GESÙ E LE DONNE

Marta e Maria: le sorelle del Vangelo, amiche di Gesù. Tu a chi somigli di più?

Crispijn van de Passe Christus in het huis van Marta en Maria, (particolare), 1574 - 1637, Rijksmuseum - Amsterdam

Maria e Marta, descritte nei Vangeli, sono molto diverse. Una è mite, l’altra decisa e un po’ impaziente. Una è contemplativa e fa silenzio, l’altra è pratica, sempre in azione. Una, nel dolore, si chiude in sé stessa; l’altra, invece, si arrabbia e inveisce. Entrambe, però, hanno fede nell’unico Signore. Entrambe gli vogliono bene e si lasciano toccare il cuore… e tu, a chi somigli di più?

Oggi, ritornando sul discorso del rapporto tra Gesù e le donne, vorrei parlare di due figure che lo hanno accompagnato nella sua missione, con affetto, con i loro pregi e difetti: Marta e Maria, due sorelle, che insieme al fratello Lazzaro, seguivano e amavano quel Maestro divenuto loro amico.

Maria e Marta sono molto diverse. Come tante sorelle. Una è la notte, l’altra il giorno. 

Una è mite e delicata, l’altra decisa, laboriosa, un po’ impaziente. Una è contemplativa e fa silenzio, l’altra è pratica, sempre in azione. Una nel dolore, si chiude in sé stessa; l’altra, invece, si arrabbia e inveisce. Entrambe, però, hanno fede nell’unico Signore. Entrambe gli vogliono bene e si lasciano toccare il cuore.

Un primo insegnamento che il Vangelo ci offre, attraverso queste due donne, è che non c’è un carattere migliore o peggiore per legare con Gesù: lui, come un vero amico, sa entrare in sintonia proprio con noi, così come siamo. 

Se sei timida e riservata, se sei docile e introspettiva, forse assomigli più a Maria, se sei frettolosa, agitata per tutto quello che devi fare, sempre in ansia per il domani allora sei più come Marta. La buona notizia (e poi, se ci pensiamo, “Vangelo” significa proprio questo) è che Gesù sa come trattare proprio con te.

Prendiamo un episodio del Vangelo di Giovanni in cui emerge in modo molto chiaro la differenza tra Marta e Maria e la capacità di Gesù di relazionarsi con entrambe.   

È appena morto Lazzaro, loro amato fratello. Un dolore straziante. Perdere una persona cara fa male, anche se si ha fede. Marta e Maria lo sperimentano. Provano il vuoto, sentono che nella loro vita è sceso il buio.

Hanno, però, un amico, che: da quando lo hanno conosciuto ha iniziato a fare la differenza nella loro storia personale: Gesù

È a lui che pensano, quando il fratello si ammala, e lo vanno a chiamare (Gv 11,3). Credono che Gesù possa fare qualcosa per Lazzaro: lo hanno visto operare molti miracoli. 

Eppure, Gesù tarda… ma come? Si fa attendere proprio da loro? Loro che sono amiche così intime? Perché un trattamento così irriguardoso?

In realtà, il Signore sta saggiando la loro fede, la sta portando a maturare. E vuole che la loro amicizia diventi ancora più autentica, solida

Lazzaro, però, nel frattempo, muore. E proprio in quel momento, quando umanamente non c’è più nulla da fare, Gesù si incammina.

L’attesa causa, però, nelle due sorelle reazioni diverse: una delle due, Marta, si arrabbia. 

Leggi anche: “Sesso senza amore? La cosa più triste che ho provato”: la testimonianza di Giulia (puntofamiglia.net)

È delusa, sgomenta. Come può il Signore abbandonare la loro famiglia proprio nel momento di maggior bisogno? E così, quando sa che Gesù è sulla strada per raggiungerle, gli va incontro per gettargli addosso tutto il suo risentimento: “Marta, dunque, come seppe che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: ‘Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!’” (Gv 11, 20-21). Poi, la semplice presenza di Gesù sembra rassicurarla, calmarla. Inizia a cambiare qualcosa nel suo cuore, appena lo vede. Infatti, quando ce lo ha finalmente davanti, può aggiungere, col cuore palpitante di una speranza che prima non c’era: “Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, egli te la concederà” (Gv 11,22).

Marta ci insegna ad andare davanti a Gesù con i nostri sentimenti, con i pensieri negativi, con i nostri diritti lesi, con le aspettative deluse

Quante volte, quando ci mettiamo in ginocchio davanti al tabernacolo (dove troviamo proprio Gesù vivo e con un cuore pulsante) sperimentiamo, pur non avendo risolto ancora i problemi che ci angosciano, quella pace profonda, che ci fa riconoscere la presenza di Dio nella nostra vita e che, finalmente, ci fa dire: “Però tu puoi tutto, mi fido”?

Marta è burrascosa, ma umile. E lascia che la luce passi, che penetri il suo buio.

Lascia che Gesù parli e le dica: “Tuo fratello risorgerà” e ancora: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà”.

Maria, invece, nel lutto e nell’attesa del Salvatore si chiude. Si isola. Si nasconde nella sua stanza. Il Vangelo ci dice che, dopo il bellissimo dialogo avvenuto tra Marta e Gesù, il Signore si accorge che manca l’altra: “Dopo queste parole (Marta) se ne andò a chiamare di nascosto Maria, sua sorella, dicendo: ‘Il Maestro è qui e ti chiama’”.

Maria è più mansueta e introversa. Non ha neppure le forze, appesantita dal dolore, di uscire dalla camera da sola. Ha bisogno che Gesù faccia il primo passo. 

Se Marta aspettava il Signore in piedi, per strada, arrabbiata e impettita, anzi, gli è corsa letteralmente incontro, solo per dirgli quanto fosse arrabbiata, Maria è sopraffatta, schiacciata, debole. Ha bisogno di essere sollevata. E Gesù la chiama, la solleva. Anche Maria, però, manifesta umiltà. Non a parole, ma accettando la chiamata di Gesù a raggiungerlo. Poteva rimanere lì, Maria, offesa e debole. E invece no: sapendolo arrivato esce, accetta di cercare in lui conforto (Gv 11, 29).

Questo passo del Vangelo mostra che il Signore non biasima né elogia nessuna delle due. Le accetta così come sono e con ognuna parla, si confronta, si relaziona secondo il loro modo di essere. 

Due sorelle, due personalità, due mondi. 

Eppure, entrambe accumunate dalla fede e dall’umiltà. Entrambe amiche di Gesù. 

Per questo possono assistere al miracolo più grande che il Messia avesse fatto fino ad allora: la resurrezione del fratello, morto e sepolto da quattro giorni. 

Questa storia ci insegna che non c’è cosa più preziosa nella vita che avere Gesù da chiamare o accogliere quando nella vita si perde la bussola, il senso, la strada. Non c’è grazia più grande, a prescindere dal nostro carattere, che far spazio a Colui che è allo stesso tempo via, verità e vita.




Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia

Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).

CONTINUA A LEGGERE



Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.

ANNUNCIO

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Per commentare bisogna accettare l'informativa sulla privacy.