CORRISPONDENZA FAMILIARE

Come si arriva al giorno delle nozze. La parola agli sposi

30 Settembre 2024

Foto: DoppioScatto Fotografie

Ho chiesto a Marco e Serena, una coppia che da poco ha celebrato le nozze, di raccontare come si sono preparati e come hanno vissuto la celebrazione nuziale. Raccontare è facile, raccontarsi è sempre complicato. In prima battuta mi hanno risposto che non sapevano cosa dire, poi… hanno scritto questa testimonianza che descrive con realismo l’esperienza che hanno vissuto. Una fotografia carica di emozioni e di fede.

Il cammino che conduce due giovani alle nozze, dal primo incontro fino al sì decisivo, è tappezzato di eventi, si presenta a volte tortuoso come quei sentieri di montagna che nascondono la vetta. Quanti stop and go prima di maturare la consapevolezza di iniziare la grande avventura. Quanti slanci e ripensamenti! Se non ci fossero certezze non si potrebbe andare avanti ma… senza domande e dubbi quelle certezze rischiano di diventare comode illusioni.

E quando si arriva in prossimità delle nozze il contrasto dei sentimenti diventa ancora più intenso, quanto più si percepisce la responsabilità e la definitività della scelta tanto più crescono i timori e le inquietudini. Difficile entrare in questo labirinto. Anche i protagonisti fanno fatica a capire quel che si muove dentro di loro, non riescono a mette ordine nei pensieri, i sentimenti sono come nuvole portate dal vento…

Ho chiesto a Marco e Serena, una coppia che da poco ha celebrato le nozze, di raccontare come si sono preparati e come hanno vissuto la celebrazione nuziale. Raccontare è facile, raccontarsi è sempre complicato. In prima battuta mi hanno risposto che non sapevano cosa dire, poi… hanno scritto questa testimonianza che descrive con realismo l’esperienza che hanno vissuto. Una fotografia carica di emozioni e di fede.

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«Le settimane che precedono il matrimonio sono assolutamente le più caotiche e cruciali. Aspettavamo da così tanto tempo questo momento, che come accade per la maggior parte dei traguardi, non sapevamo più cosa provare. C’era tanta paura che qualcosa andasse storto, che degli invitati non venissero all’ultimo minuto, che sbagliassimo le parole al momento dello scambio delle promesse. Le emozioni positive avevano lasciato il posto alle paure.

Per Marco sono state ancora più difficili perché è stato avvolto da una sorta di “apatia”: il lavoro gli era diventato insopportabile, niente riusciva a farlo emergere dalla paralisi emotiva in cui era immerso, non riusciva a comunicarmi nulla. Una sera gli ho chiesto: “se ci hai ripensato dimmelo ora, dimmelo perché posso capirti… però ho bisogno che tu ti apra a me in qualche modo”. Così abbiamo iniziato a parlare, mi ha confidato quanto percepisse come fallimento il fatto di non riuscire più ad affrontare il lavoro con lo stesso slancio, che nonostante i tentativi non riusciva più a pregare. Più ci provava e più sentiva calare il silenzio.

Ci siamo resi conto che prima del matrimonio abbiamo sperimentato il deserto. È stata un’esperienza dolorosa e feconda. Ho iniziato a capire che tutte volte che veniamo condotti nel deserto, attraverso eventi che non abbiamo messo in conto o in forza di situazioni che mettono in crisi la vita ordinaria, possiamo fare esperienza di Dio: questo tempo imprevisto e indesiderato può essere riempito dal silenzio di Dio ma può anche essere inquinato dalle tentazioni del maligno. Ho pensato a Samuele, a come Dio lo aveva chiamato più volte durante la notte ma gli ha consegnato parole solo quando lui si è mostrato pronto a riconoscerlo e ascoltare.

