Genitori

“Diventare papà e mamma ci fa molto più simili a Dio”

di Giovanna Pauciulo

Un bimbo che nasce oggi suscita ancora stupore? Forse ci siamo abituati anche a questo. La nostra è una società di adulti che ha smarrito il senso dello stupore e della gioia oltre che della speranza. Ogni bimbo che nasce è portatore di tutti questi valori e sentimenti.

Il dato del declino demografico sembra confermare il disinteresse a donare la vita. Sicchè la vita non è più percepita come un dono né per i genitori, né per la società. Sempre più genitori scelgono di limitare il numero dei figli, il tasso di fecondità totale, ovvero il numero dei figli per donna, secondo l’Istat  in Italia nel  2014 è di 1,37, ovvero circa un figlio quasi e mezzo per donna. Attenzione, arriviamo a questo dato considerando anche contributo dei fratelli immigrati  che certamente contribuisce ad alzare la media.

La stessa società politica sembra non essere interessata alla natalità, non mi risultano aiuti, sgravi, attenzioni particolari per le famiglie. Certamente la nascita di un figlio significa per i genitori ulteriori fatiche, nuovi pesi economici, altri condizionamenti pratici: motivi, questi, che possono indurre nella tentazione di non desiderare un’altra nascita. In alcuni ambienti sociali e culturali poi la tentazione si fa più forte.

Il figlio, non è dunque, un dono? Viene solo per prendere e non per dare? Il figlio è davvero una limitazione? Viene solo per usurpare i genitori? Beh a volte è la sensazione che avvertono i genitori hanno più figli e con tempismo unico ciascuno incalza con le sue richieste,  ma quando a dirlo è una mamma con un sol bimbo questo deve far riflettere.

È chiaro che un bimbo che nasce richiede un suo spazio, è una presenza,  chiede  a tutti gli altri di riorganizzare i tempi piuttosto che gli affetti, ma mentre prende per sè tutto dona anche una esistenza nuova a coloro che lo hanno generato. I genitori che accettano la scommessa genitoriale sono ridefiniti dalla presenza del figlio. Ed altrettanto accade nella vita di tutti gli altri membri della famiglia – i fratelli imparano la condivisione e la comunione, i nonni vedono realizzato nel nipotino che nasce il loro futuro, e tutta la società è arricchita dei doni di cui il bimbo che nasce è portatore.

Il figlio non mai è qualcosa di dovuto, ma sempre un dono. Il dono più grande del matrimonio è una persona umana. Il figlio non può essere considerato come oggetto di proprietà: a ciò condurrebbe il riconoscimento di un preteso “diritto al figlio”. In questo campo, soltanto il figlio ha veri diritti: quello di essere il frutto dell’atto specifico dell’amore coniugale dei suoi genitori e anche il diritto a essere rispettato come persona dal momento del suo concepimento. Quando l’uomo e la donna nel matrimonio si donano e si ricevono reciprocamente nell’unità di “una sola carne”, la logica del dono sincero entra nella loro vita. Senza di essa, il matrimonio sarebbe vuoto, mentre la comunione delle persone, edificata su tale logica, diventa comunione dei genitori. Quando trasmettono la vita al figlio, un nuovo “tu” umano si inserisce nell’orbita del “noi” dei coniugi, una persona che essi chiameranno con un nome nuovo: “nostro figlio; nostra figlia”. Ma il figlio è davvero un dono peri genitori?

Mi piace utilizzare la categoria del dono. Perché credo sia  quella che deve accompagnare l’esistenza del genitore che si pone dinanzi, e accanto al figlio. Il figlio va sempre percepito e vissuto come un dono, mai come un diritto o un errore. Purtroppo nel nostro agire quotidiano di genitori non sempre la logica del dono accompagna i ragionamenti intorno alla vita umana che bussa per entrare nel mondo. Ricordo il racconto di un mio amico avvocato che quando annunciò la quarta gravidanza della moglie gli amici del foro lo derisero dicendogli che era un paladino perché voleva contribuire a sue spese a innalzare il dato demografico.

Oggi un figlio in più è temuto. Oggi un figlio può dire meno male che sono nato per primo perché altrimenti non ci sarei, la sfortuna di alcuni concepiti è di essere arrivati secondogeniti. Se la vita di un figlio fosse davvero percepita come un dono ogni bambino concepito vedrebbe la luce. E invece non è così il numero degli aborti in Italia è sempre elevato, per non parlare del numero dei microaborti procurati dalla diffusione dei mezzi abortivi, usati come contraccettivi.

Quanti attacchi alla vita,  nel messaggio dei Vescovi Italiani per la Giornata per la Vita, leggiamo “contagiare di misericordia significa aiutare la nostra società a guarire da tutti gli attentati alla vita”. L’elenco è impressionante: “È attentato alla vita la piaga dell’aborto. È attentato alla vita lasciar morire i nostri fratelli sui barconi nel canale di Sicilia. È attentato alla vita la morte sul lavoro perché non si rispettano le minime condizioni di sicurezza. È attentato alla vita la morte per denutrizione. È attentato alla vita il terrorismo, la guerra, la violenza; ma anche l’eutanasia. Amare la vita è sempre prendersi cura dell’altro, volere il suo bene, coltivare e rispettare la sua dignità trascendente”.  Ecco in questo i genitori sono chiamati ad essere davvero profeti e maestri.

Papa Francesco nel suo discorso all’apertura del Convegno Ecclesiale della Diocesi di Roma a giugno scorso ha detto: “Dio è l’amore eterno, che si dona incessantemente e ci chiama all’esistenza. È un mistero che, però, la Provvidenza ha voluto affidare in particolare all’uomo e alla donna, chiamati ad amarsi totalmente e senza riserve, cooperando con Dio in questo amore e nel trasmettere la vita ai figli. Il Signore vi ha scelti per amarvi e trasmettere la vita. Queste due cose sono la vocazione dei genitori”. Continua il Papa “Questa è una chiamata bellissima perché ci fa essere, in modo del tutto speciale ad immagine e somiglianza di Dio. Diventare papà e mamma significa davvero realizzarsi pienamente, perché è diventare simili a Dio. Questo non si dice sui giornali, non appare, ma è la verità dell’amore. Diventare papà e mamma ci fa molto più simili a Dio”.




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