STORIE DI VITA
Ero ateo, sono sacerdote: mia madre pregava che trovassi la felicità
Di Sant’Agostino ce ne è uno, di Santa Monica pure, tuttavia, tante sono le storie di famiglie in cui una madre prega per la vera felicità del figlio e questo, dapprima lontano dal Signore, gli si avvicina e, poi, si converte. In alcuni casi questa conversione porta persino a donare tutta la vita a Dio, come è successo a don Ivan…
Oggi vi racconto la storia di don Ivan, un sacerdote sui sessanta, la cui mamma è ancora viva, anche se non gode di ottima salute e, spesso, ha bisogno di assistenza.
Uomo dall’animo acceso e appassionato, questo presbitero ricorda con gratitudine l’amore paziente con cui la madre ha pregato per la sua felicità e ha tentato, con delicatezza, di ricondurlo a Gesù, rifiutato da lui con tanta decisione, soprattutto nell’adolescenza. Don Ivan ha scelto di allontanarsi fin da bambino. Mentre gli altri al catechismo stavano attenti o, comunque, non manifestavano particolare contrarietà, lui si chiedeva perché dovesse stare lì, invece di giocare a pallone,
“Facevo la prima elementare – racconta – e già esternavo il mio disappunto sulla Messa. La definivo ‘una pizza’ e non volevo andarci. Divenuto un po’ più grande, quando ormai potevo uscire da solo, facevo di tutto per ‘andarci’ in orari diversi da quello della famiglia. Le virgolette su ‘andarci’ non sono a caso, perché sì, dicevo che ci andavo… – ammette – Poi però entravo, facevo il segno della croce (salutare era comunque buona educazione) e poi scappavo”.
Fa una pausa nel suo racconto, poi riprende: “Quando mamma ha scoperto il mio giochetto, ha preso atto che ero ‘discolo’ e non mi ha imposto di andare. Ha iniziato a pregare più intensamente per me… Perché non mi perdessi, perché fossi felice, ma davvero. Quanto ha pregato, povera mamma!”, dice con un mezzo sorriso.
Dei quattro fratelli, lui era il più ribelle e non nasconde di aver dato delle preoccupazioni a casa.
Non era cattivo, anzi. Amava la giustizia e si batteva per il bene, ma se ci fosse stato da difendere qualcuno, non si sarebbe fatto problemi ad arrivare alle mani. “Avevo un carattere impetuoso, che, comunque, mi è rimasto… – dice – Tranquilli, però: oggi non picchio nessuno…”.
I genitori erano spesso sfiancati dalle sue alzate d’ingegno e si sentivano quasi impotenti davanti ai suoi “moti”, ai suoi impeti.
Leggi anche: Lo Spirito Santo “non resiste” alla preghiera: noi preghiamo, Lui viene. Parola del Papa
Non hanno mai smesso, in quella fase di crescita, di amarlo e correggerlo allo stesso tempo. “Come fa ogni buon padre, come fa ogni buona madre, come fa Dio”, spiega.
“Poi, a diciannove anni, ricordo che sentivo un’irrequietudine difficile da spiegare, benedetta l’irrequietudine dei giovani! Non capivo che senso avesse la mia vita, che direzione dovessi prendere, non sapevo cosa dovessi fare con le mie energie. Ed ero tormentato. Nella mia coscienza sentivo come un tarlo, c’era come un topino che a poco a poco corrodeva le pareti del mio cuore. Chi ero? Per chi era la mia vita? Queste domande, unite ai sensi di colpa perché avvertivo di sprecare la vita, mi corrodevano. Goccia dopo goccia. Oggi riconosco in quei grovigli dell’anima il luogo in cui Dio mi è venuto a cercare, a chiamare…”. E quasi si commuove, mentre ripensa agli arbori della sua vocazione.
Ricorda quando ha iniziato a lasciare aperta una piccola porta a Gesù, quando ha ripreso tra le mani un vangelo impolverato, quando ha iniziato a chiedersi sul serio: “E se la risposta fosse Cristo davvero?”.
Ebbene, sì, la risposta era Lui.
Chi l’avrebbe detto? Proprio un giovane ribelle, annoiato dalla Chiesa, anticlericale, amante della giustizia “fatta da sé”, è diventato umile servitore nella vigna, testimone di quel Regno di Dio che solo i miti e gli operatori di pace erediteranno.
Non è cambiato il suo fuoco interiore, però è stato incanalato e messo al servizio della Parola. Don Ivan è un innamorato di Gesù, del suo Vangelo, in Lui vede il modello di uomo da imitare. Nella Madonna, dolce madre, riconosce la porta per accedere alla pienezza della vita.
Ha trascorso il suo ministero al servizio dei giovani, a lui tanto cari, delle famiglie, in particolare delle coppie e non si stanca di ricordare a tutti il grande potere della preghiera. “Se sono qui, a rompervi le scatole, è perché mia madre ha rotto le scatole a Dio!”.
Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia
Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
Lascia un commento