Ho chiesto a Marco di riflettere sulla possibilità che Dio stesse cercando di incontrarci sulla soglia di questa nuova vita e per farlo, ancora una volta, seppur smarriti, dovevamo solo continuare a cercarlo e fidarci.

Ho parlato di queste sensazioni ad un’amica che mi ha risposto: “Vedrai che tutte queste emozioni contrastanti spariranno quando lo vedrai sulla soglia della Chiesa. Non è buono però che siate soli e smarriti, continuate ad affidarvi e a pregare”.

Sono arrivate così le ultime ore prima del matrimonio, io travolta dall’uragano di agitazione, Marco preso dall’entusiasmo di amici e parenti. Ancora una volta eravamo trepidanti ma distratti.

La mattina del giorno nuziale mi sono svegliata, mi sono seduta e con calma ho affidato a Maria la giornata. Avevamo scelto di sposarci il 12 settembre proprio in onore della Vergine. Lei mi ha prontamente sostenuta al punto di farmi tranquilla e felice. Ho vissuto momenti meravigliosi e pieni di attesa quelli che hanno preceduto l’arrivo in Chiesa. Durante il tragitto in auto pregavo, chiedevo a Dio di custodire ogni singolo momento di attesa.

Quando sono arrivata Marco era lì, meraviglioso, emozionato, pieno d’amore. Il Don mi ha presa per mano e ho capito che finalmente eravamo al sicuro. La chiesa era gremita di gente che ci ha aiutato, sostenuto, affrontato viaggi e sacrifici per essere con noi. Una comunità profondamente eterogenea, credenti e non, siamo rimasti sorpresi dalla commozione e dall’affetto che ci hanno mostrato.

Durante la celebrazione ci siamo resi conto di vedere di nuovo con lucidità: il tempo aveva rallentato, abbiamo gustato e custodito ogni canto e ogni parola. La Messa è stata come una barca che ci ha condotto sull’altra riva, quella dove si inizia a camminare più spediti ma sempre insieme.

Al momento dell’invocazione allo Spirito abbiamo sentito l’assemblea avvolgerci, Don Silvio custodirci e lo Spirito scendere su di noi con delicatezza e potenza. È incredibile quanto poi tutti i passi successivi siano stati naturali e spontanei: ogni promessa, ogni impegno, rivestiti di una nuova luce.

Dopo la celebrazione nuziale siamo usciti dalla chiesa ed è iniziata la festa…ci siamo accorti che le ore successive sono volate in un turbine di foto, brindisi, abbracci, musica e risate. Tutto stupendo ma… ripensando all’evento, nei giorni successivi, abbiamo percepito con chiarezza che senza la celebrazione nuziale, senza quel Dio che ci ha sigillato per sempre nell’amore, tutto si riduce ad una festa con parenti e amici, uno spazio di sincera allegria in cui ci impegniamo a stare insieme e poi, il giorno dopo, si ritorna alla routine, agli impegni e alle fatiche che appesantiscono il vivere comune e… un semplice “basta” è sufficiente a riportare indietro le lancette e il noi cede il passo dinanzi all’invadenza dell’io.

Mai come adesso abbiamo capito quanto sia necessario e controcorrente vivere l’amore non come un dato acquisito ma come una sfida quotidiana. È incredibile notare che i gesti più semplici ora siano pieni di significato e di amore… Oggi mi sento chiamata ad accogliere il mio sposo come il tesoro più prezioso che mi sia mai stato affidato e ci sentiamo, entrambi, responsabili più della promessa di fedeltà ricevuta che di quella che fatta. Oggi posso dire che la salvezza del mio sposo mi sta a cuore più di ogni mio desiderio.

Sappiamo benissimo di avere solo un granellino di fede e mille fragilità, ci lasciamo facilmente travolgere dalla stanchezza, ma forse due piccoli granellini insieme, accolti da un terreno buono e irrigati dall’acqua della grazia di Dio, possono produrre dei piccoli frutti che profumano di eternità.»

Marco & Serena




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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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