MATRIMONIO CRISTIANO

Come parla del divorzio Gesù? L’invito ad amare “come Dio” (seconda parte)

29 Agosto 2024

cuore spezzato

(Foto: zimmytws / Shutterstock.com)

Come si pone l’Antico Testamento rispetto al divorzio? In che modo Gesù conferma o porta a compimento la legge degli ebrei su questo aspetto? Gesù condanna gli adulteri? Continueremo ora la nostra riflessione, spaziando dalla Genesi, i profeti, fino a tornare sul Vangelo di Matteo…

Proseguiamo sul tema del divorzio, nell’Antico e nel Nuovo testamento. Ripartiamo con Malachìa, che nel capitolo secondo, afferma parlano del Signore: «Non fece egli un essere solo dotato di carne e soffio vitale? Che cosa cerca quest’unico essere, se non prole da parte di Dio? Custodite dunque il vostro soffio vitale e nessuno tradisca la donna della sua giovinezza. Perché io detesto il ripudio, dice il Signore Dio d’Israele, e chi copre d’iniquità la propria veste, dice il Signore degli eserciti. Custodite la vostra vita, dunque, e non vogliate agire con perfidia».

Qui veniamo rimandati all’origine nel testo di Genesi, un essere solo che poi diventa una cosa sola con la donna.

L’insegnamento del profeta sul divorzio è chiaro: esso è detestato da Dio. Gesù, dunque, si pone sulla linea dell’insegnamento di Malachìa. Anche presso gli Esseni troviamo il divieto del ripudio.

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Restando sempre nel tema del ripudio, in Giovanni, 8 (e solo lì) troviamo la vicenda della donna adultera pronta per essere lapidata. Anche in questo caso dobbiamo entrare nel testo. C’è da sapere che il tribunale ebraico, il Sinedrio, non comminava sentenze di morte perché si trovava sotto la dominazione romana. Al dominatore spettava questo diritto. L’idea, quindi, che questi uomini avessero le pietre in mano è antistorico. Qualcuno potrebbe obiettare: come mai Stefano fu lapidato dal Sinedrio? Stefano fu lapidato perché la sua morte avvenne nel 36 d.C., durante il periodo di vuoto amministrativo seguito alla deposizione di Ponzio Pilato, il quale si era irrimediabilmente inimicato la popolazione per l’eccesso di violenza usata per sedare la cosiddetta rivolta del monte Garizim. In quel periodo a comandare in Palestina era quindi il Sinedrio, che eseguiva anche le condanne a morte tramite lapidazione, secondo la tradizione locale. 

Quindi la vicenda della donna adultera va vista da un’altra angolatura. La domanda rivolta a Gesù, secondo le interpretazioni esegetiche, è: “Gesù come ti poni di fronte ad una donna adultera? Cioè, come ti poni di fronte ad una ripudiata che vive una seconda unione?” 

Per gli ebrei quella situazione era giustificata dalla legge mosaica, ma per il Maestro che condannava il divorzio e, soprattutto, considerava adultero chi contraeva le seconde nozze, quella donna doveva essere lapidata? 

Ci troviamo di fronte ad un nuovo quesito che viene sottoposto a Gesù per meglio comprendere il Suo insegnamento. 

È come dire: “Confermerà quanto va dicendo contro il divorzio?” 

La cosa straordinaria è che Gesù non la condanna alla lapidazione perché è assoggettata alla legge mosaica della durezza di cuore, ma la invita a non peccare più, cioè ad uscire dalla situazione di adulterio e convertirsi all’insegnamento originario che Lui, il Cristo, è venuto a portare a compimento. 

Il riferimento di Gesù alla sclerocardìa e al principio genesiaco riportati in Matteo 19 ci rimanda a ciò che gli ebrei credevano e credono ancora oggi a riguardo delle prime tavole della Torah distrutte da Mosè a causa del primo grave peccato d’Israele: l’idolatrìa legata all’adorazione del vitello d’oro. Anche qui è evidente il comportamento divorzistico degli ebrei verso il Dio unico per servirne un altro.

Nella Tosefta, una delle grandi fonti ebraiche poco conosciute, si legge che le prime tavole della Torah erano «“opera di Dio”, ma per quanto riguarda le seconde, le tavole erano opera di Mosè». 

