GESÙ E IL DIVORZIO

Come parla del divorzio Gesù? L’invito ad amare “come Dio” (prima parte)

divorzio

Una sola volta Gesù parla del divorzio e non lo fa attraverso una parabola. Cosa insegna Gesù riguardo al ripudio? Cercheremo di approfondire il testo del Vangelo di Matteo 19,3-9 facendoci aiutare, per l’esegesi del testo biblico, dal volume Matteo a cura di Giulio Michelini.

Cominciamo dal testo: «Allora gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: “È lecito a un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?” Egli rispose: “Non avete letto che il Creatore da principio li fece maschio e femmina e disse: Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne? Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque, l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto”. 

Gli domandarono: “Perché allora Mosè ha ordinato di darle l’atto di ripudio e di ripudiarla?” Rispose loro: “Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli; all’inizio però non fu così. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di unione illegittima, e ne sposa un’altra, commette adulterio”». 

Quel “metterlo alla prova” nel primo verso è da intendere, in questo ed altri casi, come una volontà di confronto con Gesù su questioni teologiche ed etiche che causavano modi di vedere divergenti tra gli israeliti. La quaestio era la seguente: «È lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?»

Una prima considerazione. Come si fa a chiedere ad un maestro come Gesù, conoscitore della legge, se è lecito ripudiare la moglie? Sembra quasi un’offesa alla sua conoscenza della scrittura. Stando a Deuteronomio 24, 1, per gli ebrei il divorzio è lecito. La normativa sul ripudio, pronunciata da Mosè poco prima che Israele entrasse nella terra promessa, così recita: «Quando un uomo ha preso una donna e ha vissuto con lei da marito, se poi avviene che essa non trovi grazia ai suoi occhi, perché egli ha trovato in lei qualche cosa di vergognoso, scriva per lei un libello di ripudio e glielo consegni (in realtà il verbo usato indica “gettare, lanciare”) in mano e la mandi via dalla casa».

Ancora oggi tra gli ebrei, il libello di divorzio viene scritto, in lingua aramaica, e simbolicamente lanciato alla propria sposa dalla quale si vuole divorziare.

È chiaro, dunque, che nella legge di Mosè è dato il permesso di divorziare. E allora perché la domanda a Gesù sulla liceità del divorzio, vista la chiarezza del Deuteronomio? Gli esegeti si trovano d’accordo su una spiegazione: la domanda secca dei farisei si poggia sull’insegnamento di Gesù che, evidentemente, si basava sulla non liceità del divorzio. In altre parole – e vedendo il tutto da un’altra angolatura – la situazione sarebbe questa: i farisei andarono da Lui e gli dissero: “Davvero stai insegnando che non è lecito divorziare?” Questa interpretazione spiegherebbe la domanda. Gesù risponde loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?» 

Il Maestro, dunque, conosce molto bene la normativa del Deuteronomio. Il Suo insegnamento sulla non liceità del divorzio, allora, può avere solo due spiegazioni: o Gesù è contro la legge antica, oppure vuole profondamente confermarla, così come ha sempre affermato: “non sono venuto per abolire la legge, ma a darle compimento”.

Andiamo per gradi. Gesù, dunque, afferma nei suoi insegnamenti che il divorzio è un male, sempre! Inoltre, se si prende in moglie una donna ripudiata si entra nell’adulterio, peccato molto grave. 

Il Maestro afferma l’indissolubilità del matrimonio fornendo anche una motivazione al libello di ripudio concesso da Mosè: si tratta di una conseguenza della sclerocardìa, la durezza del cuore che rende incapaci di amare. Poi aggiunge che in principio non era così: Dio Padre aveva pensato il matrimonio senza il divorzio.

Perché Mosè aveva concesso la possibilità dell’atto di ripudio parlando della durezza di cuore? Probabilmente perché egli stesso ne fa esperienza diretta.

In Esodo 18, 2ss si legge: «Allora Ietro prese con sé Zippora, moglie di Mosè, che prima egli aveva rimandata (ripudiato), e insieme i due figli di lei (…) Ietro dunque, suocero di Mosè, con i figli e la moglie di lui venne da Mosè nel deserto, dove era accampato, presso la montagna di Dio. Egli fece dire a Mosè: «Sono io, Ietro, tuo suocero, che vengo da te con tua moglie e i suoi due figli!».

Mosè aveva divorziato da sua moglie. Egli, dunque, vive il dramma del divorzio sperimentando, sulla sua pelle, la durezza del cuore dell’uomo.

Gli ebrei come vedevano il divorzio? Visto che era stato concesso da Mosé, poteva essere considerato come un fatto positivo?

Nel Talmud Babilonese si legge: «se un uomo divorzia dalla moglie anche l’altare di Gerusalemme versa lacrime». Questo versetto può essere considerato un indizio indicante che nella tradizione giudaica il divorzio non è un bene. Esso, però, diventa una prassi anche opportunistica come si legge nel capitolo secondo di Malachìa. Il profeta rimprovera i sacerdoti perché divorziano dalle loro mogli anziane per sposare delle giovani: «Non abbiamo forse tutti noi un solo Padre? Forse non ci ha creati un unico Dio? Perché dunque agire con perfidia l’uno contro l’altro profanando l’alleanza dei nostri padri? (…) Un’altra cosa fate ancora; voi coprite di lacrime, di pianti e di sospiri l’altare del Signore, perché egli non guarda all’offerta, né la gradisce con benevolenza dalle vostre mani. E chiedete: Perché? Perché il Signore è testimone fra te e la donna della tua giovinezza, che ora perfidamente tradisci, mentr’essa è la tua consorte, la donna legata a te da un patto».

In questo scorgiamo tratti di teologia nuziale: come Dio è nella berit-patto con il suo popolo, così l’uomo è in una berit-alleanza con la sua donna. Questa teologia nuziale spiega anche il significato della lista dei peccati che indirizzava l’agire etico degli ebrei. Al primo posto troviamo, per gravità, l’idolatria. Se viene meno l’adorazione del vero Dio scompare anche la fede. Poi si enumerano altri due peccati che sono ritenuti gravissimi: l’omicidio e l’adulterio. Nel sistema giudaico, diversamente da quanto ci aspetteremmo, quello più grave tra i due è l’adulterio perché è come se fosse un atto idolatrico.

Se Israele tradisce il suo Dio compie adulterio verso il suo Dio. Se un uomo ed una donna si tradiscono compiono una forma di tradimento idolatrico perché tradiscono l’alleanza…

(fine prima parte)




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Assunta Scialdone

Assunta Scialdone, sposa e madre, docente presso l’ISSR santi Apostoli Pietro e Paolo - area casertana - in Capua e di I.R.C nella scuola secondaria di Primo Grado. Dottore in Sacra Teologia in vita cristiana indirizzo spiritualità. Ha conseguito il Master in Scienze del Matrimonio e della Famiglia presso l’Istituto Giovanni Paolo II della Pontificia Università Lateranense. Da anni impegnata nella pastorale familiare diocesana, serve lo Sposo servendo gli sposi.

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