CORRISPONDENZA FAMILIARE

Nella liturgia non c’è spazio per gli sposi

21 Ottobre 2024

Nella liturgia non c’è spazio per la famiglia o, se volete, c’è uno spazio assai risicato rispetto alla missione che il Magistero ecclesiale affida agli sposi. Secondo un’antica sentenza medievale lex orandi e lex credendi sono due facce della stessa medaglia. In altre parole la preghiera della Chiesa traduce fedelmente il contenuto della fede. E invece… tra la teologia e la liturgia c’è un’evidente sproporzione. Un articolo non è un trattato, può solo lanciare alcune provocazioni.

Dal punto di vista squisitamente teologico è scontato parlare dell’universale chiamata alla santità. Il Vaticano II, infatti, superando steccati storici e pregiudizi culturali, ha ribadito invece che la chiamata alla santità riguarda tutti i cristiani, indipendentemente dal loro stato vocazionale: “Tutti i fedeli, di ogni stato e condizione sono chiamati dal Signore, ognuno per la sua via, a quella perfezione di santità di cui è perfetto il Padre celeste” (Lumen Gentium, 11). Per stare al magistero più recente, nella Novo millennio ineunte (2001) Giovanni Paolo II scrive: “Chiedere a un catecumeno: «Vuoi ricevere il Battesimo?» significa al tempo stesso chiedergli: «Vuoi diventare santo?»” (Novo millennio ineunte, 31). 

Papa Francesco ha pubblicato una specifica Esortazione Apostolica sulla “chiamata alla santità nel mondo contemporaneo”: Gaudete et exsultate (2016). In essa scrive che Dio “ci vuole santi e non si aspetta che ci accontentiamo di un’esistenza mediocre, annacquata, inconsistente” (GE 1). Non parla soltanto della santità che ammiriamo nei grandi testimoni della fede ma anche della santità ordinaria, quella che possiamo vedere “nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere”. Questa, commenta il Papa, è la “santità della Chiesa militante”, quella “della porta accanto” (Gaudete, 7). 

Se vogliamo passare dalla generica affermazione che chiama in causa tutti i battezzati a quella che specificamente riguarda gli sposi, la musica non cambia. Anzi, diventa ancora più esplicita. Nel Vaticano II, infatti, leggiamo che 

“i coniugi cristiani sono corroborati e come consacrati da uno speciale sacramento per i doveri e la dignità del loro stato. Ed essi, compiendo in forza di tale sacramento il loro dovere coniugale e familiare, penetrati dallo spirito di Cristo, per mezzo del quale tutta la loro vita è pervasa di fede, speranza e carità, tendono a raggiungere sempre più la propria perfezione e la mutua santificazione, e perciò insieme partecipano alla glorificazione di Dio” (Gaudium et spes, 48). 

Il testo conciliare sottolinea “i doveri e la dignità” del matrimonio; e ricorda che il Padre celeste dona agli sposi tutte le grazie necessarie per farsi santi insieme, diventando l’uno aiuto e sostegno per l’altro. Anche la Lumen gentium, altro documento del Concilio, afferma che i coniugi “si aiutano a vicenda per raggiungere la santità nella vita coniugale nell’accettazione e nell’educazione della prole”; ed esalta il ministero educativo dei genitori chiamati ad “essere per i loro figli, con la parola e con l’esempio, i primi annunciatori della fede” (Lumen gentium, 11). I testi del Vaticano II rappresentano la fonte più autorevole del magistero. 

