CORRISPONDENZA FAMILIARE

La scienza imperfetta. La storia di Chiara

16 Settembre 2024

Chiara e Delfina

Ogni figlio ha il volto di Dio, ogni bambino che nasce è un invito ad amare. Tanto più quei bambini che portano nella loro carne i segni della disabilità. La loro presenza ci insegna che l’amore autentico passa per i sentieri della gratuità, la tenerezza con cui ci prendiamo cura di loro è il segno che abbiamo imparato ad offrire tutto senza attendere alcuna ricompensa. Questi figli ci costringono a riflettere sul senso della vita e sul valore dei giorni.

Quando Chiara è venuta alla luce i medici le hanno dato un anno di vita, forse due. La diagnosi si presenta fin dall’inizio come una sentenza che non lascia molte speranze e sembra quasi scoraggiare ogni impegno. Il mondo è pieno di persone che si arrendono troppo facilmente, pensando che non vale la pena spendere tante energie per un bambino che non potrà mai parlare né camminare. Un bambino condannato ad una vita inutile, agli occhi dei benpensanti. Delfina e Gaetano non appartengono a questa categoria, loro sanno che ogni vita è degna di trovare accoglienza e di essere accudita con amore, tutto l’amore possibile. 

Grazie a Dio la scienza medica è imperfetta. Quella bambina già condannata oggi compie 20 anni. La scienza tiene conto dei dati biologici, può valutare i valori sanitari ma non può misurare la forza dell’amore. L’amore di una mamma e di un’intera famiglia ha supplito ai limiti oggettivi imposti dalla condizione fisica. 

Tra amore e vita c’è un legame molto stretto. Chi ama dona e riceve vita. Si crea così una feconda reciprocità. da una parte l’amore dona e custodisce la vita umana, specie quella debole e sofferente; d’altra parte, chi ama riceve vita dall’amore che dona all’altro. È un mistero difficile da spiegare. Chiara ha ricevuto tutto l’amore possibile; grazie a lei abbiamo imparato che l’amore autentico non coltiva pretese perché cammina nei sentieri della più totale gratuità. Amare è l’espressione più luminosa della natura umana, amare gratuitamente fa di noi un raggio della luce divina. Tante volte la sofferenza scoraggia e impaurisce, e tanti indietreggiano. L’amore è la risposta coraggiosa. 

Chiara appartiene alla schiera dei santi innocenti, quelli che confessano prima ancora di aver imparato a parlare. Commentando l’episodio evangelico dei bambini uccisi da Erode, Teresa di Lisieux scrive:

“questi agnelli innocenti sacrificheranno la loro vita appena sbocciata per te, Gesù, autore stesso della vita; ma in cambio tu porrai nelle loro mani infantili la palma dei vincitori e per tutta l’eternità questa deliziosa falange volteggerà ai piedi del tuo trono, o Divino Agnello! Così la crudeltà d’Erode sarà ingannata: volendo annientare il tuo Impero, invierà nel tuo cielo tutta una legione di martiri destinati a formare la tua corte”. 

L’amore vince il male, non permette al male di cantare vittoria. Coloro che portano nella carne i segni dell’umana debolezza, sono i veri vittoriosi. Chiara ha già vinto la sua battaglia. Nel Regno di Dio la vedremo unita alla schiera di coloro che cantano un canto nuovo (Ap 14). Quando si apriranno le porte del Regno, quando tutto apparirà nella luce, riceverà un’altra veste: “Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove […] siederete in trono a giudicare le dodici tribù d’Israele” (Lc 22, 28.30). Mi pare che questa promessa, che Gesù consegna agli apostoli, possa essere applicata anche ai piccoli combattenti, come Chiara. 

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Chiara è una piccola ostia, un segno visibile di quel Dio che si presenta nella forma di servo e si lascia umiliare, fino a perdere ogni bellezza, come annuncia profeticamente Isaia: “Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere” (Is 53,2). Chiara è un’icona di Cristo Crocifisso. 

Non ha potuto ricevere l’Eucaristia ma la Provvidenza ha voluto che nel 2015, quando aveva 10 anni, l’età in cui tanti bambini ricevono per la prima volta la Santa Comunione, ha potuto ricevere la carezza del Papa, il Vicario di Cristo. Quell’anno, infatti, il Santo Padre venne a Pompei e Chiara era lì, in prima fila, assieme alla mamma che l’aveva adottata. L’anno prima avevo scritto al Papa chiedendo di dare una carezza a Chiara, spiegando la sua particolare condizione, i suoi solerti collaboratori avevano risposto che l’agenda del santo Padre era piena di impegni. Il buon Dio ha provveduto diversamente. Quella carezza aveva dunque un valore speciale, era un raggio di luce che veniva dall’alto. E quel raggio, ne sono certo, si riverbera su tutti coloro che accompagnano il cammino di Chiara. 

Ti ringraziamo Padre santo,
per averci donato Chiara
piccolo raggio della tua luce.
Ti ringraziamo per aver donato 
alla sua famiglia adottiva 
la grazia di amarla con quella gratuità
che viene da Te e parla di Te.
Apri i nostri occhi 
e insegnaci a vedere in questa tua figlia 
un’immagine viva di Gesù 
che per noi si è fatto piccolo e povero. 
Amen




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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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