L’equilibrio tra materiale e digitale: oltre il divieto di smartphone a scuola

smartphone

di Stefania Garassini,
docente di Content Management e Digital Journalism all’Università Cattolica di Milano

Una decisione che sta già facendo discutere, quella di proibire l’uso degli smartphone a scuola anche per scopi didattici fino a tutta la secondaria di primo grado, consentendo invece l’utilizzo di tablet e pc. È quanto contenuto nella circolare del Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, che affronta anche il tema del registro elettronico, raccomandando l’affiancamento del diario cartaceo, dove gli studenti dovrebbero sempre scrivere i compiti assegnati. 

Il dibattito, derivato dal divieto previsto dalla circolare del ministero dell’Istruzione, verte intorno al presunto ritorno al passato che caratterizzerebbe una decisione di questo tipo. È assurdo, sostengono in sostanza i critici, che la scuola chiuda le porte davanti a una tecnologia pervasiva, che è comunque nelle mani di tutti, adulti e ragazzi, e che bisogna imparare a usare il prima possibile: l’importante, si sente ripetere, è educare, non proibire. 

In realtà i due aspetti non sono in contraddizione: per arrivare a un uso consapevole della tecnologia, e in particolare di uno smartphone connesso a Internet, occorre procedere per gradi, tenendo conto delle specifiche fasi della crescita. Sono ormai numerosi gli studi che confermano l’impatto negativo dell’utilizzo precoce degli schermi nella prima infanzia (la Società Italiana di Pediatria già nel 2018 aveva fornito linee guida molto precise al riguardo: niente schermi sotto i 2 anni, un’ora al giorno al massimo tra i 2 e i 5, due ora tra i 5 e gli 8). 

Quanto all’uso a scuola, il monito più autorevole è quello giunto l’estate scorsa dal Rapporto Unesco sull’Educazione – che viene citato nella circolare – e che avverte dei rischi in termini di concentrazione durante le lezioni.

La scuola dovrebbe accompagnare le famiglie in questo approccio graduale alla tecnologia, che passi per l’utilizzo di pc e tablet, strumenti più facili condividere tra genitori o insegnanti e ragazzi, per arrivare come ultima tappa all’uso autonomo di uno smartphone collegato alla Rete. 

Educare quindi, in queste prime fasi, equivale a dare precisi limiti entro i quali l’utilizzo degli strumenti sia consentito, in un’ottica di acquisizione graduale delle competenze necessarie. 

Resta sempre valido il paragone con quanto avviene per la guida: nessuno si sognerebbe di dare in mano le chiavi di un’auto a un dodicenne, e non tanto perché non possa acquisire quelle abilità tecniche necessarie a farla funzionare, ma perché non ha ancora la maturità essenziale per capire come muoversi e come decidere nelle diverse situazioni che dovrà affrontare. 

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Lo stesso vale per il possesso di uno smartphone con cui navigare online in autonomia: gli aspetti tecnici non sono determinanti – tutti sappiamo che un ragazzino già alla primaria sa “smanettare” sul dispositivo spesso meglio di un adulto –, piuttosto è cruciale capire come comportarsi e perché (ad esempio perché bloccare qualcuno su Instagram o perché non inviare una certa foto) e questa è una competenza che si acquisisce, anche, con l’età. 

Quindi ben venga la formazione, fin dai gradi scolastici più bassi, ma per farla non occorre il possesso di uno strumento, ma la pratica guidata, ed è cruciale l’acquisizione del senso critico, che si conquista meglio con la lettura, già dai primissimi anni di vita. 

Nella stessa direzione va la raccomandazione dell’uso del diario cartaceo, insieme al registro elettronico, essenziale veicolo di comunicazione scuola-famiglia, spesso purtroppo usato in modo improprio. Se ne può avere conferma parlando con tanti genitori che aumentano come tale strumento sostituisca spesso completamente il diario cartaceo – anche alla primaria – imponendo ai genitori o al bambino di collegarsi online per vedere i compiti assegnati. Inoltre, in molti casi la comunicazione del voto alla famiglia avviene attraverso il registro elettronico, eliminando dunque quel necessario dialogo tra figli e genitori, a volte difficile, ma fondamentale dal punto di vista educativo. È essenziale quindi ripristinare un giusto bilanciamento tra materiale e digitale, per trarre il meglio da entrambi gli ambienti. Lo spirito delle nuove indicazioni per la scuola pare proprio andare in questa direzione. 




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Stefania Garassini

Stefania Garassini, insegnante di Editoria Multimediale, Content Management e Digital Journalism all’Università Cattolica di Milano, collabora con il mensile Domus e con il quotidiano Avvenire ed è presidente di Aiart Milano, associazione nazionale che opera nella formazione a un uso consapevole dei media. Autore di "Dizionario dei new media" (Raffaello Cortina Editore, 1999)
autore di "I nuovi strumenti del comunicare" (con Gianfranco Bettetini, Barbara Gasparini, Nicoletta Vittadini) (Bompiani, 2001) autore di "Digital Kids", guida ai migliori siti web videogiochi e cd rom per bambini e ragazzi (Raffaello Cortina, 2001) e di "Smartphone. 10 ragioni per non regalarlo alla prima Comunione (e magari neanche alla Cresima)", (Ares, 2019). Curatore di "Clicco quindi educo. Genitori e figli nell'era dei social network", (Ets, 2018).

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