CORRISPONDENZA FAMILIARE

Parigi, un atto di arroganza, frutto velenoso dell’ideologia

29 Luglio 2024

“In Francia abbiamo il diritto di amarci, come vogliamo e con chi vogliamo”: ha risposto così alle critiche Thomas Jolly, direttore artistico della cerimonia d’apertura delle Olimpiadi. A lui non importa se tra le scene che ha voluto rappresentare ce n’era una che ha rattristato i cattolici di tutto il mondo e tutti coloro (credenti e non credenti) che, malgrado le oggettive differenze, e proprio per evitare di cadere nel muro contro muro, s’impegnano a costruire una società in cui il rispetto delle idee altrui è il fondamento del dialogo e della collaborazione. 

L’avvilente parodia dell’Ultima Cena non solo offende il sentimento religioso di un miliardo e passa di cattolici ma è l’eloquente e inquietante rappresentazione del rapporto di forza tra chi oggi detiene il Potere culturale e tutti gli altri. Una vera e propria minaccia: chi non si adegua, resta escluso. Lo spettacolo di Parigi – un vero e proprio show più che una cerimonia inaugurale – non è affatto un annuncio di tolleranza ma un atto di arroganza.

In fondo, esalta fedelmente la cultura LGBT (scusate se mi fermo a questo acronimo senza inseguire tutte le aggiunte successive) che, badate bene, domina solo in Occidente. Non appartiene alla cultura africana, è chiaramente rigettata dai Paesi musulmani, non trova spazio nell’immenso continente cinese e neppure nell’est europeo… Insomma, a conti fatti, la stragrande della popolazione mondiale non si riconosce in quella rappresentazione. E dunque, dovremmo avere il coraggio di dire che quello spettacolo non è un abbraccio che unisce popoli e nazioni, non è lo specchio fedele dell’umanità ma l’affermazione orgogliosa di un Potere che, in modi e forme diverse, ripropone l’antico cliché del colonialismo, come ha fatto notare lo scrittore francese Xavier Patier. 

L’Ultima Cena rappresenta una tappa fondamentale nella storia dell’umanità. Quella sera un Uomo ha avuto il coraggio di dire che solo donando la propria vita è possibile edificare una società dal volto umano. Se quell’Uomo fosse solo uno dei tanti figli di quest’umanità, probabilmente le sue parole oggi sarebbero conservate nel Museo della storia, quello che raccoglie le espressioni più nobili della cultura. Ma quell’Uomo, noi lo sappiamo, è l’icona visibile di Dio. Le sue parole non sono rimaste conservate nei libri di storia ma hanno trovato accoglienza e sono diventate storia nella vita di milioni e milioni di persone che, da quella notte benedetta, hanno donato la propria vita – tutta la vita – per seminare gioia e speranza nei solchi dell’umanità. 

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La straordinaria testimonianza della carità, vissuta in nome di Cristo, è una delle pagine più luminose della storia: ha permesso di riconoscere l’inalienabile dignità di ogni uomo creato ad immagine di Dio, e ha preparato la strada per l’affermazione, culturale e giuridica, dei diritti dell’uomo. Beffeggiare l’Ultima Cena non è solo una plateale e inqualificabile offesa al mondo cattolico ma una sprezzante forma di superiorità intellettuale, una manifestazione di quell’odio verso le radici cristiane che da alcuni decenni prevale nell’intellighenzia di un laicismo sempre più aspramente anti-cattolico. 

Ovviamente Thomas Jolly non ha riconosciuto di aver offeso qualcuno né ha chiesto scusa. Anzi, ha fatto passare tutti i critici per stupidi ignoranti perché non hanno capito che lui stava rappresentando una grande festa pagana legata a Dioniso. La boria non ha limiti. Gli organizzatori dei giochi invece, pur ammettendo che non c’era alcuna intenzione offensiva, hanno ritenuto doveroso presentare le scuse. Malgrado l’evidente formalità di questa dichiarazione, un colpo al cerchio e uno alla botte, si tratta pur sempre di un gesto di buon senso. Resta l’amara sensazione che il “diritto di amare come vogliamo e con chi vogliamo” di fatto apre la strada anche al suo opposto e cioè al “diritto di odiare e/o disprezzare chi vogliamo”. L’esatto contrario di quell’annuncio che duemila anni fa è risuonato in Galilea. Teniamoci stretti a quest’Uomo e ricordiamo che le sue parole non sono né saranno consumate dall’usura del tempo ma rimarranno per sempre una luce. Fino alla fine. 




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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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