Non so se tutti ricordano la storia accaduta a Paceco, un paesino in provincia di Trapani, qualche tempo fa. Un contadino, mentre si recava a lavorare la sua terra, ha sentito prima un vagito, poi un pianto e infine ha trovato un neonato avvolto in una busta di plastica e abbandonato lungo una stradina sterrata di campagna che porta al suo terreno.
L’ha tirato allora fuori dalla busta, l’ha stretto a sé e ha chiamato i carabinieri. I militari sono intervenuti in pochissimi minuti, hanno portato il bambino in ospedale, a Trapani. I medici l’hanno trovato in buone condizioni. Hanno deciso di chiamare il neonato Francesco Alberto.
Francesco Alberto è stato forte, e una serie di circostanze lo hanno salvato dalla morte ma quanti vagiti vengono soffocati, quanti bambini, soprattutto con disabilità, vengono fatti nascere e poi abbandonati su un tavolino in attesa che il loro lamento si silenzi negli aborti terapeutici?
Noi stiamo collaborando alla crescita di una cultura che nei prossimi decenni silenzierà i vagiti dei neonati. Abbiamo uno Stato provvido nel tutelare ad ogni costo la possibilità e la libertà della donna di abortire ma non altrettanto pronto a sostenere la libertà delle donne di scegliere di accogliere la vita nonostante un forte disagio psicologico, economico,
Siamo di fronte ad un’umanità che non sa più amare, che non sa più riconoscere il mistero della vita. Per accoglierlo è necessario passare dal mutismo culturale e ideologico al silenzio interiore; imparare ad ascoltare quel sentimento che si prova nei momenti di autocoscienza profonda, quando l’uomo si immerge in sé stesso fino a percepire la straordinaria unicità del suo essere “io”, e ad avvertire immediatamente dopo che quell’io è un essere ricevuto. Un dono.
Chi ci prepara e ci educa a questo silenzio generativo di vita? In una società che mette tutti in corsa a spartirsi o contendersi le mete individuali, compare l’immagine sottintesa che un bambino è una fatica, un intralcio, un peso, un limite, un costo. Non ti prende solo la fatica fisica, ti prende il pensiero. È una spugna che ti assorbe la vita, ti sposta gli equilibri. Chi ha tempo per questo, mentre la vita incalza?
È sorprendente che nelle ricerche demoscopiche, alla domanda “perché senza figli” la risposta statisticamente più alta sia quella “per mancanza di tempo”. Il figlio è ciò che ti ruba il tempo. Nei Paesi anglosassoni è comparsa la sigla della coppia “DINK”, cioè “dual income no kids” (due redditi, nessun figlio); si è coniato persino il neologismo “childfree”, cioè non la mancanza di figli, ma la scelta di non volerli, di restarne “liberi”.
Noi invece dobbiamo essere tra quelli che perdono tempo, che nel silenzio percepiscono il mistero della propria vita e si dispiegano ad accoglierla o a favorire la sua accoglienza. L’indifferenza a questo compito, che a mio avviso è una delle missioni primarie della società e della Chiesa tutta, è un mutismo insopportabile. Abbiamo il compito di trasmettere al mondo le parole che generano vita.
Il Caffè sospeso...
aneddoti, riflessioni e storie di amore gratuito …quasi sempre nascoste.
Il caffè sospeso è un’antica usanza a Napoli. C’è chi dice che risale alla Seconda Guerra Mondiale per aiutare chi non poteva permettersi nemmeno un caffè al bar e c’è chi dice che nasce dalle dispute al bar tra chi dovesse pagare. Al di là delle origini, il caffè sospeso resta un gesto di gratuità. Nella nuova rubrica che apre l’anno 2024, vorrei raccontare storie o suggerire riflessioni sull’amore gratuito e disinteressato. Quello nascosto, feriale, quotidiano che nessuno racconta, che non conquisterà mai le prime pagine dei giornali ma è quell’amore che sorregge il mondo, che è capace di rivoluzionare la società dal di dentro. Buon caffè sospeso a tutti!
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stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
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