Lo stesso testo continua paragonando le due tavole ai due documenti richiesti per il fidanzamento e un divorzio che gli succede: «A cosa possiamo paragonare le prime e le seconde tavole? Ad un Re che si fidanza con una certa donna. Chiama lo scriba, prende l’inchiostro, la penna, il documento, i testimoni. Ma se lei lo tradisce, è lei che deve provvedere a quanto serve per il libello di divorzio». Il dono della Torah, dato in occasione dell’alleanza tra Dio e il suo popolo, era sigillato con un documento, scritto da Dio stesso (con il suo dito), simile a quello che sancisce l’alleanza tra un uomo e una donna. 

Alla rottura di questa relazione (il vitello d’oro) a questo documento ne deve seguire un secondo (le seconde tavole che includono il libello di ripudio), ma questa volta scritto dall’uomo che non sa amare ed è vittima della durezza del proprio cuore a tal punto da modellare la volontà di Dio, ritenuta un ideale troppo alto, alla propria condizione (Mosè, ha permesso): la Torah che Israele ha ricevuto e che continua ad avere e che non corrisponde all’idea del principio, alla volontà di Dio.

In altre parole, Gesù abolisce le concessioni fatte nel tempo della durezza del cuore e restituisce validità alla volontà originaria di Dio. Porta a compimento la (prima) legge di Dio abolendo quella (la seconda) scritta dagli uomini.

Ritornando al testo di Matteo, probabilmente, ci risulterà più chiara l’obiezione dei discepoli a riguardo dell’insegnamento sul ripudio: «Gli dissero i suoi discepoli: “Se questa è la situazione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi”. Egli rispose loro: “Non tutti capiscono questa parola, ma solo coloro ai quali è stato concesso. Infatti, vi sono eunuchi che sono nati così dal grembo della madre, e ve ne sono altri che sono stati resi tali dagli uomini, e ve ne sono altri ancora che si sono resi tali per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca”».

Alcuni studiosi del testo sacro ritengono che la spiegazione che Gesù offre ai discepoli parlando degli eunuchi per il Regno in realtà non si stia riferendo a chi ha fatto il voto di celibato ma, stando nel contesto del divorzio, l’eunuco è prima di tutto colui che, separato dalla sua moglie, continua a vivere nella continenza, saldamente fedele al legame coniugale. È eunuco in rapporto a tutte le altre donne.

Alla luce di quanto detto si può ritenere che il Signore Gesù proponga la sfida dell’amore vero per poter essere felici, non accontentandosi di una vita mediocre. Se il suo insegnamento fosse un peso oppure un ideale “troppo alto” non lo avrebbe mai proposto. Una certa onestà libera verso se stessi e la propria condizione umana fragile conduce a considerare questo insegnamento un po’ amaro da accogliere proprio come capitò ai discepoli all’udirlo per la prima volta. Tuttavia, ci si fida del buon Dio se si è suoi. Gli esseri umani sono creature fragili e deboli: in che modo possono accogliere, senza sé e senza ma, questo insegnamento? Gesù afferma, nella risposta ai discepoli: «Non tutti capiscono questa parola, ma solo coloro ai quali è stato concesso». Di chi sta parlando se non dei battezzati? Egli è come se ci dicesse: “non ti preoccupare perché Io ho dato la vita per te. Sono sempre Io che ti comunico l’amore e te lo comunico giorno per giorno mediante lo Spirito Santo, l’Eucaristia e il sacramento della riconciliazione. Attraverso questi gesti Ti comunico la vita di Dio che ti abilita ad amare come me”. Amare il coniuge secondo Cristo e il principio genesiaco diventa possibile, anche se in modo imperfetto, perché è Cristo che ama attraverso noi, nonostante noi. L’amore viene da Dio e a noi resta di chiederlo per riceverlo quotidianamente ed accoglierlo con docilità. La fede che Gesù ci propone non resta vincolata all’idea di agire secondo la volontà di Dio, ma ci fa fare un ulteriore passaggio: desidero che Dio agisca in me! Allora tutto risulterà possibile!




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Assunta Scialdone

Assunta Scialdone, sposa e madre, docente presso l’ISSR santi Apostoli Pietro e Paolo - area casertana - in Capua e di I.R.C nella scuola secondaria di Primo Grado. Dottore in Sacra Teologia in vita cristiana indirizzo spiritualità. Ha conseguito il Master in Scienze del Matrimonio e della Famiglia presso l’Istituto Giovanni Paolo II della Pontificia Università Lateranense. Da anni impegnata nella pastorale familiare diocesana, serve lo Sposo servendo gli sposi.

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