Di Federica, sposa e madre

“Volevo essere pura, ma non ci riuscivo per insicurezza. Poi accadde qualcosa…”

Oggi vi raccontiamo la storia di Federica, donna di trentaquattro anni, sposata e con figli. Quando era molto giovane, si sentiva fragile e insicura e, nel momento in cui ha iniziato a ricevere attenzioni dai ragazzi, non ha saputo custodirsi. La madre le parlava della castità, ma lei non riusciva a seguire quel valore. Poi è accaduto qualcosa, c’è stato un cambio di rotta… Lasciamo la parola direttamente a lei.

Mi chiamo Federica, ho trentaquattro anni, sono sposata da dieci e ho due splendidi maschietti.

Da ragazzina mi sentivo brutta: la Ugly Betty della mia classe. Alle elementari non pensavo troppo a queste cose, anche perché mi trovavo bene con i compagni, ma alle medie, avendo cambiato casa, ho cambiato anche scuola. Lì, nella mia nuova classe, ho iniziato a sentirmi un pesce fuor d’acqua. Decisamente in carne e piena di brufoli, mi sentivo inferiore alle altre, che invece ai miei occhi erano alte, belle, proporzionate, slanciate, ben vestite. Io non indossavo abiti alla moda, non avevo la parola sempre pronta, non ero guardata dai ragazzi, mentre le mie compagne venivano stuzzicate di continuo. 

In pratica, era come se non esistessi, tranne per poche (precisamente due) ragazze con difficoltà relazionali come me. 

Mi sentivo “lo scarto della classe”, la compagna che nessuno sceglie durante educazione motoria, quella a cui nessuno vuole sedersi vicino in autobus per andare in gita. Ero derisa più o meno velatamente da buona parte dei compagni e se non derisa almeno ignorata.

Ero brava a scuola, ma a nessuno importava della mia riflessività e del mio intuito, tranne ai professori. Si parla tanto di bullismo, oggi. L’isolamento sociale è l’altra faccia della medaglia di questa realtà. 

Probabilmente la colpa era anche mia (avrei potuto fare qualche passo in più per stringere amicizia), ma mi sentivo bloccata, perché ero nuova, spaesata, e avevo scarsa autostima. Non si augura a nessuno di sentirsi così.

Poi sono andata alle superiori e le cose sono un po’ migliorate. Lì ho ritrovato un amico d’infanzia, col quale ci eravamo davvero voluti bene da bambini e per me è stato bello. Ho conosciuto delle ragazze estroverse che hanno saputo cogliere la mia ironia (rimasta nascosta per tutti gli anni delle medie) e con le quali mi sentivo davvero accettata. 

Fisicamente, però, non mi sentivo ancora affatto carina. Me lo confermava il fatto che nessun ragazzo mi notava.

Una sera ricordo che alla tv c’era Miss Italia. Vedevo quelle ragazze perfette e pensavo: “Perché la natura non è stata generosa con me?”. D’un tratto, però, ho deciso che era ora di smetterla di fare la vittima, dovevo far qualcosa per migliorare il mio aspetto. Ho iniziato una dieta. In un anno e mezzo ho perso ventitré chili. Finalmente ero nel mio peso-forma. Allo specchio mi vedevo persino carina! I ragazzi, poi, avevano iniziato a guardarmi. Avevo quindici anni e se l’hanno precedente, al mare, nessuno aveva mai posato lo sguardo su di me (che pesavo oltre ottanta chili), adesso i ragazzi si giravano e qualcuno mi fischiava in segno di apprezzamento; alle feste c’era chi tentava un approccio, in vacanza qualche animatore mi chiedeva l’età… Insomma, il mio corpo era cambiato e, con lui, anche la percezione che gli altri avevano di me.

