CORRISPONDENZA FAMILIARE
di don Silvio Longobardi
Mio figlio vittima di un bullo. Dove nasce questa violenza?
30 Novembre 2015
Bullismo. Quando un figlio è vittima della violenza, cosa posiamo dire? Cosa fare? Come comportarsi? Don Silvio risponde alla richiesta di aiuto di una mamma preoccupata.
Caro don Silvio,
ho bisogno di parlare con qualcuno e ti scrivo. Stamane, mentre ero a lavoro. mi chiama il preside della scuola frequentata da Davide (14 anni, ndr) e mi chiede di recarmi subito all’istituto. Quando sono arrivato ho trovato mio figlio con un occhio gonfio e altre ferite. Un coetaneo l’aveva riempito di pugni. Per un istante ho pensato di fare la stessa cosa ma non ne sono capace, allora ho cercato di capire il perché ed ho scoperto che tutto è nato a causa di una semplice spinta in palestra.
Mi chiedono come voglio procedere. Avrei potuto sporgere denuncia. Ma non ho voluto. Il ragazzo sarebbe stato espulso dalla scuola e avrebbe perso un anno. Ho voluto dargli un’altra possibilità. E tuttavia sono assalita dalle domande: dove nasce questa violenza? Avrò fatto la scelta giusta? Tante altre persone mi hanno chiesto di denunciare la cosa ma io penso che quel ragazzo ha bisogno di essere aiutato e non condannato. Ho voluto fargli capire che la violenza non risolve i problemi. Ho tanta amarezza ma anche tanta serenità. Mio figlio sta meglio e quel ragazzo ha capito il suo sbaglio ed ha chiesto scusa. Anche la mamma, in lacrime, mi ha ringraziato.
Alcuni giorni, a casa nostra abbiamo accolto le reliquie di Luigi e Zelia (la coppia di sposi, canonizzati in ottobre, ndr). Questa esperienza mi ha certamente aiutato. Quando male ci attacca, solo la preghiera può darci la forza di agire con amore. Sono convinta di aver fatto la scelta giusta ma non ti nascondo che sto male quando vedo mio figlio con i lividi. Quando sono i figli a soffrire, il dolore si moltiplica per due. Ho fatto bene, caro don? Ho saputo proteggere mio figlio?
Con affetto
Rosaria
Cara Rosaria,
hai fatto bene ad agire così, il Signore ti ha dato la luce per comprendere che il male non si vince con il male, come d’istinto noi vorremmo fare. È facile rispondere allo schiaffo dando un altro schiaffo. Ma a cosa serve? Solo a soddisfare il nostro istinto di vendetta. Prima di giudicare questi ragazzi, dobbiamo capire dove e da chi hanno attinto questa violenza, chi e cosa li spinge a reagire in questo modo. Inutile anche sporgere denuncia, finirebbe solo per irrigidire il protagonista di questo triste episodio. “Arrestate le idee, non solo i kamikaze”, titolava un quotidiano nazionale. Se non fermiamo le idee, altri verranno, tanti altri, a seminare terrore e morte.
Vale la stessa cosa per quello che è accaduto nella scuola di tuo figlio. Non serve una risposta violenta, non basta nemmeno una semplice sgridata. Occorre aprire un dialogo educativo, capire qual è la radice del male. Può essere utile anche una punizione educativa, cioè una serie di divieti che aiutano il ragazzo a comprendere il male commesso. Ma questo compito è affidato alla sua famiglia. La mamma, da quel che tu mi scrivi, si è mostrata addolorata per quanto ha compiuto il figlio e grata per la scelta che tu hai fatto. Tanto basta. Non devi chiedere di più.
Hai fatto bene a rinunciare alla denuncia ma ricorda che il perdono è un’altra cosa. Al ladrone pentito, Gesù dice: “Oggi stesso sarai con me in Paradiso”. Se vuoi testimoniare seriamente il Vangelo, devi invitare la famiglia di questo ragazzo a casa tua, devi compiere un gesto che suoni come un vero perdono e non solo come una rinuncia. Solo così il Vangelo diventa pane quotidiano e non una parola vuota, solo così puoi recitare il Padre nostro, anche quella parte in cui diciamo: “rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori”.
Non sempre il perdono risolve il conflitto ma non dobbiamo misurare il perdono dagli effetti che produce. Dio perdona sempre, anche quando sa bene che non siamo ancora veramente pentiti. Perdonare vuol dire seminare la speranza, manifestare la certezza che l’amore è più forte del male. Perdonare significa accendere una luce. Di questo pane ha bisogno oggi la società, di questo pane hanno bisogno i tuoi figli. Ti ringrazio per aver condiviso con me questo frammento della tua vita e ti chiedo di accogliere con fiducia questa parola che ti conferma nella fede e ti chiede di fare altri e più decisivi passi. Ti abbraccio con affetto e ti chiedo di dare una carezza anche ai tuoi figli.
Don Silvio
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