Giubileo della Misericordia

Giubileo, Papa Francesco, “La Chiesa ha bisogno di questo momento straordinario”

“Perché un Giubileo della Misericordia? Cosa significa questo?”, così Papa Francesco apre la catechesi dell’Udienza Generale di ieri mercoledì 9 dicembre, all’indomani dell’apertura della Porta Santa nella Basilica di San Pietro.

La Chiesa ha bisogno di questo momento straordinario. Non dico: è buono per la Chiesa questo momento straordinario. Dico: la Chiesa ha bisogno di questo momento straordinario”. Sono le parole con cui il Santo Padre si rivolge ai fedeli riuniti in Piazza San Pietro per la consueta udienza del mercoledì. È passato appena un giorno dalla celebrazione inaugurale dell’Anno Santo e il Papa sottolinea: “Il Giubileo è un tempo favorevole per tutti noi, perché contemplando la Divina Misericordia, che supera ogni limite umano e risplende sull’oscurità del peccato, possiamo diventare testimoni più convinti ed efficaci”. “Un Anno Santo – spiega Papa Bergoglio – per vivere la misericordia. Sì, cari fratelli e sorelle, questo Anno Santo ci è offerto per sperimentare nella nostra vita il tocco dolce e soave del perdono di Dio, la sua presenza accanto a noi e la sua vicinanza soprattutto nei momenti di maggiore bisogno. Questo Giubileo, insomma, è un momento privilegiato perché la Chiesa impari a scegliere unicamente ciò che a Dio piace di più. E che cosa è che a Dio piace di più? Perdonare i suoi figli, aver misericordia di loro, affinché anch’essi possano a loro volta perdonare i fratelli, risplendendo come fiaccole della misericordia di Dio nel mondo. Questo è quello che a Dio piace di più”. Poi l’augurio finale: “Cari fratelli e sorelle, mi auguro che, in questo Anno Santo, ognuno di noi faccia esperienza della misericordia di Dio, per essere testimoni di ciò che a Lui piace di più. È da ingenui credere che questo possa cambiare il mondo? Sì, umanamente parlando è da folli, ma «ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini» (1 Cor 1,25).




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