Le parole del Papa
Quello che papa Francesco ha veramente detto e che i giornali non vi diranno…
di Giovanna Abbagnara
Prima di leggere i titoli dei giornali di oggi che sicuramente strumentalizzeranno le parole di papa Francesco di ieri nella Conferenza Stampa durante il volo di ritorno dal Messico, vi invitiamo a leggere il testo integrale delle sue risposte. Come si sa, il giornalismo decreta ciò che è verità o meno ma i cattolici, dovrebbero imparare ad andare direttamente alle fonti. Noi di Punto Famiglia, riassumiamo i quattro temi centrali che verranno oggi travisati o trascurati.
L’aborto è un crimine
Sulla domanda per la preoccupazione in parecchi Paesi latinoamericani, ma anche in Europa, per il virus “Zika”, il Santo Padre ha risposto che: “L’aborto non è un “male minore”. È un crimine. È fare fuori uno per salvare un altro. È quello che fa la mafia. È un crimine, è un male assoluto”. Queste dichiarazioni molto chiare, purtroppo non troveranno molta risonanza perché fondamentalmente queste affermazioni non corrispondono all’idea che i giornali vogliono dare di questo papa. Leggere per credere. LINK
Sull’uso dei contraccettivi
Papa Francesco non ha fatto nessuna apertura alla contraccezione. Ha semplicemente ribadito che è possibile un’applicazione intelligente della norma morale ma solo in situazioni straordinarie, tanto eccezionali da citare l’esempio delle suore in Africa durante il tempo della guerra. “Paolo VI – il grande! – in una situazione difficile, in Africa, ha permesso alle suore di usare gli anticoncezionali per i casi di violenza” ha detto il papa. Non c’entra nulla l’apertura alla contraccezione nella vita ordinaria di una coppia di sposi. Leggere per credere. LINK
Unioni civili
I giornali si fermeranno all’affermazione: “Il papa non si immischia nella politica italiana” è vero ma ha poi specificato che lui pensa quella che pensa la Chiesa e cioè la dottrina della Chiesa al riguardo. “Io penso quello che la Chiesa sempre ha detto” dice e aggiunge come risposta ad un’altra domanda sul medesimo argomento dell’approvazione del DDL sulle unioni civili che: “Un parlamentare cattolico deve votare secondo la propria coscienza ben formata: questo, direi soltanto questo. Credo che sia sufficiente. E dico “ben formata”, perché non è la coscienza del “quello che mi pare”. Queste affermazioni sono chiare e precise ed invitano a restare fermi sulla dottrina e a votare secondo la propria coscienza cristiana. Leggere per credere. LINK
Comunione ai divorziati risposati
All’indomani della chiusura del Sinodo sulla Famiglia, i giornali avevano titolato con: “Comunione ai divorziati risposati”. Su questo punto, il papa interpellato dai giornalisti è stato ancora più chiaro e preciso: “Integrare nella Chiesa non significa “fare la comunione” e aggiunge “Tutte le porte sono aperte. Ma non si può dire: da ora in poi “possono fare la comunione”. Questo sarebbe una ferita anche ai coniugi, alla coppia, perché non farà compiere loro (ndr ai divorziati risposati) quella strada di integrazione”. Leggere per credere. LINK
I LINK
Santo Padre, da qualche settimana c’è molta preoccupazione in parecchi Paesi latinoamericani, ma anche in Europa, per il virus “Zika”. Il rischio più grande sarebbe per le donne in gravidanza: c’è angoscia. Alcune autorità hanno proposto l’aborto, oppure di evitare la gravidanza. In questo caso, la Chiesa può prendere in considerazione il concetto di “male minore”? (Paloma Garcia Ovejero, “Cope”).
L’aborto non è un “male minore”. È un crimine. È fare fuori uno per salvare un altro. È quello che fa la mafia. È un crimine, è un male assoluto. Riguardo al “male minore”: evitare la gravidanza è un caso – parliamo in termini di conflitto tra il quinto e il sesto comandamento. Paolo VI – il grande! – in una situazione difficile, in Africa, ha permesso alle suore di usare gli anticoncezionali per i casi di violenza. Non bisogna confondere il male di evitare la gravidanza, da solo, con l’aborto. L’aborto non è un problema teologico: è un problema umano, è un problema medico. Si uccide una persona per salvarne un’altra – nel migliore dei casi – o per passarsela bene. È contro il Giuramento di Ippocrate che i medici devono fare. È un male in sé stesso, ma non è un male religioso, all’inizio, no, è un male umano. Ed evidentemente, siccome è un male umano – come ogni uccisione – è condannato. Invece, evitare la gravidanza non è un male assoluto, e in certi casi, come in quello che ho menzionato del Beato Paolo VI, era chiaro. Inoltre, io esorterei i medici che facciano di tutto per trovare i vaccini contro queste due zanzare che portano questo male: su questo si deve lavorare… Grazie.
