CORRISPONDENZA FAMILIARE

di don Silvio Longobardi

“Papà, voglio vedere Gesù”

28 Marzo 2016

Un papà scrive a don Silvio per raccontare come ha vissuto il Triduo Pasquale insieme ai suoi figli. Un’occasione propizia perché i bambini sperimentino la bellezza dei gesti liturgici e la gioia della comunione.

Caro don Silvio,

abbiamo vissuto il Triduo Pasquale con i nostri figli. Non è stato semplice ma nemmeno un’impresa. I bambini sono piccoli, non partecipano attivamente ma è bene che siano educati al senso del Mistero e della Festa. Poi l’azione liturgica, proprio perché fatta di gesti e segni, può essere spiegata. Che bello ieri vederli con la candela in mano… Anche se prendono sonno (Mario durante la Veglia pasquale ha resistito) penso sia una cosa gradita a Dio.

Ieri, prima di arrivare in chiesa, spiegavo a Mario la celebrazione e la Resurrezione di Gesù. Mentre parlavo lui ha detto: “Voglio vedere Gesù”. Questa esclamazione dovrebbe albergare nel cuore di tutti. Questo auguro: che il tuo cuore arda di questo desiderio sempre e in ogni momento.

Santa Pasqua.

Luca

 

Caro Luca,

ti ringrazio per gli auguri e per aver condiviso un frammento luminoso e commovente della vita domestica. Avete fatto benissimo a portare i figli alle celebrazioni pasquali, anche se sono ancora piccoli i bambini devono respirare la festa in tutte le sue dimensioni, anche quella orante e liturgica. La Pasqua è un’occasione per ritrovarsi con amici e parenti, condividere la gioia della fraternità. I figli imparano così che la vita è fatta di relazioni e che fare festa significa allargare il cuore e sperimentare la gioia di stare insieme.

Tutto questo non basta. La Pasqua è anzitutto un evento di fede, il cuore di quel Vangelo che rallegra la nostra vita. Ogni buon genitore dovrebbe perciò chiedersi come celebrare la Pasqua, cioè come fare di questa festa un’occasione per manifestare e accrescere la fede. Non solo come singoli ma proprio come famiglia, cioè quella che il Vaticano II chiama piccola chiesa e che possiamo considerare come la prima cellula della comunità ecclesiale.

Una famiglia credente deve imparare a intrecciare costantemente la vita domestica con quella ecclesiale. Non è facile, lo so. Per questo, non è così frequente vedere genitori con figli al seguito, soprattutto nelle grandi celebrazioni liturgiche. Ci sono evidentemente ragioni oggettive che talvolta impediscono la comune partecipazione ma spesso c’è anche una scarsa sensibilità da parte della comunità ecclesiale che fa poco o nulla per garantire un’adeguata accoglienza alle famiglie, specie quelle con bambini piccoli. Ma c’è anche una difficoltà da parte dei genitori, essi devono sapere in anticipo che i figli non possono garantire per tutta la lunghezza della celebrazione e diventano perciò motivo di continua distrazione. Vi sono genitori che hanno paura di “disturbare” l’assemblea. E vi sono fedeli che manifestano con eccessiva enfasi il proprio fastidio.

Tutti questi ostacoli sono veri ma non devono impedire ad una famiglia di partecipare alle celebrazioni liturgiche. I figli hanno bisogno di sentirsi parte di una famiglia più grande e di scoprire poco a poco che quel Gesù che hanno imparato a pregare fin da piccoli è presente in modo speciale in quella bianca ostia che il sacerdote offre a tutti. Non capiranno tutto ma la fede dei genitori è una garanzia sufficiente. Comprenderanno ancora meglio se la celebrazione è vestita a festa, se vedono volti pieni di gioia e se, al termine, scoprono che la gente si ferma e si saluta con quel calore che è proprio dell’amicizia.

È una scommessa. So bene che la tua famiglia è ben incamminata su questa strada. Ti auguro di vedere crescere i figli nel solco di quella fede che tu hai ricevuto e accolto e che ti impegni a testimoniare, insieme alla tua sposa.

Don Silvio

 




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