A Nole, bassa Canavese, in provincia di Torino, una bimba di 10 mesi è stata ritrovata annegata nella vasca da bagno. Secondo le prime informazioni, la madre prima ha strangolato la bambina e poi avrebbe tentato il suicidio utilizzando un coltello da cucina con il quale si è colpita al torace. Non sappiamo ancora i reali motivi che hanno spinto questa donna a gesti così efferati e crudeli nei confronti della figlia così piccola e indifesa. Non può esserci mai nessun motivo buono per comportamenti del genere. Senza dubbio possiamo rintracciare, in questo come in altri fatti simili, le tracce della disperazione.
Alle porte di un nuovo anno liturgico, mentre ci prepariamo come Chiesa a celebrare il grande Giubileo non possiamo non chiederci cosa c’entra la speranza con la nostra vita? Perché, se una persona non ha una speranza è una disperata. Dovremmo tutti chiederci: per quale motivo mi sveglio al mattino? Qual è la speranza che muove i miei passi? Qual è la speranza che ho nella mia vocazione? Nel mio lavoro? Nella Chiesa? In un’amicizia? Se io non ho una speranza significa che la mia vocazione, il mio lavoro, la chiesa, quell’amicizia sono il luogo della mia disperazione.
Il cristiano poi ha una responsabilità in più. La gente da noi si aspetta che viviamo da uomini e donne di speranza. E non basta rispondere semplicemente che la nostra speranza è Cristo. Può essere una risposta teologica corretta ma poco concreta. Dobbiamo vivere da persone di speranza e questo significa educare i propri desideri, attendere con pazienza, fidarsi di Dio. Essere felici anche quando una persona pensa di donare tutto a Dio e invece in un attimo le cade il mondo addosso, fa esperienza del suo silenzio e proprio in quel momento deve rinnovare l’alleanza con Lui.
Non è semplice fidarsi veramente. C’è sempre qualcosa che noi vogliamo trattenere per noi, c’è sempre un pensiero “Mi fido ma…”. Don Ernest Simoni è un sacerdote albanese che sotto il regime comunista, ha vissuto più di 28 anni in prigione, sottoposto ai lavori forzati e ad ogni genere di angherie. Era diventato sacerdote per fare qualcosa di buono per Dio e invece il suo sacerdozio per 28 anni si è dispiegato in un contesto di ostilità e violenze. Eppure, quando è stato finalmente liberato disse una frase meravigliosa: “Ho nel cuore una gratitudine immensa per come Dio mi ha amato”. Questa è la speranza.
Celebrare il Giubileo significa crescere nella fiducia. Chi non si fida passa la sua vita a difendersi contro se stesso e contro gli altri. La fiducia invece fa nascere la gratitudine e la coscienza che siamo amati. E questo basta per affrontare qualsiasi difficoltà.
Il Caffè sospeso...
aneddoti, riflessioni e storie di amore gratuito …quasi sempre nascoste.
Il caffè sospeso è un’antica usanza a Napoli. C’è chi dice che risale alla Seconda Guerra Mondiale per aiutare chi non poteva permettersi nemmeno un caffè al bar e c’è chi dice che nasce dalle dispute al bar tra chi dovesse pagare. Al di là delle origini, il caffè sospeso resta un gesto di gratuità. Nella nuova rubrica che apre l’anno 2024, vorrei raccontare storie o suggerire riflessioni sull’amore gratuito e disinteressato. Quello nascosto, feriale, quotidiano che nessuno racconta, che non conquisterà mai le prime pagine dei giornali ma è quell’amore che sorregge il mondo, che è capace di rivoluzionare la società dal di dentro. Buon caffè sospeso a tutti!
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Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
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