II LINK
Santo Padre, da qualche settimana c’è molta preoccupazione in parecchi Paesi latinoamericani, ma anche in Europa, per il virus “Zika”. Il rischio più grande sarebbe per le donne in gravidanza: c’è angoscia. Alcune autorità hanno proposto l’aborto, oppure di evitare la gravidanza. In questo caso, la Chiesa può prendere in considerazione il concetto di “male minore”? (Paloma Garcia Ovejero, “Cope”).
L’aborto non è un “male minore”. È un crimine. È fare fuori uno per salvare un altro. È quello che fa la mafia. È un crimine, è un male assoluto. Riguardo al “male minore”: evitare la gravidanza è un caso – parliamo in termini di conflitto tra il quinto e il sesto comandamento. Paolo VI – il grande! – in una situazione difficile, in Africa, ha permesso alle suore di usare gli anticoncezionali per i casi di violenza. Non bisogna confondere il male di evitare la gravidanza, da solo, con l’aborto. L’aborto non è un problema teologico: è un problema umano, è un problema medico. Si uccide una persona per salvarne un’altra – nel migliore dei casi – o per passarsela bene. È contro il Giuramento di Ippocrate che i medici devono fare. È un male in sé stesso, ma non è un male religioso, all’inizio, no, è un male umano. Ed evidentemente, siccome è un male umano – come ogni uccisione – è condannato. Invece, evitare la gravidanza non è un male assoluto, e in certi casi, come in quello che ho menzionato del Beato Paolo VI, era chiaro. Inoltre, io esorterei i medici che facciano di tutto per trovare i vaccini contro queste due zanzare che portano questo male: su questo si deve lavorare… Grazie.
III LINK
Santo Padre, la mia domanda è sulla famiglia, tema che Lei ha affrontato in questo viaggio. Nel Parlamento italiano è in discussione la legge sulle unioni civili, tema che sta portando a forti scontri in politica, ma anche a un forte dibattito nella società e fra i cattolici. In particolare, volevo sapere il Suo pensiero sul tema delle adozioni da parte delle unioni civili, e quindi sui diritti dei bambini e dei figli in generale. Grazie. (Carlo Marroni, “Il Sole 24 Ore”).
Prima di tutto, io non so come stanno le cose nel Parlamento italiano. Il Papa non si immischia nella politica italiana. Nella prima riunione che ho avuto con i Vescovi [italiani], nel maggio2013, una delle tre cose che ho detto: “Con il governo italiano, arrangiatevi voi”. Perché il Papa è per tutti, e non può mettersi nella politica concreta, interna di un Paese: questo non è il ruolo del Papa. E quello che penso io è quello che pensa la Chiesa, e che ha detto in tante occasioni. Perché questo non è il primo Paese che fa questa esperienza: sono tanti. Io penso quello che la Chiesa sempre ha detto.
Io torno sull’argomento della legge che sta per essere votata al Parlamento italiano: è una legge che in qualche modo riguarda anche altri Stati, perché altri Stati hanno all’attenzione leggi che riguardano unioni fra persone dello stesso sesso. C’è un documento della Congregazione della Dottrina della Fede, che risale al 2003, che dedica un’ampia attenzione a questo, e in più dedica un capitolo al comportamento che devono tenere i parlamentari cattolici in Parlamento davanti a queste leggi, e si dice espressamente che i parlamentari cattolici non devono votare queste leggi. Visto che c’è molta confusione su questo, Le volevo chiedere innanzitutto se questo documento del 2003 ha ancora un valore, e effettivamente, quale comportamento un parlamentare cattolico deve tenere? (Franca Giansoldati)
Sul primo argomento: io non ricordo bene quel documento del 2003 della Congregazione per la Dottrina della Fede. Ma un parlamentare cattolico deve votare secondo la propria coscienza ben formata: questo, direi soltanto questo. Credo che sia sufficiente. E dico “ben formata”, perché non è la coscienza del “quello che mi pare”. Io mi ricordo quando è stato votato il matrimonio delle persone dello stesso sesso a Buenos Aires, che c’era un pareggio di voti, e alla fine uno ha detto all’altro: “Ma tu vedi chiaro?” – “No” – “Neppure io” – “Andiamocene” – “Se ce ne andiamo, non raggiungiamo il quorum”. E l’altro ha detto: “Ma se raggiungiamo il quorum, diamo il voto a Kirchner!”, e l’altro: “Preferisco darlo a Kirchner e non a Bergoglio!” … e avanti. Questa non è coscienza ben formata! E sulle persone dello stesso sesso, ripeto quello che ho detto nel viaggio di ritorno da Rio de Janeiro e che è nel Catechismo della Chiesa Cattolica.
