Avvento

“Udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel grembo”

di Giovanna Abbagnara

Secondo appuntamento con il nostro viaggio nel mondo dei protagonisti del Natale per preparaci adeguatamente e come famiglia a quest’evento meraviglioso. Dopo Zaccaria ecco a voi quindi la testimonianza di Elisabetta.

II Settimana

Ecco che cosa ha fatto per me il Signore
Il brano: Lc 1, 23-25

Il personaggio: Elisabetta

Quando mi sono accorta di essere in attesa, mi sembrava di vivere un sogno. Non avrei mai potuto immaginare che il Signore, il Dio che tanto amavamo io e Zaccaria, il mio sposo, potesse alla nostra età rendere fecondo il nostro amore. Mi ero ormai rassegnata, non avremo mai sentito nella nostra casa il pianto e le grida gioiose di un bambino. I vicini e i parenti guardavano il mio grembo con compassione, con pietà. Tra la nostra gente la sterilità era ritenuta una vergogna, un disonore. Spesso io e Zaccaria ci guardavamo negli occhi e senza parlare i nostri sguardi si dicevano: “Un figlio avrebbe reso ancora più bello il nostro matrimonio!”. Non riuscivamo a capire il perché di quel castigo, eravamo giusti davanti a Dio e osservavamo irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore. Poi un giorno Zaccaria tornò a casa dal tempio muto, parlava a gesti, voleva comunicarmi qualcosa. Io non capivo. Dopo alcuni giorni, con nostra grande sorpresa mi accorsi di aspettare un bambino. Come era possibile, io alla mia età? Diventare madre: “Ecco che cosa ha fatto il Signore per me, nei giorni in cui si è degnato di togliere la mia vergogna fra gli uomini”. Per cinque mesi io e Zaccaria custodimmo questo immenso dono nel silenzio e nel nascondimento.  Quando ero circa al sesto mese, venne a trovarmi mia cugina Maria. Appena io ebbi “Udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel grembo”. Fui colma di Spirito Santo, che grande mistero stavamo vivendo: i nostri bambini si parlavano. Queste cose solo Dio può farle! Quando nacque Giovanni, nostro figlio, eravamo al colmo della gioia, anche la lingua di Zaccaria si sciolse e insieme innalzavamo a Dio, autore della vita, ogni lode e benedizione.

Il testimone: Antonietta Meo, detta Nennolina

La bimba nasce il 15 dicembre 1930 a Roma. Le fu dato il nome di Antonietta; Nennolina nacque

come vezzeggiativo. Il padre, Michele Meo, è impiegato presso la presidenza del Consiglio dei Ministri; la madre, Maria, si occupa della casa e dell’educazione dei figli.  Nennolina era una bambina che incantava, sia con il suo aspetto fisico e il suo candore infantile, sia con la sua maturità e capacità di riflessione. Tratti caratteristici della sua personalità erano: il senso dell’obbedienza, il senso del dovere, il sorriso, la gioia, il senso dell’umorismo. Era una bambina come tutte le altre, sorridente, gioiosa, piena di vita; solo chi le era più vicino intuiva in lei qualcosa di straordinario, la sua comunione con  Gesù si manifestò soprattutto nell’ultima fase della malattia. Se non avesse avuto dei doni particolari di grazia non avrebbe potuto mantenersi serena, senza lamentarsi mai, anzi aumentando spontaneamente le sue sofferenze per essere più vicina alle sofferenze di Gesù. Alla mamma dice: “Quando soffro, io penso subito a Gesù e allora non soffro più!  Per non soffrire, è tanto semplice: invece di pensare ai tuoi dolori, pensa a quelli di Gesù, che ha tanto sofferto per noi e vedrai che non sentirai più nulla”.




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