di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 5,17-19)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto.
Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli».
Il commento
“Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento” (5,17). Matteo pone questa parola sulla soglia del primo insegnamento di Gesù, quello che viene solitamente indicato come il discorso della montagna (Mt 5-7). Come una chiave d’ingresso, una premessa che indica la prospettiva in cui leggere tutto quel che segue, una sorta di istruzione per l’uso, un’avvertenza che lo scopo di evitare interpretazioni fuorvianti. Questa parola svela la particolare attenzione che Matteo riserva alla Legge antica e all’intrinseco rapporto tra prima e seconda Alleanza. A quei cristiani che si ritenevano dispensati dall’osservanza dei precetti morali, l’evangelista ricorda che la novità del Vangelo non consiste nella semplicistica abolizione della Legge antica. Non si tratta di cancellare ma di riscrivere la fede alla luce della testimonianza e delle parole di Gesù. Portare a compimento significa vivere tutto nella luce dell’amore e di quell’amore che Gesù ha testimoniato, diventando così la misura e il modello di un nuovo stile di vita. Al giovane che gli chiede la via della perfezione, prima suggerisce di osservare scrupolosamente i comandamenti e, subito dopo, accogliendo il desiderio di una vita ancora più piena, gli dice: “Se vuoi essere perfetto […] vieni! Seguimi!” (Mt 19,21). Tutta la Legge ora trova in Lui la sua sintesi. Il cristianesimo non toglie valore ai comandamenti ma dona la grazia di viverli ancora più pienamente. Questa parola vale anche per oggi, soprattutto per quei cristiani che si ritengono adulti e perciò liberi di interpretare e di adattare i precetti della Chiesa. Con il rischio di offrire un’interpretazione soggettiva che riflette più la cultura del mondo che l’antica Parola. Seguendo la piccola via di Teresa di Lisieux, oggi chiediamo la grazia di essere interiormente liberi, come bambini che si lasciano quotidianamente nutrire dalla Parola di Dio e guidare con docilità dalla Chiesa che parla con l’autorità di Dio.
Briciole di Vangelo
di don Silvio Longobardi
s.longobardi@puntofamiglia.net
“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.
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