Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 2,13-22)
Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.
Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!».
I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Il commento
“Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme” (2,13). Il Tempio era il luogo santo, quello in cui ogni giorno il popolo manifestava e rinnovava la sua alleanza con Dio mediante i sacrifici. Quando fu consacrato il primo Tempio, il re Salomone aveva presentato questa preghiera audace: “Siano aperti i tuoi occhi notte e giorno verso questa casa” (1Re 8,29). Gerusalemme e il Tempio erano una cosa sola. E difatti l’evangelista dice che quando Gesù sale a Gerusalemme (stando alla narrazione di Giovanni è il primo viaggio nella Città Santa) subito entra nel Tempio (2, 13-14). Quello che vede ferisce il suo cuore e lo spinge a reagire con decisione: “Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio” (2,15). È Lui stesso a spiegare perché interviene con tanta veemenza: “non fate della casa del Padre mio un mercato!” (2,16). Non si presenta come un profeta ma come il Figlio che rivendica con autorità i diritti di Dio, calpestati con eccessiva superficialità da una religiosità più attenta a promuovere i profitti di alcuni che a custodire la santità di tutti.
La festa liturgica richiama la Basilica del Laterano, la più antica e importante chiesa dell’Occidente, “mater et caput di tutte le chiese di Roma e del mondo”. Essendo stata consacrata nel 324, vanta 1.700 anni di storia. Una chiesa dal valore storico e artistico inestimabile. E tuttavia, resta pur sempre un edificio costruito da mani d’uomo e, come tutte le realtà terrene, è destinato a perire. È bene perciò ricordare che con il termine chiesa facciamo riferimento sia all’edificio che alla comunità dei credenti. L’edificio non nasce come espressione del desiderio artistico ma come luogo in cui si raduna la comunità dei battezzati per lodare Dio. Se manca una comunità credente, anche la chiesa più bella perde il suo valore e diventa solo memoria di un passato luminoso. Abbiamo bisogno di una comunità credente, cioè una comunità di battezzati che hanno coscienza di essere il tempio vivo di Dio. È questa l’intenzione che oggi portiamo nella preghiera.
Briciole di Vangelo
di don Silvio Longobardi
s.longobardi@puntofamiglia.net
“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.
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