CORRISPONDENZA FAMILIARE

La paura di accogliere la vita. Storie di maternità difficili

22 Luglio 2024

Sono in attesa”, annuncia la donna che scopre di avere in grembo una creatura. Un annuncio carico di gioia e di trepidazione. Non sempre è così. Vi sono attese… inattese e indesiderate. Vi sono gravidanze che generano paure e, con esse, la decisione di sopprimere la vita. In certe situazioni appare l’unica via di fuga. L’unica soluzione.

Quand’è così appaiono subito i complici della morte, quelli che consigliano di abortire perché… non è il momento… ci sono troppi problemi. Invece di affrontare e superare le difficoltà preferiscono azzerare tutto. Come resettare un computer in tilt. Non importa se questo significa soffocare la piccola creatura.

Grazie a Dio ci sono anche i testimoni della vita, quelli che credono che una creatura non è mai un peso ma un dono, non è un muro che sbarra la strada ma un ponte che permette di passare da una sponda ad un’altra. Quelli che ricordano che fare guerra ad un bambino significa distruggere la speranza dell’umanità.

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Vi sono donne che annunciano pubblicamente di aver abortito e dicono di non aver provato e di non provare alcun rimorso. E vi sono donne che hanno il coraggio di raccontare l’iniziale paura dinanzi ad una gravidanza inattesa e non nascondono di aver messo in conto l’aborto ma… alla fine hanno scelto di accogliere la vita. Sono felici di averlo fatto e, quando stringono tra le braccia il bambino, non riescono a capire come hanno potuto pensare (anche solo per un momento) di soffocare quella vita. Una di queste mamme, nel giorno del primo compleanno del suo bambino ha pregato così:

Signore quando abbiamo saputo che la vita pulsava nel grembo abbiamo avuto paura. Tu lo sai e sai pure che questa paura stava prendendo il sopravvento, al punto di farci pensare di non poter accogliere questo figlio. Ti chiediamo perdono. È passato già un anno dalla sua nascita, e in quest’anno quante ne abbiamo passate e superate sempre mano nella mano, le nostre che si intrecciano alle tue.

Ti ringraziamo Signore per ogni sorriso sul suo volto, per la sua gioia e vivacità costante che rende ricche le nostre giornate. Rendici capace di custodire la sua ingenuità e la sua santità. Nei suoi occhi ti vediamo farti accanto ogni singolo giorno, in ogni singolo momento, sembra quasi vivere in un’adorazione costante e continua, come se tu ci custodisca da vicino, e attendi impaziente il nostro ritorno alla tua mensa.

Signore, vogliamo ringraziarti perché in quest’anno hai continuato a porre sul nostro cammino persone che nei momenti di sconforto hanno saputo ricondurci a Te. Porgi sempre il tuo sguardo paterno su di noi e sul piccolo, e facci sempre sentire figli amati di un Padre invisibile agli occhi ma immenso nel cuore. Amen

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Nell’edizione francese di Aleteia ho trovato un’altra storia, non meno significativa. Quella di Ana, una ragazza slovena di 24 anni. La gravidanza fu per lei un trauma: “Non riuscivo a capire cosa stesse succedendo. Per circa due mesi ero completamente distratta, è stato un momento molto difficile”. Quel bambino era frutto di una relazione senza futuro. Il padre del bambino era favorevole all’aborto e fin dall’inizio rifiuta ogni responsabilità. La giovane si sente come una fragile barca in mezzo alla tempesta: sa bene che accogliere un figlio significa assumere una responsabilità per tutta la vita, cambiare radicalmente stile di vita. Ha paura di fare questo passo, non si sente pronta. E poi… cosa dirà la gente, come farà a tornare nel paese in cui frequentava la parrocchia e tutti la conoscono come una brava ragazza. Tanti interrogativi senza risposta. Ad un certo punto pensa che la decisione più razionale sia proprio quella di abortire.

Accogliere la vita fa paura ma non se la sente di sopprimere la creatura che porta in grembo. Sceglie la strada più coraggiosa. Il padre del bambino si è dileguato ma può contare sull’appoggio incondizionato dei genitori che la incoraggiano a prendersi cura del bambino. E così pure tanti amici e colleghi. La vita vince ed ha il volto innocente di Pauline, due anni e una storia tutta da scrivere. La vita di Ana non è stata bloccata dalla nascita della bambina, al contrario: “Se non fossi diventata madre, non avrei progredito così tanto nella vita come faccio oggi. Sono più motivato a studiare. La mia vita è cambiata, ma certamente non in peggio”.

Storie di maternità difficili. Storie di donne che hanno incontrato sulla loro strada testimoni che hanno aiutato a superare l’inevitabile turbamento che nella fase iniziale aveva invaso il cuore e rischiava di soffocare la speranza. Ce ne sono tante di storie come queste ma spesso restano nascoste. Facciamole conoscere. Diamo voce alla vita se vogliamo vincere un regime culturale che silenzia il dissenso e nasconde la verità.




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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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