirizzando le sue parole alle due figlie, con la speranza che domani, almeno nei loro cuori, possa crescere una forma d’amore e di ricordo che riscatti il senso del passaggio silenzioso del fratellino in questo mondo. È nel progredire del diario che questa donna ferita inizia a scavare nel dolore e a dargli un volto, sino al punto di rigettare la negatività, l’inchiodamento ai mali dell’anima, per assurgere ad una catarsi interiore che funga da rivalutazione degli altri e per gli altri sul proprio cammino.

Cosa è la camera vuota? Come potrà riempirla?

La camera vuota è la raffigurazione dell’interno muto e grigio del mio ventre svuotato del suo prezioso piccolo cuore, giuntami sullo schermo dell’ecografo nel corso della visita di dimissione. Solo più tardi ho appreso che in gergo medico è realmente definita così. La camera vuota è anche il senso di profonda solitudine che si impossessa della donna che raggiunge il pieno senso di colpevolezza nei confronti del misfatto che ha compiuto, indipendentemente dal suo credere o meno. L’unico modo di affrontare un cammino di accettazione, credo resti quello di affidarsi ad una speranza di perdono più grande di quella umana. Quale persona pensante può anche solo permettersi di immaginare una redenzione per sé, dal basso di tutte le sue pochezze, dei suoi limiti?

Che significato hanno avuto per lei tutti i sogni in cui le appare la piccola creatura perduta?

I sogni, in questo caso gli incubi pervasi di speranza (di incontrare la creatura perduta) e di orrore (per la consapevolezza, al risveglio, della crudezza della realtà), sono il frutto del nostro bagagliaio di vissuto, più o meno latente. Traducono desideri e paure in un’unica voce e, hanno il potere di condizionare il tempo della veglia, di indurti doppiamente a riflettere e meditare. Come scrive il dr. Sivelli nella sua prefazione al libro, sono lamenti, significanti bagliori che irrompono nel quotidiano. Per me erano il ponte verso l’incontro col mio piccolo cuore, anche se poi si traducevano, al risveglio, in una presa di coscienza devastante.

Cifre significative denunciano una quantità ingente di donne che ricorrono alla IVG. Cosa vorrebbe dire loro?

So bene che chi si appresta a compiere passi come il mio non si trova nelle immediate condizioni di ricevere consigli. Inoltre le ragioni che spingono a scelte così radicali possono essere molteplici e diverse. Uguale, tuttavia, resterà il senso perverso del dolore che seguirà come inevitabile strascico. Inesorabilmente uguale in quanto conseguenza di un atto contro natura. Presto o tardi sopraggiunge l’inferno col suo calvario e non esiste più passo nella vita che ci sollevi dal ricordare l’atrocità compiuta. Io vorrei, in tutta umiltà, raggiungervi con queste parole: fermatevi un attimo finché siete in tempo; staccatevi dal frastuono delle vostre paure (quelle che vi spingono alla vostra scelta). Ascoltate in silenzio l’amore che vi cresce dentro. Sarà lui a parlarvi e a salvarvi. L’uomo non può salvare sé stesso senza essere strumento d’Amore. L’uomo senza amore è solo superbo e cieco. È povero e misero come il breve tempo del suo passaggio su questa terra, se non avrà saputo comprenderne l’arcano senso. A tutte le donne che, invece, sanno di cosa sto parlando, ma anche a chi ha attraversato un periodo buio nella sua esistenza a causa di un dolore cercato, io dico semplicemente: venite, non nascondetevi, diamoci la mano ed intoniamo insieme un canone che sfoci nel mondo come canto di speranza, di redenzione.

Testimoniare, accettare, ri-orientare. Così giunge alla sua catarsi. La sua famiglia che ruolo ha avuto?

Ciò che io ho compiuto, alla fine, è stato il frutto di una mia scelta consapevole, così come il percorso di catarsi personale è stato l’approdo ad un porto di speranza ed approvvigionamento interiore, anche se, per assurdo, a seguito di un’atrocità compiuta nei confronti della più inerme e fragile delle creature. Non mi sento di parlare in alcun modo della mia famiglia. Mi sento, piuttosto, di rivolgerle scuse per la durezza della mia penna che, in alcuni passaggi, è stata mossa unicamente da un dolore sterile ed egoista. Egoista come il gesto da me compiuto del quale mi sento l’unica, in fondo, responsabile.

A conclusione vorrei lasciare alcune riflessioni per chi ho il privilegio di raggiungere con le mie parole: chiunque tu sia, ovunque tu vada, quando avrai un piccolo attimo a disposizione, prova a fermarti così, semplicemente immobile e in silenzio a osservare l’incanto del creato. Come la neve dei giorni, che stende un velo di immobilità e purezza su tutto, su tutti. Rivolgi lo sguardo al cielo, hai mai osservato il cielo? È stupefacente, meraviglioso, ed è sempre lì a sovrastarci, a parlarci di immenso. Non senti quanto anche tu faccia parte di questo progetto? Non avverti tutta la dolcezza, l’amore dell’intento del maestro che lo alitò? Se senti questo, senti anche il senso del tuo esistere e trovi il coraggio di affrontare i passi gravi della vita. Senti che c’è un cammino che ti chiama, che ci accomuna e che questo cammino ha un unico nome per tutti: Amore!




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