di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Matteo (11, 11-15)
In quel tempo, Gesù disse alle folle:
«In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.
Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono.
Tutti i Profeti e la Legge infatti hanno profetato fino a Giovanni. E, se volete comprendere, è lui quell’Elìa che deve venire.
Chi ha orecchi, ascolti!».
Il commento
Gesù avverte i discepoli più timidi: il Regno di Dio che attendiamo non sorge come un’oasi nel deserto ma richiede un impegno deciso: “Il regno dei cieli subisce violenza [biázetai] e i violenti se ne impadroniscono” (11,12). La frase evangelica può disturbare o può essere interpretata in modo sbagliato. Il concetto di violenza nella lingua italiana ha una connotazione etica, implica quasi sempre un uso negativo della forza. In greco troviamo il verbo biázō (da bios = vita) che può essere tradotto anche con forzare. Sullo sfondo appare la figura di Giovanni Battista: la sua vita austera e la sua testimonianza coraggiosa, che giunge fino al martirio, offrono un’immagine concreta di quelle scelte che ogni discepolo è chiamato a fare. Il Regno di Dio si manifesta lì dove i discepoli di Gesù sono pronti a testimoniare con coraggio la loro fede in Dio senza temere le opposizioni, diventando segno di contraddizione, proprio come ha fatto Gesù: “Egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione” (Lc 2, 34). La presenza di Gesù non lascia indifferenti, suscita una reazione, impone a tutti di prendere posizione. In questa luce comprendiamo la seconda parte del versetto: “i violenti se ne impadroniscono”. Non possiamo far parte del Regno di Dio rimanendo in tribuna, la vita non è uno spettacolo da guardare ma un’esperienza da vivere, dobbiamo scendere in campo, accettare la sfida, Gesù invita i discepoli a portare la croce, con Lui e come Lui. Fino alla fine. Se manca questa disponibilità, che comporta una certa violenza contro se stessi, restiamo fuori. Ricordando il cammino faticoso che ha dovuto fare per entrare al Carmelo, Teresa di Lisieux scrive: “la chiamata Divina era così pressante che se avessi dovuto attraversare le fiamme l’avrei fatto per essere fedele a Gesù” (Ms A 49r). Oggi chiediamo la grazia di accogliere come un dono di Dio la fatica e le sofferenze della nostra vocazione.
Briciole di Vangelo
di don Silvio Longobardi
s.longobardi@puntofamiglia.net
“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.
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Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
1 risposta su “Non temere la fatica”
Grazie mi ha aiutato a comprendere la frase della violenza… Non era facile capire… Ottimo