IV LINK
Santo Padre, Lei ha parlato molto di famiglie e dell’Anno della Misericordia, in questo viaggio. Alcuni si chiedono, come una Chiesa che sostiene di essere “misericordiosa” possa perdonare più facilmente un assassino piuttosto di chi divorzia e si risposa…(Anne Thompson, “Nbc News”).
Mi piace la domanda! Sulla famiglia, hanno parlato due Sinodi e il Papa ha parlato tutto l’anno nelle catechesi del mercoledì. E la domanda è vera, mi piace, perché Lei l’ha fatta plasticamente bene. Nel documento post-sinodale che uscirà – forse prima di Pasqua –, in uno dei capitoli – perché ne ha tanti – si riprende tutto quello che il Sinodo ha detto sui conflitti o sulle famiglie ferite, e la pastorale delle famiglie ferite… E’ una delle preoccupazioni. Come un’altra è la preparazione per il matrimonio. Lei pensi che per diventare prete ci sono otto anni di studio, di preparazione, e poi, dopo un certo tempo, se non ce la fai, chiedi la dispensa e te ne vai, ed è tutto a posto. Invece, per fare un Sacramento che è per tutta la vita, tre-quattro conferenze… La preparazione al matrimonio è molto, molto importante, perché credo che sia una cosa che la Chiesa, nella pastorale comune – almeno nel mio Paese, in Sudamerica – non ha valutato tanto. Per esempio – adesso non tanto, ma alcuni anni fa – nella mia Patria, c’era l’abitudine di… si chiamava “casamiento de apuro”: sposarsi di fretta perché viene il bambino. E per coprire socialmente l’onore della famiglia… Lì, non erano liberi, e tante volte questi matrimoni sono nulli. E io, come vescovo, ho proibito di fare questo ai sacerdoti, quando c’era questo… Che venga il bambino, che continuino da fidanzati, e quando si sentono di farlo per tutta la vita, che vadano avanti. Ma c’è una carenza [nella preparazione] al matrimonio. Poi, un altro capitolo molto interessante: l’educazione dei figli. Le vittime dei problemi della famiglia sono i figli. Ma sono anche vittime dei problemi della famiglia che né il marito né la moglie vogliono: per esempio, il bisogno di lavoro. Quando il papà non ha tempo libero per parlare con i figli, quando la mamma non ha tempo libero per parlare con i figli… Quando io confesso una coppia che ha figli, dei coniugi, dico: “Quanti figli ha?”. E alcuni si spaventano perché dicono: “Il prete mi domanderà perché non ne ho di più…”. E io dico: “Le farò una seconda domanda: lei gioca con i suoi figli?”; e la maggioranza – quasi tutti! – dicono: “Ma, padre, non ho tempo: lavoro tutta la giornata”. E i figli sono vittime di un problema sociale che ferisce la famiglia. E’ un problema… Mi piace, la sua domanda. E una terza cosa interessante, nell’incontro con le famiglie, a Tuxtla – c’era una coppia di ri-sposati in seconda unione, integrati nella pastorale della Chiesa; e la parola-chiave che ha usato il Sinodo – e io la riprenderò – è “integrare” nella vita della Chiesa le famiglie ferite, le famiglie di risposati, e tutto questo. Ma non dimenticare i bambini al centro! Sono le prime vittime, sia delle ferite sia delle condizioni di povertà, di lavoro, di tutto questo.
Significa che potranno fare la comunione?
Questa è una cosa… è il punto di arrivo. Integrare nella Chiesa non significa “fare la comunione”; perché io conosco cattolici risposati che vanno in chiesa una volta l’anno, due volte: “Ma, io voglio fare la comunione!”, come se la comunione fosse un’onorificenza. E’ un lavoro di integrazione… tutte le porte sono aperte. Ma non si può dire: da ora in poi “possono fare la comunione”. Questo sarebbe una ferita anche ai coniugi, alla coppia, perché non farà compiere loro quella strada di integrazione. E questi due erano felici! E hanno usato un’espressione molto bella: “Noi non facciamo la comunione eucaristica, ma facciamo comunione nella visita all’ospedale, in questo servizio, in quello…”. La loro integrazione è rimasta lì. Se c’è qualcosa di più, il Signore lo dirà a loro, ma… è un cammino, è una strada…
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stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
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