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Oggi, se ci penso, mi dico che è molto triste. È così triste che la nostra identità sia definita dal nostro peso, dal nostro aspetto fisico, però ai tempi mi sembrava solo una grande conquista essere finalmente vista dal mondo e volevo godermi questo nuovo aspetto.

Una volta, in discoteca, un ragazzo mi si è avvicinato. Era bellissimo. Alto, moro, capelli ricci, fisico da modello, occhi verdi, grandi, profondi. Sì: era interessato proprio a me, ha iniziato a chiedere il mio nome, di dove fossi, se ero fidanzata, che scuola frequentassi. E più mi guardava con quegli occhi, più mi scioglievo. Per me è stato un colpo di fulmine. Abbiamo iniziato a uscire insieme. Non avevo ancora sedici anni e lui aveva la mia stessa età.

Dopo un po’, ha iniziato a chiedere se volessi fare l’amore. Premetto che molte delle mie coetanee lo avevano già fatto, altre no, ma il punto è che io non riuscivo a resistergli. Finalmente qualcuno mi desiderava! E poi mi piaceva, tantissimo. E voleva me… solo me! Almeno così credevo. 

Mia madre mi aveva parlato della castità, venivo da una famiglia cattolica che mi aveva trasmesso il valore sacro del corpo. I miei genitori mi dicevano di aspettare mio marito per vivere il gesto più viscerale che esistesse. Mi dicevano: “A sedici anni non si è pronti per questo, vai a scuola, stai scoprendo te stessa, non sei ancora in grado di donarti a qualcuno in modo definitivo”.

La voce di mia madre, in particolare, mi martellava in testa, ma alla fine ha vinto l’istinto, ha vinto la passione, ha vinto la gioia di essere desiderata e mi sono concessa a quel ragazzo. Credevo fosse amore, pensavo fosse per sempre. E invece, poi, ho scoperto che mi tradiva. Aveva altre storie parallele. Mi sono sentita morire. Io gli avevo dato tutta me stessa! E lui aveva giocato con me… Ci siamo lasciati, o, forse, non siamo mai stati insieme davvero, ed è stato difficilissimo per me rimettermi in piedi. Ho iniziato a chiedermi se non avesse ragione mia madre: prima di donarmi a qualcun altro, avrei dovuto fare verità sulla relazione. C’era chi mi diceva che quel ragazzo era un farfallone, ma io non volevo ascoltare. La verità a volte non vogliamo vederla.

Poi, un giorno, un’amica cristiana mi ha invitato a un incontro sul tema dell’amore umano. Ho detto di sì. E lì, una coppia, sposata e con figli, mi ha letteralmente conquistata. Loro parlavano di attesa, della castità come la “prova del nove”. “Nella capacità di resistere ai suoi impulsi vedi la virilità di uomo. Se sceglie te, prima del sesso, allora ti ama… Non è facile la castità prematrimoniale, ma è una palestra per la vita in due. Il matrimonio è tutt’altro che semplice, da quella privazione capisci se siete in grado di affrontare le prove insieme!”.

Mi convinsero. Poco dopo conobbi il mio attuale marito che accettò il percorso della castità e fu anche più forte di me, in tante situazioni. Capii che un vero uomo non è quello che non sa resisterti, che preme per avere incontri intimi con me, il vero uomo è quello che per te sa aspettare, perché vuole vedere l’amore maturare.Oggi, tornando indietro, non darei tutta me stessa a quel ragazzo, ma so che l’errore mi ha permesso di vivere un fidanzamento bellissimo con l’uomo che oggi è padre dei miei figli. A loro voglio insegnare che custodirsi non è una prigione, anzi, ci libera. Da false promesse, in primis. Io non mi amavo e non amavo quel ragazzo, cercavo solo attenzioni, cercavo qualcuno che colmasse il mio vuoto, scavato negli anni in cui mi ero sentita una nullità. Ho capito che ha proprio ragione Nicoletta Musso Oreglia: “Chi si ama si dona, chi non si ama si svende”.




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