La povertà liturgica

Se dalla luminosa teologia passiamo alla liturgia è facile constatare che la luce perde la sua intensità, fino ad essere totalmente spenta. C’è uno scarto innegabile. In questa mia riflessione mi limito al Messale Romano che usiamo tutti i giorni per la celebrazione eucaristica. Analoghe argomentazioni potrebbero essere fatte per la Liturgia delle ore

Se passiamo in rassegna il calendario liturgico dei santi, scopriamo che gli sposi sono assenti, a parte ovviamente i santi biblici: Maria e Giuseppe, Gioacchino ed Anna. La memoria liturgica di altri santi biblici – Abramo e Sara (9 ottobre), Zaccaria ed Elisabetta (23 settembre), Aquila e Priscilla (8 luglio) – non è affatto conosciuta. Provare per credere. Unica eccezione, se non vado errato è quella di Monica di Tagaste, madre di sant’Agostino (27 agosto). È l’unica santa che viene ufficialmente presentata come sposa e madre. 

La scarsità dei santi sposi nel santorale liturgico potrebbe far pensare che la bimillenaria storia della Chiesa non abbia prodotto testimonianze esemplari di santi coniugi da offrire alla memoria dei fedeli. Non è così, ovviamente ma… prendiamo atto che questa ricca storia di santità – che ha suscitato figure eccellenti – non ha ancora trovato spazio nella liturgia. 

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La cosa ancora più triste, dal punto di vista teologico, è la rimozione della veste coniugale di alcuni santi. Mi spiego, il Messale presenta così alcune figure: 

santa Brigida, religiosa; 
san Paolino, vescovo; 
santa Giovanna di Chantal, religiosa; 
santa Francesca Romana, religiosa.  

Chi non conosce la vicenda storica di questi santi, ha diritto di pensare che si tratta di persone che hanno fatto della consacrazione religiosa il punto fermo del loro pellegrinaggio terreno. E invece, si tratta di battezzati che, prima di abbracciare la vita religiosa, hanno accolto e vissuto santamente la vocazione al matrimonio. 

Accanto alla rimozione, vi è poi lo scandalo degli sposi canonizzati recentemente che ancora non hanno trovato spazio nel Messale. Mi limito a due esempi. Gianna Beretta Molla, sposa e madre, è stata canonizzata nel 2004. La sua è una vicenda esemplare ed eroica che ha commosso tanti ed ha suggerito a molte altre mamme di custodire il frutto del grembo, anche a costo della vita. La memoria liturgica è fissata al 28 aprile, giorno del dies natalis ma sul Messale non c’è traccia. E mi riferisco alla nuova edizione del Messale, pubblicata nel 2021.

La medesima sorte toccata a Luigi e Zelia Martin, canonizzati nel 2015. La loro vicenda è ancora più emblematica perché è la prima coppia dei tempi moderni di cui la Chiesa ha riconosciuto la santità. Una storia come questa dovrebbe essere proposta a tutti i fedeli per incoraggiare gli sposi a fare del matrimonio un cammino di santificazione. E invece… i santi coniugi Martin restano nascosti dal punto di vista liturgico. Non si tratta solo di una dimenticanza ma di una vera e propria chiusura che denota una scarsa sensibilità nei confronti della famiglia e manifesta quanto cammino dobbiamo ancora fare prima di dare agli sposi pieno diritto di cittadinanza ecclesiale. 

Ad essere onesti dobbiamo riconoscere che la nuova edizione del Rito del matrimonio (2004) prevede una breve litania dei santi e chiama in causa proprio i santi sposati:

Santi Zaccaria ed Elisabetta, 
San Giovanni Battista,
Santi Aquila e Priscilla
Santi Mario e Marta
Santa Monica
San Paolino
Santa Brigida
Santa Rita
Santa Francesca Romana
San Tommaso moro
Santa Giovanna Beretta Molla

Questione coniugale

Un passo in avanti ma non basta. Si parla tanto, e giustamente, di una questione femminile nella Chiesa ma… non ho mai sentito parlare di una questione coniugale. Eppure questo capitolo non è meno urgente, se pensiamo che l’attuale cultura tende a deformare la grammatica della famiglia e a svalutare il ruolo che può avere nella società. 

Nel Vangelo leggiamo che non “si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa” (Matteo, 5,15). Se prendiamo sul serio questa parola, è compito di tutti accendere la luce della santità coniugale e farla risplendere in tutti gli ambiti della vita ecclesiale. 




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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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